Francesco Rutelli (foto LaPresse)

Democratici e Associati

Rutelli ci dice che Roma deve diventare la capitale di un patto tra Pd e Grillo

Redazione
“I 5 stelle capiranno che non si governa Roma, oggi, stando contro il governo”. Oltre il voto. Intervista con l’ex sindaco della Capitale

Roma. Quattro candidati nel marasma a destra, Marchini, Bertolaso, Meloni e Storace, un candidato del Pd che non si voleva candidare, cioè Roberto Giachetti, e poi Virginia Raggi, CinqueStelle-CasaleggioAssociati-scatolettaditonno. Perché Roma non riesce a essere normale, ad avere una campagna elettorale elegante, ordinata, come quella di Milano? “Perché Milano è stata ben amministrata e la sinistra lo rivendica”, risponde Francesco Rutelli. “E poi perché anche l’Expo ha funzionato, e perché infine anche il centrodestra, nella regione governata da Maroni, si tiene insieme, regge dunque l’impalcatura del bipolarismo. Beppe Sala e Stefano Parisi, i due candidati del centrodestra e del centrosinistra, si assomigliano persino. C’è stata una convergenza riformista, una spinta di razionalità che ha messo in difficoltà il campo della protesta”. Ma proprio perché Roma è sprofondata in una lunga stagione di degrado amministrativo, culminata con le dimissioni di Ignazio Marino e la “dittatura” commissaria del prefetto Tronca, meritava premesse migliori. “Roma deve ritrovare slancio, attrattiva, efficienza. La città ha risorse e ha capacità, che però vanno risvegliate e governate. Io mi pronuncerò sui candidati in lizza, farò un endorsement, ma solo quando diranno con chiarezza che idea di organizzazione tecnico-amministrativa, di visione strategica, e che squadra intendono schierare”. E’ una gara tra Pd e Casaleggio. “Dico una cosa apparentemente paradossale: se i 5 stelle vogliono riuscire, devono proporre un’alleanza con il governo nazionale di Matteo Renzi”.

 

E allora Rutelli dice che “non si governa Roma, in queste condizioni, stando contro il governo. Anche un bambino capisce che dal collasso tecnico-amministrativo in cui è sprofondata la città se ne esce soltanto chiedendo la collaborazione di tutti, specialmente del governo centrale. Se il Movimento cinque stelle dovesse vincere, mettendosi in violenta contrapposizione al governo, aggiungerebbe un’altra perla a quel collier di debolezze che già rendono incerto il futuro di una loro eventuale amministrazione comunale”. Quali debolezze? “L’inesperienza”. Loro in realtà sostengono che l’inesperienza è una virtù: chi ha esperienza ha mal governato. “Chi vince si troverà a gestire il caos romano, deve avere una squadra, una classe dirigente intorno già pronta, gente che sa come si scrive una delibera. Dire che l’inesperienza è una virtù può funzionare, forse, in campagna elettorale. Poi però diventa una tragedia all’atto pratico”. E di cosa ha bisogno Roma? “Ha bisogno di esperti, di idee, di manager pubblici, ha bisogno di separazione tra governo e controllo di legalità, ha bisogno di innovazione tecnologica”. Che vuol dire? “Le faccio un esempio: la mobilità. La gestione del traffico, i flussi, oggi possono essere elaborati attraverso i navigatori satellitari, così sai dove va costruita una corsia preferenziale, dove vanno fatti i posteggi… E poi ci vuole uno ‘Zar’ del decoro urbano, una belva, una squadra di pronto intervento: c’è da aiutare un senzatetto? Ci sono da allontanare dei teppisti? E poi ci sono le aziende ex municipalizzate. Il dato drammatico è la decomposizione dell’amministrazione pubblica. Quando ero sindaco i capi dipartimento erano otto. Oggi sono venti, più i dirigenti delle aree e dei municipi. Ed è preoccupante quanto questa amministrazione si sia politicizzata negli anni”. La dittatura commissaria di Francesco Paolo Tronca forse doveva durare di più? “Il commissario deve avere un mandato, e quello di Tronca era per sei mesi, troppo pochi. Se il comune fosse stato sciolto per mafia, forse ci sarebbe stato il tempo di rifondarne la macchina. In sei mesi non è possibile. Devi creare sana concorrenza per gare e appalti”. E un sindaco può farlo?

 

“Non da solo. Per questo ho suggerito che i candidati, da subito, indichino una squadra di cento persone tra politici, tecnici, capi azienda che possano diventare i responsabili degli snodi d’ogni settore amministrativo. Va tutto smontato e rimontato”. E invece, quella romana, è una campagna elettorale che si trascina, con poco entusiasmo. Qualcuno, scherzando (ma anche no), sostiene che in realtà a Roma nessuno vuole vincere. “Nel centrodestra c’è una partita tra fazioni. A sinistra il Pd ha fatto la mossa migliore, cioè scegliere Giachetti, che ha esperienza ma non era compromesso. Poi c’è la Raggi, che porta sulle spalle l’invettiva anti sistema. Infine c’è il grande enigma: i romani”. Ovvero? “Più di metà dei cittadini ancora non si esprime sul voto, non si pronuncia su come andrà a votare al primo turno. E’ una partita che contiene un enigma avvolto in un mistero”. E lei per chi vota? “Lei conosce le mie simpatie, ma lo dirò quando sarà presentata una super squadra di governo”.