Luigi Zingales (foto LaPresse)

Zingales e Renzi

David Allegranti
L’economista, ex Leopolda, spiega cosa non funziona più dello spirito rottamatore della Leopolda

Roma. Nel 2011, l’economista Luigi Zingales salì sul palco della Leopolda. Tutti pensavano che avrebbe parlato d’economia – toh, il solito liberista – e invece, sbagliato!, fece il suo intervento, molto applaudito, sulla giustizia. “L’Italia è governata dai peggiori”, disse. Domani a Firenze si apre la Leopolda 6 e molti treni sono passati dalla Stazione che Matteo Renzi dal 2010 utilizza per la sua convention. Zingales non è più in carrozza e nel luglio ha lasciato il cda dell’Eni (ripensamenti? “No”, secco). Uno dei punti delle varie edizioni della Leopolda era la disarticolazione del sistema degli “amici degli amici”, in sostanza un inno alla meritocrazia. Poi che cos’è successo? “Se da un lato – dice Zingales al Foglio – c’è stato un rinnovamento e uno svecchiamento della classe dirigente, non mi sembra che ci sia stato un salto di qualità né nelle procedure né nelle persone nominate. Prendiamo ad esempio un settore che conosco come la Consob. Prima si è nominato una esperta della concorrenza, che di mercati finanziari sa poco o nulla (Anna Genovese, ndr). Poi si è fatto un bando pubblico (positivo) per coprire le posizioni restanti. Ma sono stati buttati via 18 mesi e poi la montagna ha partorito un topolino. Dei due commissari scelti, Carmine di Noia, è certamente competente ma da anni è il rappresentante degli interessi degli emittenti. L’altro è un giudice con scarsissima conoscenza dei mercati finanziari. Per di più non mi sembra siano stati resi noti i motivi per cui sono stati scelti”. Dopo un anno e mezzo, il governo Renzi “è facilmente il migliore degli ultimi 15 anni, ma più per demeriti dei precedenti che per meriti propri. Il governo ha scommesso quasi tutto sulle riforme costituzionali e sul job act. Non si è visto molto altro. Mi preoccupano le recenti tendenze verso una politica industriale. Non è certo il nuovo che avanza”.

 

Secondo un recente report della Banca d’Italia, negli ultimi venti anni i divari di ricchezza tra i più giovani e i più anziani si sono ampliati: la ricchezza media delle famiglie con capofamiglia tra i 18 e i 34 anni è meno della metà di quella registrata nel 1995, mentre quella delle famiglie con capofamiglia con almeno 65 anni è aumentata di circa il 60 per cento. La politica è esente da responsabilità? “La politica ha grosse colpe, ma non solo da ora: almeno dagli anni ’70 in poi. Invece di trovare una forma di mediazione tra gli interessi contrapposti, si è preferito scaricare sulle generazioni future il costo degli aggiustamenti: dal debito alle pensioni, dalle protezioni per i docenti a spese degli studenti alle tutele per i lavoratori occupati a spese degli occupati futuri. Quello che mi stupisce è l’acquiescenza dei ventenni. Purtroppo invece di protestare se ne vanno dall’Italia”.

 

[**Video_box_2**]Restando in tema di responsabilità politiche: a chi toccherà pagare la manovra in deficit? Se si allunga il periodo di durata del debito e senza crescita seria, non è che alla fine moriremo senza pensione? “In un momento di crisi economica profonda e prolungata, il problema non è l’esistenza di un deficit, ma la mancanza di una visione politica di lungo periodo. Si sarebbe dovuto tagliare le spese inefficienti (documentate con dettaglio da Cottarelli e da Perotti), aumentare la base imponibile, ed abbassare fortemente le aliquote di imposta e i contributi sociali per i neoassunti, con una clausola di salvaguardia che se, usciti dalla recessione, le entrate fiscali non fossero aumentate, si sarebbe proceduto automaticamente ad un aggiustamento al rialzo delle aliquote. Invece si è proceduto un po’ in ordine sparso, aumentando l’incertezza futura, invece che ridurla”. Se Zingales fosse stato al governo, avrebbe fatto il decreto salva-banche? “Date le regole europee, il governo non aveva scelta sul far assorbire parte delle perdite agli azionisti e i creditori subordinati. Se fossi stato al governo, però, io avrei fatto anche partire un’indagine parlamentare sulle responsabilità dei banchieri e dei vigilanti (Consob e Banca d’Italia). Nel caso ci fossero – come io penso – responsabilità di Bankitalia, io avrei fatto pagare parte delle perdite a Bankitalia stessa, tagliando i dividendi che ingiustamente vengono distribuiti alle banche grazie alla legge approvata dal governo Letta. Trattandosi di un risarcimento non violerebbe le regole comunitarie e creerebbe un utile precedente per il futuro. L’altro problema riguarda i possibili abusi. A quanti risparmiatori queste obbligazioni sono state vendute come ‘prive di rischio’? Il governo dovrebbe fare di tutto perché questo problema non si ripeta, invece non c’è nulla in questo senso”.

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  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.