I candidati non li scelgano i pm, please

Redazione
Il caso De Luca e la logica fallimentare degli “impresentabili”

Non bastava la famosa legge Severino, quella varata nel 2012 che prevede l’incandidabilità dei politici alle elezioni locali nel caso in cui abbiano ricevuto una sentenza di condanna anche solo di primo grado, nonostante il principio costituzionale di non colpevolezza fino a sentenza definitiva. Una contraddizione vissuta sulla propria pelle dal sindaco di Napoli Luigi de Magistris e dal governatore campano Vincenzo De Luca: entrambi condannati in primo grado per abuso d’ufficio, sospesi dalla loro carica, e infine assolti in Appello quando la questione era già giunta davanti alla Corte costituzionale. Non bastava neanche il particolare vaglio di moralità svolto sulle candidature dalla commissione parlamentare Antimafia, presieduta da Rosy Bindi.

 

Quella che, in piena campagna elettorale regionale, inserì sempre De Luca nella lista disonorevole degli “impresentabili”, sulla base di un’altra condanna di primo grado subìta dal governatore, per la quale ora in Appello i pubblici ministeri hanno chiesto l’assoluzione. Incurante di questi risvolti, infatti, mercoledì scorso il candidato del Pd a Roma, Roberto Giachetti, ha deciso di consegnare all’Antimafia, di sua spontanea volontà, la lista con i nomi dei candidati che sostengono la sua corsa al Campidoglio. Lista corredata dai certificati dei carichi pendenti di ciascun candidato. Giachetti ha detto che “non intende dare lezioni” di moralità a nessuno. E in effetti, l’unica lezione che può trarsi dal passato è un’altra: la politica non si pieghi all’etica giustizialista, fatta di casellari giudiziari e condanne preventive. Un appello che rivolgiamo a tutti i candidati alle prossime amministrative.