Marco Pannella (foto LaPresse)

Marco, uno e centomila

Pannella & Tortora. Il ricordo della Scopelliti e di Caiazza

Ermes Antonucci
“Pannella nella vicenda di Enzo ha veramente rappresentato la svolta – ricorda al Foglio Francesca Scopelliti, compagna di Tortora – Mi ricordo che quando Pannella chiamò Enzo per proporgli la candidatura alle elezioni europee del 1984, Enzo gli rispose ‘tu sei pazzo a propormela, ma io sono ancora più pazzo ad accettarla’”.

Il destino, il caso o chi per lui, ha voluto che la lotta di Marco Pannella contro la sua malattia si sia conclusa all’indomani del ventottesimo anniversario della morte di Enzo Tortora, il “volto di Portobello” che negli anni 80 il leader radicale elevò a simbolo della battaglia garantista contro il tritacarne mediatico-giudiziario. “Pannella nella vicenda di Enzo ha veramente rappresentato la svolta – ricorda al Foglio Francesca Scopelliti, compagna di Tortora – Enzo aveva voglia di fare della sua vicenda giudiziaria una vicenda politica, e Marco è stato quello che, come al solito, ha anticipato tutto e tutti. Mi ricordo che quando Pannella chiamò Enzo per proporgli la candidatura alle elezioni europee del 1984, Enzo gli rispose ‘tu sei pazzo a propormela, ma io sono ancora più pazzo ad accettarla’”. Da quel momento partì una “fantastica campagna elettorale fatta in casa”, perché Enzo, dopo essere stato arrestato sotto i riflettori (avvisati) dei giornalisti e aver passato sette mesi in carcere, allora era agli arresti domiciliari. Lo schema si rovesciò: il salotto di casa Tortora venne invaso dalle televisioni di tutta Italia, e i due, Marco e Enzo, lavorarono “in maniera instancabile” – dice Scopelliti, oggi candidata a Milano con i Radicali – con una forza propria solo di “chi crede fermamente in quello che fa”, nella convinzione che “quella fosse la svolta giusta da fare: ‘istituzionalizzare’ una vicenda vergognosa come quella montata dalla procura di Napoli”. A legare il leader radicale e il conduttore televisivo era una passata militanza liberale, ma sopratutto “una grande cultura e intelligenza”, e “in questi casi la cultura diventa la forza per ogni battaglia”.

 

Fu la conoscenza della persona “a convincere Pannella, fin dall’inizio, che si trattasse di una bufala clamorosa”, dice al Foglio Giandomenico Caiazza, uno dei due avvocati di Enzo Tortora e, per vent’anni, anche legale di Marco e dei radicali. “Chiunque conoscesse Enzo avrebbe potuto mettere, non una, ma due mani sul fuoco sulla sua innocenza, eppure in quel momento era in corso un linciaggio, e Marco fece una scommessa”. “Le sue, tuttavia, non erano scommesse, erano intuizioni – sottolinea Caiazza – scelte tipiche di un uomo che aveva un’intelligenza essenziale e che aveva capito tutto prima degli altri. Pannella ha giocato questa partita e l’ha stravinta”. La vicenda Tortora “è stata in assoluto quella che ha reso più diffusi nell’attenzione popolare i problemi della giustizia, il garantismo, la presunzione d’innocenza”, e, dice ancora l’ex avvocato del conduttore televisivo, “come Marco non c’è mai stato nessun altro che abbia avuto una capacità di far ragiungere al pubblico questo messaggio, che è un messaggio difficile da far capire, che va controcorrente al populismo più facile”. “Questo è un esempio di quello che è stato Marco Pannella: un uomo di estrema minoranza politica, che però aveva la capacità di individuare tematiche condivise dalla maggioranza del paese, come anche il divorzio e l’aborto”. Romantico, oggi, definire “folli” le scommesse di Pannella, ma non si tratta di follia: “In Marco non c’era niente di folle, ma un’intelligenza acuminata, che può sembrare follia a chi gli arranca dietro. Ciò che ha fatto è stato il risultato di una capacità politica straordinaria; uomini politici di questa caratura ne nascono uno ogni 150 anni”. Ora quell’uomo è morto e, “posso dirlo?”, conclude Caiazza, “da ieri siamo sicuramente un paese meno libero”.

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