Perché non è un incidente politico, ma buon senso, vietare l'arresto per omicidio stradale

Redazione
L’emendamento di Forza Italia passato alla Camera ha una logica pratica. E' stato corretto un errore commesso per spirito demagogico, ma non è una bocciatura del governo.

L’approvazione dell’emendamento proposto dal deputato di Forza Italia Paolo Sisto ha apportato una correzione utile e di buon senso alla legge che introduce il reato di omicidio stradale. La legge di per sé è assai discutibile: è stata presentata sulla base dell’emozione suscitata da casi in cui guidatori irresponsabili – spesso condizionati dal consumo di alcool o droghe – avevano causato tragedie per poi non pagarne le conseguenze. Però, per contrastare un fenomeno di questa natura, il ricorso a inasprimenti delle pene non serve a nulla. In un caso, quello richiamato proprio dall’emendamento Sisto – la norma che prevedeva l'obbligo di arresto anche per l’automobilista che si ferma a soccorrere la vittima – rendere più severa la pena può addirittura rivelarsi controproducente. L’automobilista che provoca gravi lesioni, se teme di finire in carcere, può essere indotto a non fermarsi per prestare soccorso e a chiedere l’intervento delle ambulanze. Con la nuova norma, invece, il guidatore sa che se si comporterà in modo civile non sarà sottoposto all’arresto. Coloro che hanno protestato, sostenendo che in questo modo si offendono i parenti delle vittime di incidenti stradali mortali, dovrebbero tener conto che la legge deve, in primo luogo, porsi l’obiettivo di ridurre il numero di tragedie stradali che finiscono con la morte di chi è investito.

 

Come ha detto con un certo coraggio l’ex responsabile per la giustizia del Pd Danilo Leva, la stessa “introduzione del reato di omicidio stradale è di fatto il cedimento al populismo penale che nel nostro paese ha prodotto danni cosmici già in passato”. D’altra parte il fatto stesso che l’emendamento Sisto sia passato in una Camera in cui il Pd dispone da solo della maggioranza assoluta testimonia l'ampiezza del dissenso. Non ha molto senso attribuire a questa sconfitta del governo (che aveva espresso parere contrario all’emendamento alla Camera e aveva chiesto la fiducia al Senato per bloccarne uno analogo) un significato politico generale. Il governo ha commesso un errore e la Camera lo ha corretto: un errore di merito, una correzione di merito. Nessuna conseguenza politica, tranne forse che per l’ammonimento a non farsi trascinare nell’adozione di misure legislative populiste. L’emotività porta spesso a confezionare piccoli mostri giuridici che poi rischiano di peggiorare le situazioni che si pretende di risolvere con un approccio propagandistico.