Stefano Graziano

Colpevole fino a prova contraria: il metodo Davigo applicato a Stefano Graziano

Claudio Cerasa
Ieri il numero uno del Pd campano, è stato indagato per concorso esterno in associazione mafiosa. Un reato “ectoplasma”, come giustamente lo ha definito su queste pagine Piero Tony, simbolo di una “congenita vaghezza” giurisprudenziale, come sostiene da tempo il professor Fiandaca.

Al direttore - Nei giorni scorsi la magistratura ha giudicato irrinunciabile il protrarsi (ormai da tre anni) della custodia cautelare di Nicola Cosentino. Quel che colpisce è non tanto il riserbo scrupolosamente osservato sull’argomento dal presidente dell’Anm Piercamillo Davigo, quanto il fatto che nessuno ne abbia sollecitato un’opinione o, soltanto, gliela abbia chiesta. Tanto più che tre anni di custodia cautelare per reati del tipo di quelli contestati a Cosentino suscitano, se non proprio vergogna, tantissimo disagio in tantissimi magistrati veri e seri che all’Associazione vogliono un po’ meno bene che alla Costituzione.
Luigi Compagna

 

 

Non c’è tempo di pensare a queste cose. Oggi c’è altro di cui parlare. Ieri, un dirigente del Pd, Stefano Graziano, numero uno del Pd campano, è stato indagato per concorso esterno in associazione mafiosa. Sui giornali di oggi, come sempre capita il giorno dopo l’apertura di un’indagine, il metodo Davigo verrà applicato alla lettera. Gli indagati saranno trattati come presunti innocenti colpevoli fino a prova contraria, perché “non esistono innocenti; esistono solo colpevoli non ancora scoperti”, e siamo certi che non mancheranno le quotidiane gazzette delle procure che proveranno a dimostrare che l’indagine a carico di un ex consulente di Palazzo Chigi dimostra che l’Italia è governata dalle mafie. Sui giornali di oggi leggerete tutto questo ma non leggerete quella che forse è la cosa più importante. Qualcosa che riguarda la tipologia di reato in questione: il concorso esterno. Un reato “ectoplasma”, come giustamente lo ha definito su queste pagine Piero Tony, simbolo di una “congenita vaghezza” giurisprudenziale, come sostiene da tempo il professor Fiandaca, sul quale pochi mesi fa un gip, quello di Catania, si è espresso così rispetto a un caso relativo a un processo sempre per concorso esterno. “Il concorso esterno è una figura che si potrebbe definire quasi idealizzata nell’ambito di un illecito penale così grave per la collettività… La sentenza Cedu del 2015 ha riproposto in tutta la sua attualità l’applicazione di un reato che non esiste nella legislazione italiana… Si impone dunque una rivisitazione della materia”. Il gip in questione, Gaetana Bernabò Distefano, scelse il non luogo a procedere considerando il reato di concorso esterno non sufficiente per condannare un imputato. Si potrebbe andare avanti per ore a spiegare ancora cosa rappresenta il reato di concorso esterno ma siamo certi che oggi il dottor Davigo rilascerà a qualche giornale amico una bella intervista per ricordare che tutti gli indagati sono innocenti fino a prova contraria. Specie quando si parla di concorso esterno. O no?

 

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.