Vincenzo De Luca (LaPresse)

De Luca da manuale

David Allegranti
Dizionario aggiornato delle migliori perle di saggezza di un governatore che trasforma in impresentabili tutti i suoi avversari.

Roma. Per Vincenzo De Luca, governatore della Campania e motteggiatore di quelli bravi, sono venute meno le pregiudiziali di impresentabilità. Il manuale Rosy Bindi dell’Antimafia, che volle farsi anti De Luca alle ultime elezioni regionali, non vale più, l’ex sindaco di Salerno non è un gran puzzone: venerdì è stato assolto in appello perché “il fatto non sussiste”, il rischio sospensione della legge Severino dunque è sospeso, anzi sparisce. Quando la Bindi lo inserì nella lista degli impresentabili alle amministrative, i grillini s’ingolosirono parecchio, da Di Battista a Di Maio, i renziani invece s’arrabbiarono assai, c’è chi gridò al golpe, ma più di tutti s’arrabbiò lui che presentò una querela per diffamazione contro la presidente della Commissione Antimafia, recentemente archiviata dal gip.

 

Quello che dirà oggi il presidente campano andrà probabilmente ad aggiungersi al “Breviario De Luca”, raccolta informale di interventi, battute, interviste che circolano su Internet e rendono impossibile distinguere De Luca dal Maurizio Crozza che lo imita, al punto che non si capisce, alla fine, chi è che imita chi, un po’ come già accadeva con il Bersani delle bambole da pettinare e dei giaguari da smacchiare.

Si va dai “personaggetti” – così furono definiti Michele Santoro e Marco Travaglio – che sono l’“espressione del parassitismo di questo Paese” ai “cafoni” che imbrattano Salerno, la città di cui De Luca è stato sindaco, mentore, ripulitore, Cif formato umano.

Non c’era momento, da sindaco, in cui De Luca non si scagliasse contro quelli che insozzavano muri e stazioni della metro appena inaugurate, per questo s’era guadagnato l’appellativo di “sceriffo”. E ogni tanto spunta qualche cronaca locale in cui si legge di De Luca, versione Chuck Norris, che ferma e fa sequestrare un motorino perché a bordo c’erano due ragazzini senza casco. “L’apertura della metropolitana – disse in una delle sue interviste-monologo televisive, roba da far concorrenza alle Fireside Chats di Roosevelt – deve rappresentare anche l’occasione per rilanciare la nostra battaglia ‘Cafoni Zero’ a Salerno. Vi faccio vedere il cafone numero 1. Ecco questo è il cafone numero 1, questa è la stazione della metropolitana di Pastena. Lo stavamo aspettando questo imbecille che è andato a fare le scritte e il manifesto. Ba, Bi, la B ecco ha lasciato la sua firma ‘Bestia’! Questo è una bestia e c’ha tenuto a mettere la sua firma. Bestia!”.

Tra i cafoni ci sono quelli che lasciano messaggi d’amore alle ragazze pitturando i muri, come “Frullino, sei il mio battito d’ali”. “Io vorrei dire alle ragazze, proprio come fatto di metodo. Se trovate un ragazzo che è così imbecille da scrivere questi messaggi, prima lo lasciate meglio è, perché non è buono”.

Quella di maltrattare avversari e compagni di partito è una tecnica raffinata, bisogna individuare ogni volta l’esatto equilibrio fra perfidia e verità sostanziale dei fatti (inventare non vale, serve aderenza al reale per fare il battutista professionista) e poi colpire: “Casaleggio: quando qualcuno si fa la permanente a 60 anni è capace di qualsiasi perversione”.

 

Nei comizi, le vette deluchiane si fanno altissime, come quando se la prese con Luigi Cesaro, ex presidente della Provincia di Napoli: “Un essere che a definirlo umano si fa un oltraggio alla biologia. Un uomo che è in guerra da decenni con la grammatica e la sintassi, uno sterminatore di congiuntivi”.

Per ora tuttavia allo stile guascone ha preferito quello istituzionale: “Mi auguro – ha detto dopo l’assoluzione – che nel dibattito pubblico si esaurisca la tendenza dilagante a calpestare con disinvoltura la dignità di persone e famiglie oltre le regole di uno Stato di diritto. Mi auguro che si affermi l’abitudine a confrontarsi civilmente, in un clima di rispetto reciproco. L’essere uomini è più importante delle bandiere di partito”. Appuntamento al prossimo comizio.

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.