Silvio Berlusconi (foto LaPresse)

La prudenza non diventi scappatoia

Redazione
La sostanziale comprensione espressa da Silvio Berlusconi per l’atteggiamento più che cauto adottato da Matteo Renzi in relazione alla lotta al terrorismo e soprattutto alle sue inevitabili esigenze di impiego della forza a prima vista può apparire sorprendente.

La sostanziale comprensione espressa da Silvio Berlusconi per l’atteggiamento più che cauto adottato da Matteo Renzi in relazione alla lotta al terrorismo e soprattutto alle sue inevitabili esigenze di impiego della forza a prima vista può apparire sorprendente. Sembra più naturale che il leader di una formazione di minoranza collocata all’opposizione approfitti delle incertezze dell’esecutivo per  denunciarle all’opinione pubblica. Il comportamento di Berlusconi però si spiega, oltre che con la generica ma lodevole volontà di tenere le questioni di collocazione internazionale al di fuori delle contese interne per il riconosciuto primato dell’interesse nazionale, con la difficoltà oggettiva di scegliere una linea di azione in un quadro che presenta elementi rilevanti di novità, difficili da interpretare. L’improvviso aggravarsi delle relazioni tra Russia e Turchia, potenze considerate sia da Renzi sia da Berlusconi indispensabili per dare corpo a un’alleanza efficace, è il dato di novità più evidente e in un certo senso imprevedibile. Non è però l’elemento di contesto più rilevante e più lacerante del tradizionale tessuto di relazioni internazionali. Per la prima volta dalla fine della Seconda guerra mondiale ci si pone il problema di costruire un’alleanza che non ha al centro una iniziativa e una volontà combattiva dell’America. Tutta la geometria dei vari sistemi di alleanze e di contrapposizioni è sempre stata definito attorno a una più o meno evidente guida operativa della Casa Bianca. Ora non è così e questo mette a nudo la debolezza di una costruzione europea che poteva reggere a diverse reazioni dei suoi membri alle scelte americane, ma che ora dovrebbe assumere essa stessa una funzione cruciale per la quale non ha gli strumenti e l’esperienza unitaria necessari.

 

Per questa ragione è comprensibile che nonostante l’urgenza dei problemi e la virulenza dell’aggressione dello Stato islamico, si rifletta con attenzione sulle difficoltà della costruzione di una reazione, si cerchi il modo per delineare una strategia di stabilizzazione unitaria (che all’Italia interessa anche per la Libia), con prudenza e circospezione. Naturalmente è fin troppo facile che la prudenza diventi attendismo, che la circospezione si trasformi in una specie di furbizia nullista. L’idea che all’Italia convenga fare da spettatrice, senza assumersi responsabilità dirette in decisioni difficili è assai diffusa e riflette lo spirito “cosmopolita” di tanta parte dei ceti dirigenti. Compito di un’opposizione responsabile e nazionale è quello di vigilare perché questo rischio sempre presente non diventi una comoda scappatoia per il governo, insieme a una consapevolezza matura della complessità e delle novità reali di un contesto inedito.

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