Il sindaco di Palermo Leoluca Orlando

La rottamazione che non c'è. Quell'Italia politica ferma allo spirito del '94

Salvo Toscano
Bassolino a Napoli, Orlando, Miccichè e Bianco in Sicilia. È la politica degli highlander, quella in cui gli over 60 la fanno da padrone e la rottamazione generazionale predicata da Matteo Renzi resta lettera morta

Palermo. Antonio Bassolino pronto a candidarsi a sindaco di Napoli. Mentre a Palermo e Catania regnano Leoluca Orlando ed Enzo Bianco. E nel campo opposto Silvio Berlusconi affida in Sicilia le sorti di Forza Italia nelle mani di Gianfranco Miccichè. Siamo nel 2015. O nel 1993. Fate voi, non cambia nulla. Nel Regno delle Due Sicilie il tempo s'è fermato. E il prodigio, si fa per dire, non riguarda solo gli indicatori economici e le dissestate infrastrutture. Ma prima ancora le facce della politica. Sempre le stesse, sempre quelle di vent'anni fa. Quelle dei protagonisti del biennio '93-'94, quando il pentapartito si squagliò schiudendo le porte di quella che all'epoca si volle chiamare Seconda repubblica.

 

Come Antonio Bassolino, che oggi porta scompiglio nel Pd con la sua annunciata decisione di scendere in campo per le amministrative a Napoli dell'anno prossimo. Per cercare di ripetere la vittoria del dicembre 1993, quando l'allora dirigente del Pds sconfisse Alessandra Mussolini. Nell'altra grande città del Sud, Palermo, allora era già tornato in sella Leoluca Orlando, classe 1947 come Bassolino, che con la sua Rete aveva ottenuto un clamoroso 75 per cento al primo turno. Intanto a Catania, Enzo Bianco, classe 1951, già Pri e allora “pattista” (chi ricorda ancora Mario Segni?), era sindaco da qualche mese. Oggi, Bianco e Orlando sono sempre sindaci nelle rispettive città. E non paghi di aver monopolizzato passato e presente della politica siciliana, eccoli proiettati nel futuro, entrambi tra i papabili per la successione a Rosario Crocetta alla presidenza della Regione siciliana.

 

È la politica degli highlander, quella in cui gli over 60 la fanno da padrone e la rottamazione generazionale predicata da Matteo Renzi resta lettera morta. Il ruminato slogan dello “spirito del '94” da queste parti è ancora più sbiadito, visto che il '94 praticamente non è mai passato. All'epoca, per dire, un collega illustre di Bassolino, Orlando e Bianco sedeva sulla poltrona di sindaco di Salerno, abbellendo la città in particolare con un ricorrente fregio che gli fece guadagnare il soprannome di Vincienz'a Funtana. Era Enzo De Luca, attuale governatore della Campania, classe 1949.

 

[**Video_box_2**]Il fascino dell'usato sicuro ha convinto nei giorni scorsi Silvio Berlusconi a ripescare Gianfranco Miccichè, il suo storico luogotenente dei primi anni forzisti, quelli del cappotto al centrosinistra per 61 a 0 nei collegi uninominali., per affidargli il malconcio partito siciliano con un commissariamento. Un ritorno subito all'insegna della frecciata a quello che fu il suo successore in Forza Italia, Angelino Alfano: “Il Nuovo Centro destra non è un partito di centrodestra: cambi nome o chiuda i battenti, altrimenti lo denunciamo per falso ideologico”, ha detto alla sua prima uscita Miccichè. E sì, non c'è troppo spazio per i quarantenni nella sicula politica, che si chiamino Alfano o meno. Prendete Davide Faraone, quarantenne e braccio destro di Renzi, plenipotenziario del premier in Sicilia. Potente nel Pd siciliano, sì, ma in tandem con quell'eterno giovanotto di Totò Cardinale, un altro che nel '94 già dava le carte. Classe 1948, già potente ministro mastelliano delle telecomunicazioni, Cardinale è oggi un alfiere del renzismo isolano. E tiene sotto scacco Crocetta per una questione (anche) di poltrone che fa fibrillare la neonata quarta giunta regionale in tre anni. Un duello che vede il baffuto ex ministro contrapposto a un altro sempreverde, quel Nuccio Cusumano, anche lui del '48 e anche lui ex Udeur, che nel famoso '94 guidava in Sicilia il Cdu mentre Cardinale reggeva le sorti del Ccd. Oggi Cusumano è il presidente di un piccolo partito della maggioranza di Crocetta, finito ai materassi proprio contro il movimento di Cardinale. Una guerriglia che ha coinvolto anche il Pd siciliano, a sua volta spaccato a metà e senza pace, con conseguente stallo della giunta e dell'Assemblea regionale, malgrado i disperati sforzi del giovane segretario Fausto Raciti. Uno che nel 1994 aveva dieci anni. Peccato imperdonabile nel Regno delle due Sicilie dove il tempo si è fermato.