Il presidente del Consiglio Matteo Renzi (foto LaPresse)

Piccola guida per orientarsi nelle elezioni amministrative

Redazione
Roma, Milano, Napoli e altri 1.365 comuni domenica vanno alle urne. Il Paese dei paesi e il suo futuro. E' un voto sul sindaco o su Renzi?

Oggi il 54% della popolazione mondiale vive in città: nel 2050 si arriverà al 66%.

Alberto Mingardi, La Stampa 28/5;

 

Alberto Mingardi: «Le istituzioni che tutt’ora consideriamo indispensabili a garantire lo sviluppo economico sono nate all’interno delle città: il riconoscimento dei diritti di proprietà, la tutela dei contratti, le mura che preservano l’integrità delle persone e dei loro beni. Che succederà nelle nostre città? Riusciranno ad attrarre intelligenze e persone, saranno laboratori d’innovazione, o diventeranno cartoline dal passato, luoghi che vivono solo di memoria? E se la crescita passa dalle città, allora passa anche dalle elezioni del prossimo 5 giugno».

Alberto Mingardi, La Stampa 28/5;

 

Domenica, dalle 7 alle 23, si vota in 1.368 comuni italiani – il 17 per cento del totale – tra cui 25 capoluoghi di provincia. Tredici i comuni con più di 100 mila abitanti. Oltre 13 milioni gli elettori chiamati alle urne. Il 19 giugno l’eventuale ballottaggio, nel caso nessun candidato abbia raggiunto il 50 per cento più uno al primo turno.

La Stampa 28/5;

 

Si vota con la doppia preferenza di genere, ovvero si possono esprimere due preferenze per i consiglieri comunali, una per una candidata donna e una per un candidato uomo. Uno studio condotto dalla Bocconi mostra che nel 2013 la doppia preferenza ha garantito un aumento del 22 per cento nella proporzione di donne elette alle comunali.

Paola Profeta, Corriere della Sera 23/5;

 

Ilvo Diamanti: «È un appuntamento importante. Per i cittadini, per la società locale. E per il governo. Il risultato influenzerà il clima d’opinione, in vista del referendum costituzionale del prossimo ottobre. Scelto da Renzi per legittimare se stesso. Ma il significato di questa scadenza dipende anzitutto dall’importanza delle città dove si vota. In primo luogo, Roma capitale. Quindi Milano, Napoli, Torino. Anch’esse capitali».

Ilvo Diamanti, la Repubblica 20/5;

 

Partendo dalla considerazione che «l’elettore è sempre più mobile» e i sondaggi sempre più rischiosi, nell’ultima rilevazione di Demos – datata 20 maggio – Diamanti ha evidenziato che i sindaci in carica che si sono ripresentati, come a Bologna (Virginio Merola, Pd), Torino (Piero Fassino, Pd) e Napoli (Luigi de Magistris, lista civica e sinistra) sembrano tutti vicini alla conferma.

Ilvo Diamanti, la Repubblica 20/5;

 

A Roma la situazione è frammentata: ci sono due candidati a sinistra (Roberto Giachetti e Stefano Fassina), due a destra (Giorgia Meloni e Alfio Marchini) e Virginia Raggi per il M5s. Quest’ultima è data in testa da tutti i sondaggi e non è chiaro chi affronterà, nel ballottaggio, fra Meloni e Giachetti, candidati di Fratelli d’Italia e Lega, la prima, e del Pd, l’altro. Diamanti: «Appare invece fuori gioco Marchini. Penalizzato, fra l’altro, dall’immagine di “ruota di scorta” di Berlusconi. Che aveva puntato, fino all’ultimo, su Guido Bertolaso. Più dietro c’è Stefano Fassina, il cui risultato, però, “pesa” perché erode consensi al centro-sinistra».

Ilvo Diamanti, la Repubblica 20/5;

 

Mingardi: «Dopo l’esperienza della giunta Marino, verrebbe voglia di dire che al mondo ci sono matti di due tipi: quelli che credono di essere Napoleone e quelli che pensano di poter governare Roma. Virginia Raggi dichiara guerra agli sprechi e apre a iniziative di “partnership pubblico-privata”, se “adeguatamente normate”. L’impressione è che la sua sia una visione economica un po’ strapaesana. Giorgia Meloni promette che “nessuna opera faraonica sarà finanziata fin quando non si risolverà il problema delle buche di Roma”. Roberto Giachetti da parte sua propone una Roma “StartUp City” (stessa parola d’ordine di Sala a Milano), con l’obiettivo di moltiplicare gli incubatori e attrarre fondi di venture capital. Il programma di Marchini invece è un’enciclopedia: 101 punti. È il candidato che più chiaramente lascia capire che la valorizzazione del patrimonio artistico, oggi, si fa con gli sponsor e coi privati. Matto e pure “efficientista”».

Alberto Mingardi, La Stampa 28/5;

 

A Milano la situazione politica è apparentemente più semplice. Centrodestra e centrosinistra hanno entrambi un loro candidato che appoggiano in maniera piuttosto unitaria. Il centrosinistra appoggia Giuseppe Sala, ex amministratore delegato di Expo che ha vinto le primarie dello scorso 7 febbraio. Il centrodestra, composto da Forza Italia, Ncd e Lega Nord, appoggia l’ex manager pubblico e dirigente del comune di Milano Stefano Parisi. Secondo i sondaggi Sala perso il suo iniziale vantaggio su Parisi e i due sono dati quasi alla pari.

il Post 14/5;

 

Ancora Mingardi: «I due – Parisi e Sala – sono persone serie, d’esperienza, perbene, e in tutta evidenza hanno profuso un grande sforzo nella preparazione dei rispettivi programmi: l’uno e l’altro sono un’agenda di governo, non un volantino elettorale. Sia Sala che Parisi vogliono far leva su quella capacità di autogoverno più sviluppata a Milano che altrove. Per Sala è una questione di “partecipazione” e “ascolto” della cittadinanza: la regia resterebbe a Palazzo Marino. L’ambizione di Parisi è dare concretezza a una parola spesso abusata, “sussidiarietà”: invertire il flusso delle decisioni, costruire “dal basso” senza che il governo cittadino si sovrapponga mai a iniziative sorte spontaneamente».

Alberto Mingardi, La Stampa 28/5;

 

A Napoli il candidato favorito è il sindaco uscente Luigi de Magistris, appoggiato da liste civiche, da Sinistra Italiana e da Possibile (Civati). Piuttosto distanziato nei sondaggi il candidato di Forza Italia Gianni Lettieri, imprenditore napoletano già sconfitto da De Magistris nel 2011. Anche a Napoli il centrodestra è diviso, però: Lega e una parte di Fratelli d’Italia infatti appoggiano il deputato Marcello Taglialatela. Al terzo posto e a un certo distacco da Lettieri c’è Valeria Valente, candidata del Pd che ha battuto Antonio Bassolino alle contestate primarie dello scorso marzo. Il M5s si affida a Matteo Brambilla, 47 anni, nato a Monza e vincitore delle primarie online con 276 voti.

il Post 5/5;

 

A queste amministrative il M5s presenta liste solo in 251 comuni su 1.368. Jacopo Iacoboni: «Resteranno a guardare in 1.117 comuni, tra cui città importanti come Caserta, Latina, Ravenna, Rimini e Salerno. Insomma, la seconda forza politica d’Italia è al momento in grado di coprire complessivamente appena il 18 per cento dei territori locali». È evidente quindi come il M5s «non riesca a diventare ciò che diceva di essere, un movimento della base, dei meet up e dei territori. Resta, tutto al contrario, un grosso movimento fondato su voto d’opinione, un partito azienda al vertice, e tante liti nelle periferie».

Jacopo Iacoboni, La Stampa 9/5;

 

È stata una campagna elettorale low cost, con budget e spese ridotte rispetto a cinque anni fa. Scelte obbligate, spesso. In alcune città le previsioni di spesa sono dimezzate in confronto al 2011. A Milano, ad esempio, si è lontanissimi dai tempi di Letizia Moratti, che investì per la sua riconferma (mancata) circa 7 milioni di euro. Oggi Giuseppe Sala ha previsto un budget per l’intera campagna «inferiore al milione di euro» e Parisi finora è sotto quota 500mila euro: 150mila in manifesti e affissioni, altri 100mila per eventi, altrettanti in merchandising e ulteriori 50mila in analisi e ricerche.

Alessia Gallione e Andrea Montanari, la Repubblica 25/5;

 

Salvatore Merlo: «Eppure la campagna elettorale di queste amministrative non sembra si stia giocando troppo sulle zone a traffico limitato, e non è soltanto sulla sicurezza o la pedonalizzazione delle vie del centro storico che si accelera il metabolismo di elettori e candidati, i quali si animano soprattutto quando Meloni accusa Marchini (dunque Berlusconi) di voler favorire Renzi, o quando De Magistris, ignorando il suo avversario Lettieri, passeggia sul palco d’una pubblica iniziativa a Napoli, e impettito, camicia fuori dai pantaloni, urla: “Renzi, vai a casa. Devi avere paura. Ti devi cacare sotto!”. E c’è dunque latente, o strisciante, o persino palese, o addirittura orgogliosamente dichiarata un’identità che al di là degli interessi locali e cittadini si specchia invece nella politica nazionale, nei suoi orizzonti, nelle sue sempre più inafferrabili strategie e nei suoi incerti equilibri».

Salvatore Merlo, Il Foglio 18/5;

 

«Nell’insieme si conferma l’immagine di un Paese di paesi. E di città. La riforma del 1993 ha rafforzato questo profilo. Perché ha introdotto l’elezione diretta dei sindaci. E, al tempo stesso, ha “personalizzato” le specificità del territorio e della società. Per questo, il voto amministrativo costituisce un’importante occasione di verifica “popolare” sui governi e sui sindaci delle nostre città. Che si tradurrà, inevitabilmente, in un giudizio sul Sindaco d’Italia».

Ilvo Diamanti, la Repubblica 20/5;

 

In realtà Renzi sembra guardare con forte distacco a queste elezioni comunali, al punto da aver lanciato nel pieno della campagna elettorale amministrativa la campagna elettorale per un referendum che si svolge tra cinque mesi. Antonio Polito: «Si vede che più che come segretario del Pd, Renzi preferisce essere giudicato come leader di quel partito trasversale del Sì cui partecipano due partiti di centrodestra, il Nuovo Centrodestra di Alfano e l’Ala di Verdini. Mentre i candidati sindaci del Pd tutto vorrebbero tranne che nelle urne comunali si giocasse un anticipo del referendum costituzionale, perché così rischierebbero sicuramente di perdere degli elettori già schierati con il No».

Antonio Polito, Corriere della Sera 28/5.

 

 

Apertura a cura di Luca D'Ammando

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