L'aula del Senato (foto LaPresse)

Maggioranze molto variabili

Cosa si muove nel Pd tra le sfumature della libertà di coscienza sulla Cirinnà

Marianna Rizzini
Dietro la battaglia sugli emendamenti c’è l’ultima manovra sul capitolo adozioni. Il fronte cattolico e quella sfida a Renzi.

Roma. E’ il giorno del primo voto (in Senato) sul ddl Cirinnà sulle unioni civili, ma, nonostante le prese di posizione dei cantanti a Sanremo, in Aula non è ancora il giorno del giudizio e della resa dei conti sulla stepchild adoption. Si vedrà la prossima settimana, ma intanto c’è chi si domanda che cosa volesse davvero dire il premier Matteo Renzi, il giorno prima, quando, dando la linea – “no all’utero in affitto, sì alle unioni civili”– aveva anche detto: “Rimangono aperti alcuni punti su cui si confronterà il Parlamento” a partire dalla stepchild adoption” (alcuni, nel Pd, lo traducono con un: “A Renzi interessa salvare prima di tutto la legge, con o senza stepchild, tanto più che creerebbe meno grane con Ncd al governo”, altri invece con un: “Il dissenso nel partito su quel punto è sovrastimato, è melina, punto”). E quando, dopo una mattinata di “non-accordi tra gentiluomini” (e tra Lega, Pd e Forza Italia) sugli emendamenti, il presidente Pietro Grasso non concede il voto segreto sul “Quagliariello-Calderoli”, emendamento sul non passaggio al voto in Aula della legge – richiesta sottoscritta da 74 senatori ma respinta con 195 voti contrari, 101 a favore e un astenuto – il senatore leghista Roberto Calderoli si lamenta, ma tutti gli altri trasecolano.

 

Non sono infatti solo i tempi a essere incerti (oggi infatti inizierà l’illustrazione degli emendamenti, ma le votazioni non arriveranno prima di martedì 16 febbraio). Non sono solo le incognite ostruzionistiche (ma ci sono pronti i “canguri” taglia emendamenti, come quello del pd Andrea Marcucci). E’ la questione in sé a restare appesa alle infinite riunioni Pd (ma anche Ncd), in cui si cerca la mediazione preventiva, cercando di capire se la “fronda cattolica” contraria al “canguro” taglia-emendamenti ammonti davvero a trenta senatori oppure no. Ma soprattutto se qualcuno ha davvero intenzione di far saltare il banco (l’interessamento di Palazzo Chigi era risultato evidente, grazie all’attivismo discreto di queste ore del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Luca Lotti). E la giornata di mercoledì, prima dell’arrivo in aula del ddl, aveva intanto restituito una scena quantomai ingarbugliata, con il capogruppo pd Luigi Zanda che, in assemblea, decideva inizialmente di lasciare libertà di coscienza soltanto sul voto di tre emendamenti, tra cui l’emendamento cattolico sull’affido rafforzato, e però poi, davanti alle rimostranze dei cattolici medesimi, aumentava il numero degli emendamenti votabili secondo coscienza (sei).

 

[**Video_box_2**]“Non vedo però un big bang all’orizzonte”, diceva nonostante tutto un senatore del Pd, non “preoccupato” come il padre del super-canguro Marcucci, che a un certo punto pareva addirittura sconsolato: “Sono anni che discutiamo di unioni civili senza alcun risultato. Si smetta con la melina e ci si sfidi lealmente”, e la frase era diretta a Roberto Calderoli, ma c’era chi ci vedeva anche un messaggio per le minoranze interne titubanti (e il deputato pd cattolico “mediatore” Alfredo Bazoli, di fronte alle incognite che attendono i colleghi di partito in Senato, interpellato sulle prospettive future, si diceva “ottimista”, e più che altro “auspicava”, al di là degli intoppi e della “scarsa chiarezza” delle varie regie politiche, che si trovasse a breve “l’emendamento magico”, quello capace di esprimere “il punto di sintesi”, quello capace di “scongiurare lo scontro finale che provoca fratture insanabili”. E gli ottimisti ora si attaccano anche a un’altra mezza-certezza: che con le uscite di Beppe Grillo sulla libertà di coscienza non ci sia più così bisogno di sostenere la tesi “il testo Cirinnà, se viene cambiato, non avrà mai l’appoggio del M5s”. Qualcuno confida nel voto segreto, qualcuno avverte: “Gli scrutini segreti saranno tanti: 10, 50, 70”. Nell’incertezza, ci si aggrappa al “blocco” che ha detto no al Calderoli-Quagliariello (195 voti ), come fosse indizio di buona novella.

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.