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Ecco perché solo il Pd nella sinistra europea è a favore del Ttip

David Carretta
L’accordo di scambio con gli Usa ripropone lo spettro mai dissolto dell’idraulico polacco. Un viaggio nel Pse.

Bruxelles. Il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, ha chiesto che al prossimo vertice europeo di fine giugno i leader dell’Unione europea abbiano una “nuova discussione” sul Ttip per “riconfermare” il mandato affidato all’esecutivo comunitario di chiudere l’accordo di investimenti e libero scambio con gli Stati Uniti. “E’ arrivato il momento”, ha spiegato ieri il portavoce di Juncker, Margaritis Schinas, dopo un fine settimana di dure polemiche sul Ttip e nel momento in cui le discussioni con gli americani “stanno entrando in una fase cruciale”. Il G7 di Ise Shima, in Giappone, ha confermato l’obiettivo di concludere i negoziati entro la fine dell’anno. I sostenitori del Ttip in Europa sono consapevoli che, una volta terminata la presidenza di Barack Obama, le probabilità di un accordo si azzereranno o quasi. Ma la protesta anti Ttip si sta gonfiando. La bordata più pesante contro il Transatlantic Trade and Investment Partnership è stata sparata del ministro tedesco dell’Economia e leader dei socialdemocratici, Sigmar Gabriel, che occupa anche il posto di vicecancelliere nel governo di grande coalizione a Berlino. La cancelliera Angela Merkel si “è sbagliata a dire, nell’euforia della visita di Obama in Germania, che saremo in grado di concludere i negoziati quest’anno”, ha detto Gabriel in un’intervista ad alcuni quotidiani regionali. La minaccia è di non ratificare un eventuale patto con Washington: l’Spd “non vuole essere parte di un cattivo accordo”, ha spiegato Gabriel. Nel frattempo, il presidente francese, François Hollande, non ha rinunciato all’ipotesi di staccare la spina al Ttip se gli Stati Uniti non “andranno molto più lontano” in termini di concessioni agli europei. Il Labour britannico è spaccato a metà. I socialisti belgi e olandesi hanno iniziato a prendere di mira l’accordo Ceta (Comprehensive Economic and Trade Agreement) firmato con il Canada in una specie di attacco preventivo al Ttip. Con l’aprirsi della stagione elettorale in Olanda, Francia e Germania, la socialdemocrazia europea sembra decisa a inseguire populisti di destra e sinistra su Ttip e Ceta. Con un’unica eccezione tra le grandi delegazioni che contano dentro il Pse: il Partito democratico di Matteo Renzi.

 

La contrarietà di Gabriel non è “una sorpresa”, spiega al Foglio Alessia Mosca, deputata europea del Pd, che a Bruxelles e Strasburgo coordina la posizione dei Socialisti&Democratici europei sul commercio internazionale. Non è la prima volta che il leader dell’Spd spara contro il Ttip. Ma “le cose si sono inasprite”. In Germania il dibattito è “molto acceso”, con grandi manifestazioni anti Ttip a cadenza quasi settimanale e un’opinione pubblica sempre più scettica: in vista delle elezioni nell’autunno 2017, per Gabriel “c’è necessità di smarcarsi rispetto all’operato di Merkel”, spiega Mosca. In Francia, Hollande sembra avere il singhiozzo. Al G7 il presidente francese ha “cambiato un po’ direzione” rispetto a inizio maggio, quando aveva dichiarato che “a questo stadio è no” al Ttip. Ma è indubbio – secondo Mosca – che le dinamiche interne al Partito socialista e le elezioni presidenziali del prossimo anno sono un fattore che “conta” per Hollande. Il grande rischio che corrono Spd, Ps e altri partiti affiliati al Pse è di ripetere con il Ttip l’errore dell’idraulico polacco commesso nel 2005 dalla sinistra in Francia per opporsi alla libera circolazione dei lavoratori e al Trattato costituzionale europeo: costruire una campagna “intorno a falsi miti” (allora l’invasione di mano d’opera a basso costo dall’est che avrebbe tolto posti di lavoro nell’Europa occidentale, oggi le multinazionali americane che dettano legge ai governi a danno di democrazia e cittadini) rincorrendo le posizioni protezioniste dei populisti di ogni tendenza. “La retorica dell’idraulico polacco è stata ridicolizzata dai fatti e dai numeri”, ma il “marketing totalmente sbagliato non ha portato bene a nessuno”, dice Mosca, rievocando la bocciatura della Costituzione europea nel referendum del 2005. “Il pollo al cloro o la carne agli ormoni sono assimilabili all’idraulico polacco: sono fuori dal negoziato e il rischio non esiste”.

 

 

Non inseguire i populismi

 

Il Pd finora si è rifiutato di “inseguire i populisti” sul Ttip: “Cerchiamo di separare l’idraulico polacco dai fatti” con un dibattito “sul merito”, dice Mosca. “Non siamo dei fanatici del sì a tutti costi” e il Pd ha posto delle condizioni per dare il via libera all’accordo con Washington: garanzie per la qualità dei prodotti agricoli, tutela dei consumatori, apertura degli appalti pubblici e di alcuni servizi completamente chiusi negli Stati. Ma sono stati fatti già passi avanti in diversi settori come l’automobile. Secondo Mosca, si può arrivare a un “accordo equilibrato” con “opportunità” importanti per l’Europa. Un modello è il Ceta con il Canada: “Siamo molto favorevoli: è un ottimo accordo”, dice. Le più importanti indicazioni geografiche sono protette. Le tariffe sono state tagliate. Il Canada ha perfino accettato di sostituire gli arbitrati previsti dalle contestate clausole ISDS con un “tribunale permanente e istituzionalizzato” per giudicare i contenziosi tra investitori e stati. Solo che alcuni socialdemocratici si sono già mossi per bloccare quello che alcuni definiscono il “cavallo di Troia” del Ttip. In Belgio, su spinta dei socialisti francofoni, il Parlamento vallone ha votato una risoluzione per chiedere al governo regionale di non autorizzare l’approvazione del Ceta. In Olanda, il deputato laburista Jan Vos ha fatto approvare una mozione che chiede al governo dell’Aia di non accettare l’applicazione temporanea del Ceta dopo la firma prevista a giugno. Alcuni paesi – come la Francia – chiedono che l’accordo con il Canada sia approvato dai parlamenti nazionali. “Capisco tutte le esigenze di rendere il processo il più democratico possibile, ma il Parlamento europeo è un organo democraticamente eletto”, risponde Mosca: “Non è che la ratifica di 28 parlamenti nazionali renda l’accordo più democratico”, semmai serve “solo a rallentare il processo”.

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