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Cari ex grillini “autocritici”, ma non ve n'eravate accorti, all'ingresso in Parlamento, in quale scatola eravate finiti?

Marianna Rizzini
Nel M5s sostengono che il mito del governo dal basso, senza filtri e con apertura della famosa “scatola di tonno”, non solo è rimasto un mito, ma si è pure ben presto trasformato in una strana distopia, con un piede nel futuro e uno nella decrescita (in)felice, facendosi “partito come gli altri”, con metodi “stalinisti” e forme “leniniste” (ma senza Lenin).

Che bello sentire così tanti ex Cinque Stelle fare autocritica retrospettiva, e dire quello che gli osservatori antipatizzanti (e non) dicevano da anni: questo si pensa, sulle prime, leggendo le interviste fatte sul Foglio da David Alleganti a venti ex grillini cacciati o pentiti o comunque “non allineati”. Tantopiù che la presa di coscienza collettiva si basa sulle stesse argomentazioni che – non da oggi – erano alla base delle critiche esterne al Movimento: e cioè che “l’uno vale uno”, lungi dal valere per tutti, valeva soprattutto per i due al vertice della Casaleggio Associati (Grillo e Casaleggio), e che il dissenso interno era ghettizzato se non proprio criminalizzato, pur variando i motivi e i metodi di espulsione (per la tv, per lo scontrino mancante, per la pizza troppo costosa). E ancora: il M5s, dicono i “pentiti”, più che essere, come nelle intenzioni sbandierate su internet e in piazza, sempre e comunque vox populi nonché eco fedele del web, è anche molto somigliante a un partito-azienda (di nuovo la Casaleggio Associati). Beppe Grillo, poi, già mattatore del palco nella precedente carriera, a volte pare addirittura recitare un copione, tanto che persino agli stessi movimentisti a Cinque Stelle, dicono gli ex movimentisti a Cinque Stelle, può risultare difficile capire quanto ci creda fino in fondo. E insomma, gli intervistati e pentiti sostengono, ognuno a modo suo, che il mito del governo dal basso, senza filtri e con apertura della famosa “scatola di tonno”, non solo è rimasto un mito, ma si è pure ben presto trasformato in una strana distopia, con un piede nel futuro e uno nella decrescita (in)felice, facendosi “partito come gli altri”, con metodi “stalinisti” e forme “leniniste” (ma senza Lenin). E quasi non ci si crede, a sentire così tanti “ex” dire che “il Movimento è diventato tutto quello che prima contestavamo”, e rinfacciare l’amara verità al Grillo-comico anticasta e al Casaleggio-guru con passione della provocazione futuribile – fanno fede i video sul famigerato “pianeta Gaia” e il suo ultimo libro “Veni, vidi, web” (ed. Adagio), in cui forse anche per vedere l’effetto che fa il guru ne dice d’ogni.

 

Viva l’autocritica, ovvio, solo che dopo essersi rallegrati viene anche da chiedersi: ma come mai costoro, nel 2013, nel mese immediatamente successivo all’ingresso in Parlamento, quando tutto ciò era già chiaro e visibile e riscontrabile, non hanno detto nulla o quasi nulla, aspettando l’espulsione o una tardiva (loro la chiamano “sofferta”) autoespulsione? E anche dopo l’addio non è detto che l’autocritica si spinga al punto di dirsi: ma come ho fatto a credere che esistesse davvero il regno dell’uno vale uno, con contorno di microchip? (Lo fa, unico tra gli intervistati di Allegrantiì Francesco Molinari, senatore oggi al Gruppo misto, il quale, oltre a preoccuparsi per la strada presa dagli ex compagni, si “rammarica” di aver contribuito al percorso). Ed ecco che si torna a pensare quello che si pensava ogni volta che un’Adele Gambaro (cacciata dal M5s con la grancassa nell’estate 2013) si metteva, dopo l’espulsione, a trasecolare per la gogna mediatica e per il dispotismo del Grillo Mangiafuoco: possibile che gogna e dispotismo siano apparsi insostenibili soltanto a cose fatte (cioè quando toccavano personalmente l’epurato di turno), e non a occhio nudo,da subito, se non quando la critica veniva mossa dai tanto vituperati “cadaveri” o “troll” sparsi per partiti politici, media e siti web? Il mantra di chi prima stava dentro e oggi sta fuori il M5s è: ma noi provavamo a cambiare le cose dall’interno. E però, dall’esterno, l’idea di far cambiare idea a Grillo e Casaleggio – due che si presentano così da almeno cinque anni; due a cui liberamente gli “ex” si erano avvicinati tanto da candidarsi per il Parlamento – pare cosa ancor più folle delle sparate folli di Grillo e Casaleggio.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.