Luigi Zanda (foto LaPresse)

Zanda ci spiega cosa si capisce della sinistra quando si attacca a Verdini

Salvatore Merlo
Certo Denis Verdini che vota con il Pd le riforme istituzionali è una cosa un po’ strana, incongrua, un po’ alla bar di Guerre Stellari, “ma anche i Cinque stelle che votano Altero Matteoli presidente della commissione Lavori pubblici…”.

Roma. Certo Denis Verdini che vota con il Pd le riforme istituzionali è una cosa un po’ strana, incongrua, un po’ alla bar di Guerre Stellari, “ma anche i Cinque stelle che votano Altero Matteoli presidente della commissione Lavori pubblici…”. E Luigi Zanda, capogruppo del Pd in Senato, una vita a sinistra, si mette a ridere, coglie il paradosso della situazione, “che un po’ è dovuta alla confusione della legislatura”, dice, “al modo in cui è nata e si è sviluppata, all’esplosione di tanti partiti, alle scissioni. Ma un po’ è anche dovuta all’opportunismo politico. Criticano la maggioranza perché ha avuto i voti di Verdini per superare il 51 per cento dei suffragi sulle riforme istituzionali. Criticano insomma una maggioranza che è sempre autosufficiente, ma non vedono la trave che sta nel loro occhio, le loro contraddizioni”.

 

E quello che Zanda vuol dire è che i ragazzi di Grillo strepitano contro i voti di Verdini, ma poi votano un berlusconiano e lo fanno eleggere a capo di una commissione importante del Senato. Che differenza c’è tra Matteoli e Verdini? “La differenza è che noi abbiamo sempre fatto tutto nella più assoluta limpidezza, e non abbiamo certo bisogno dei voti di Verdini per stare in piedi. Quello che succede in Aula si vede. Usare invece il voto segreto e fare accordi Forza Italia-5 Stelle per eleggere un presidente di commissione, mi pare un po’ meno trasparente. E’ tutt’un altro paio di maniche. Però ci criticano comunque”. Opportunismo? “Evidente, persino legittimo”.

 

Ecco. Ma anche la sinistra denuncia “l’affiliazione” di Verdini al Pd. “Poi però si trovano a fare la campagna elettorale sul referendum insieme a Renato Brunetta e Giorgia Meloni”, sorride Zanda. L’immagine in effetti è questa: Stefano Fassina, Giovanni Russo Spena, Nichi Vendola tutti insieme a Mara Carfagna, Maurizio Gasparri e Maria Rosaria Rossi… Strano, eh? “Sono evidentemente combinazioni, molto, molto scomode. Diciamo che è un fronte ‘disomogeneo’, per così dire”. Persino imbarazzante? “Secondo me un po’ sì, per loro, sono loro che si imbarazzano, mi par di capire a tratti”.

 

E in effetti alcuni giorni fa Loredana De Petris, brava e simpatica capogruppo di Sel in Senato, si chiedeva, ridendo: “Ma ti rendi conto che mi tocca fare? Ho prenotato la conferenza stampa per quelli di destra. Per Brunetta!”. Dice allora Zanda: “Sono combinazioni scomode, pure per loro. Il limite di queste operazioni è quello di far prevalere l’interesse di tattica politica sui problemi. Qual’è il legame che tiene insieme i post fascisti di Fratelli d’Italia e la sinistra post comunista di Vendola?”. Qual’è? “Nessuno. Se non quello di mettersi contro la maggioranza di governo. Si spiega così anche la ragione per la quale la sinistra ha criticato i voti che Verdini ha dato alle riforme, ma non quelli che Verdini ha detto di voler garantire alla legge sulle unioni civili”. Vendola è d’accordo con la legge sulle unioni civili. “E non si è mai visto nessuno che sta a guardare che odore hanno i voti quando vanno dalla parte che si preferisce”. E insomma anche Vendola prenderebbe i voti di Verdini? “Fanno i comitati contro il referendum mischiandosi con gli esponenti di Forza Italia, veda lei”.

 

[**Video_box_2**]Ma alla fine Zanda fa spallucce, assume il tono piano e compassato di chi descrive un fenomeno per lui ovvio. “C’è un solo partito che ha mantenuto intatto il suo patrimonio parlamentare, ed è il Pd”. Quasi intatto, senatore: se sono andati Civati, Fassina e Mineo. “Sostanzialmente intatto, diciamo. Gli altri si sono divisi, hanno subito numerose scissioni, alcuni partiti si sono spappolati, altri sono scomparsi. Persino i Cinque stelle, su cinquantatre senatori ne hanno persi diciotto. Questa è una strana legislatura che è cominciata con un governo larghissimo che comprendeva già il Pd e Verdini, addirittura comprendeva il Pd e Berlusconi. E’ stato così prima con Monti, poi con Letta, fino alla scissione di Alfano. Dunque non ci si può stupire delle incongruenze, delle stranezze e degli spostamenti. Ma guardi che il Pd è l’unico partito che discute, litiga ma resta saldo. In questo quadro, in una situazione economica che rimane seria, noi non scherziamo con le riforme e i provvedimenti economici. Ci siamo dati l’obiettivo di completare la legislatura”. Anche con Verdini. “Verdini fa quello che vuole”. Gli altri criticano. “Ma dovrebbero essere un po’ più obiettivi, e guardarsi allo specchio”.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi erasmiana a Nottingham. Un tirocinio in epoca universitaria al Corriere del Mezzogiorno (redazione di Bari), ho collaborato con Radiotre, Panorama e Raiuno. Lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.