Dario Franceschini (foto LaPresse)

“Ecco che cosa farò dopo aver dissequestrato il Colosseo”. Parla Franceschini

Alessandro Giuli
A un mese dalla serrata sindacale, il ministro dei Beni culturali fa bilanci e promesse. Dall’Art bonus al metodo Eufronio

Roma. Dario Franceschini è stato di parola. A un mese esatto dall’incresciosa assemblea di lavoratori che aveva provocato la chiusura del Colosseo, nell’Aula della Camera è in votazione la conversione in legge di un decreto concepito affinché non accada mai più. Il Foglio aveva scritto: se il ministro dei Beni culturali non ce la fa, che resta lì a fare? Ce l’ha fatta, pare. “Musei e istituti di cultura – mi risponde Franceschini – ora rientrano fra i servizi pubblici essenziali, il che non significa l’abolizione di scioperi e assemblee, ma che ogni mobilitazione sarà valutata dall’apposito Garante, e che verrà assicurata un’apertura continua dei siti, almeno parziale”. E gli straordinari non pagati che hanno provocato lo sciopero? “Pagati, l’avevamo promesso già prima dello sciopero improvviso”.

 

Franceschini è stato l’artefice di una recente riforma dei Beni culturali che non viene quasi mai citata fra gli allori renziani, eppure c’è, è stata anche molto criticata e non soltanto per quei nuovi direttori d’importanti musei ingaggiati dall’estero. Gli antipatizzanti dicono che si tratta di una riforma ripescata dagli appunti del predecessore Massimo Bray. “Non sopporto che si svaluti quanto di buono hanno realizzato gli altri titolari del Mibact. Certo, ho usato come traccia il lavoro della commissione D’Alberti – la commissione per il rilancio dei Beni culturali voluta da Bray e affidata a Marco D’Alberti, ordinario di Diritto amministrativo alla Sapienza di Roma, ndr – perché credo nella continuità d’indirizzo al Mibact”. Perché separare i musei dalle soprintendenze? “Perché i musei italiani erano inesistenti, nel senso che non avevano budget, bilancio, autonomia gestionale e contabile, erano uffici dei soprintendenti di turno, che invece adesso torneranno a occuparsi a tempo pieno di tutele e vincoli sul territorio”. L’indirizzo generale lo dà il ministero: cambio delle politiche tariffarie, aperture gratuite alla prima domenica del mese. “Il risultato è che nel 2014 abbiamo registrato 2 milioni e 600 mila visitatori in più rispetto al 2013”.

 

Ministro, l’accusano di affamare gli organici, sopra tutto i custodi. “Nella legge di Stabilità, in deroga al blocco delle assunzioni nella Pubblica amministrazione, ho ottenuto 500 assunzioni fra storici, archeologi, antropologi, architetti, archivisti… e in un organico la cui età media è di 59 anni”. Insisto: mancano i custodi. “Ma dovendo scegliere che altro potevo fare? Se non investo nelle professionalità più qualificate, chiuderanno gli archivi storici”. I turisti si aspettano sale aperte e luoghi ben custoditi. “Le spiego meglio. Il sistema va riorganizzato e il ministero lo farà. Ma lei lo sa che siamo l’unico paese al mondo in cui, dagli anni Settanta, anni di assunzioni facili e indiscriminate, vige la regola per cui deve esserci un custode ogni X sale aperte? Oggi, con la videosorveglianza!”. E razionalizzate! “E’ già cambiato molto. Ora il rapporto sale/custodi saranno chiamati a gestirlo direttamente i singoli musei, e ci sarà una redistribuzione intelligente. Aggiungo questo: a Pompei, per esempio, attraverso Ales, la nostra società in house, abbiamo appena assunto 50 giovani di livello”. Niente Jobs Act però. “Contratti a tempo determinato”. Meglio che fare la fame…

 

Ma che dice dello sbriciolamento delle Biblioteche nazionali, tipo a Roma e a Firenze. C’è andato di recente? Un disastro. “Guardi che nella legge di Stabilità abbiamo appena triplicato le risorse. A Roma si passa da 1,4 milioni di euro a 5, a Firenze da 680 mila euro a 3 milioni, stabilizzati per il prossimo triennio. In totale ci sono 45 milioni in più per biblioteche, archivi e istituti culturali”. Tagli agli sprechi? “Non un euro in più per il Fus – il Fondo unico per lo spettacolo, ndr – se si escludono i 25 milioni per il cinema e la formula del Tax credit che ha riportato le produzioni a Cinecittà”. Può bastare? “No, però non è poco”. Parliamo di autonomia. Al Foro romano, il soprintendente Francesco Prosperetti ha appena inaugurato il percorso della Rampa imperiale che collega il santuario di Giuturna al Palatino… a proposito: perché lei non c’era? “E mica posso essere dappertutto!”.

 

[**Video_box_2**]Al quarantennale di Pasolini ci va però. “Ero a Tor Vergata per il conferimento di una laurea honoris causa a Giorgio Napolitano, c’era la lectio magistralis del presidente emerito”. Prosperetti rivendica con orgoglio il fatto che le soprintendenze di Roma e Napoli si finanziano da sole (al netto degli stipendi), e così anche 20 musei. Che aspettate a estendere il meccanismo? “Fino a due anni fa c’erano solo quattro poli museali autonomi: Venezia, Firenze, Roma e Napoli. Oggi, oltre ai casi che lei cita, ci sono 22 realtà più autonome di prima, come l’Istituto per la Grafica e l’Opificio delle pietre dure. La direzione giusta è stata imboccata, oggi se lei va in un piccolo museo vedrà che ogni tre mesi, e già da un anno, riceve gli incassi dei suoi biglietti venduti. Ma non vi aspettate che i Beni culturali facciano profitti, non è il loro compito, anzi servono altre risorse per la manutenzione di un patrimonio straordinario”. Vi aiuterà l’Art bonus, la detrazione dalle imposte fino al 65 per cento dell’importo donato per chi effettua donazioni a sostegno del patrimonio culturale pubblico. “Certo, in prospettiva”. Altre partnership? State lavorando con i colossi dell’informazione, oggi (per chi legge) lei presenterà a Roma, con l’ad di Sky Andrea Zappia, il documentario Firenze e gli Uffizi 3D/4K – Viaggio nel cuore del Rinascimento. “A lavorare sono loro, e bene. Il Mibact li sostiene convintamente: Sky, Rai, Mediaset, la tivù cinese o russa che sia, perché contribuiscono a valorizzare i nostri tesori. E sbaglia chi parla di commercializzazione, profanazione… io ho perfino liberalizzato le foto nei musei: se uno immortala un capolavoro, e poi lo posta su un social network, non fa che aiutarci”.

 

A proposito di profanazione, c’è la questione dei nostri magazzini stracolmi di tesori negletti. E capita che i musei più grandi nascondano statue uniche e neghino il prestito ai più piccoli musei dei luoghi in cui il reperto è stato rinvenuto. Come nel caso di Ugento contro Taranto per la statua di Zeus folgoratore. Ci sto scrivendo una pagina. “Bisogna aprire i depositi museali e creare nuovi musei per ospitare i reperti, è una mia storica battaglia. Leggerò di Ugento, perché penso che molte cose debbano tornare nei luoghi di provenienza. Il Cratere di Eufronio, per esempio, ora in prestito a Cerveteri, dovrebbe restare lì”.