Matteo Renzi (foto LaPresse)

Unioni civili e altri pasticci

Usare Grillo per spiegare che non c'è alternativa al Pdn. Ecco il metodo Renzi

Redazione
Il flop della strategia grillina diventa un assist per il premier. Minoranza del Pd rassegnata. Domani il voto (di fiducia?)

Roma. Al termine di un pomeriggio fiacco e consueto, fra i soliti strepiti a cinque stelle, qualche sopracciglio sollevato tra gli uomini della minoranza del Pd, mentre insomma la legge sulle unioni civili si conferma materia per riposizionamenti tattici, ricattucci e tentativi d’imboscata parlamentare (da sinistra), a Palazzo Madama il senatore Riccardo Villari, del gruppo Gal, sintetizza la giornata: “La verità è che Grillo gli ha fatto un piacere a Renzi. Di fatto lo ha messo nelle condizioni di far passare la legge, nei termini che probabilmente Renzi voleva. E ha pure avviato il partito della nazione, con scorno della sinistra interna”. Poiché giovedì, a quanto pare, il Pd, compresa la sinistra di Pier Luigi Bersani, voterà la fiducia al governo, assieme al partito di Angelino Alfano, ma soprattutto assieme agli uomini di Denis Verdini. “Voteremo la fiducia con Verdini, sì”, dice Miguel Gotor, senatore della minoranza, spiritoso ma agguerrito contestatore del rapporto tra Renzi e l’ex braccio destro di Silvio Berlusconi. “E’ inevitabile”, aggiunge.

 

La scelta della fiducia, confermata martedì, con lo stralcio delle adozioni, non piace a bersaniani e giovani turchi, ma nessuno, dopo le capriole grilline, è più in grado di mettersi di traverso. Più di qualcuno infatti, a sinistra, puntava a un accordo con i Cinque stelle, preferendo la roulette russa del voto segreto su alcuni emendamenti, alla possibilità di vedere certamente approvata la legge (pur con qualche modifica: cancellazione dei riferimenti al matrimonio e stralcio dell’articolo 5 sulle adozioni). Una strada, la prima, che avrebbe potuto provocare reazioni politiche incontrollate nella composita maggioranza. Un rischio per Renzi, un’arma nelle mani della minoranza Pd che – sospettano a Palazzo Chigi – puntava e punta a farlo arrivare infiacchito al referendum di ottobre sulle riforme costituzionali. Un rischio tuttavia, come dice Villari, che il M5s, con il suo inaffidabile ondeggiare, ha cancellato dall’orizzonte del presidente del Consiglio.

 

[**Video_box_2**]E così martedì, alla riunione dei senatori del Pd, assemblea che si annunciava agitata e malmostosa, Renzi ha potuto esordire dicendo che “Il M5s non può prenderci in giro. I Cinque stelle giocano sulla pelle dei diritti con una posizione spregiudicata, perseverare sulla strada dell’accordo con loro sarebbe diabolico”. E nessuno lo ha contestato. “La soluzione parlamentare, con gli emendamenti, andrebbe avanti a lungo, il rischio è la palude. Con la fiducia, invece, andiamo via dal Senato in massimo una settimana e in due mesi alla Camera. Decidete voi”, ha aggiunto il presidente del Consiglio. E quasi nessuno, a esclusione della senatrice Cecilia Guerra e del senatore Sergio Lo Giudice, lo ha contraddetto. Così, in uno strano clima, con la sinistra interna impegnata in una complicatissima retromarcia (dice il ministro Andrea Orlando, capo dei giovani turchi: “Si cerca di fare quello che è possibile nelle condizioni politiche date, cercando di trovare un punto di equilibrio”), i senatori del Pd hanno dato il via libera a un maxiemendamento del governo che oggi sostituirà il testo del ddl Cirinnà e che, stralciando le adozioni, sarà sottoposto probabilmente domani al voto di fiducia. Gotor, Alfano e Verdini tutti insieme per Renzi.