Angelino Alfano (foto LaPresse)

La centralità di Alfano (?!?)

Morire è un po' partire. Alla fine, dalla cuccia di Ncd si fatica a staccarsi

Salvatore Merlo
Schifani resta per ripicca su Quagliariello che invece va. Prebende e incarichi, la commissione di Formigoni. I calabresi. I “totus tuus” di Renzi e Boschi

Roma. E Renato Schifani praticamente se n’era già andato, stretta la mano agli amici, preso cappello, ciao ciao, ad agosto aveva persino fatto il bagno a Villa Certosa, con il Cavaliere, che manco a dirlo era felice di ospitarlo, lui e Nunzia De Girolamo: “Caro Renato, per te qui c’è sempre posto”. E insomma era tutto pronto per la rentrée in Forza Italia. Ma poiché Ncd è una rete intrecciata di inutilità e ferinità di rapporti, quando Schifani si è accorto che il suo nemico Quagliariello se ne stava andando lui, e per primo – bisogna sapere che in Ncd sono in quattro ma hanno otto correnti – allora l’ex presidente del Senato ha provato un tale disagio, un tale scontento, che alla fine ha cambiato idea. E dunque, rivolto ai suoi due ultimi e (quasi) fedelissimi,  il senatore Azzollini e il senatore Esposito: “No, francamente adesso non è più possibile. Restiamo qua, mi spiace. Vediamo più avanti”.

 

E il fatto è che da Ncd, partito arrivato a un tale livello di autosfiducia che se fosse una qualsiasi attività commerciale avrebbe già chiuso, se ne vorrebbero andare via tutti. Ma alla fine, per un motivo o per un altro, non se ne va via nessuno, o quasi. Persino la scissione annunciata da Quagliariello a Palazzo Madama,  in realtà, convince soltanto i senatori Compagna, Sacconi e D’Ascoli. “Io? No io non me ne vado, per adesso… Me ne vado il 15 novembre”, spiega il senatore Augello. E insomma tutti sbuffano, s’impegnano in puntigliosi litigi, in un riuscito contrappunto di malinconie e di lamenti, eppure nessuno si muove, nemmeno la zampettante senatrice Fabiola Anitori, già passata da Beppe Grillo ad Angelino Alfano un mattino di dicembre.

 

Ma farsi un giro tra i banchi del gruppo parlamentare del Senato, lì dove la maggioranza balla e il governo trema è molto istruttivo: significa scoprire i numeri più godibili, più spettacolari e strabilianti. C’è per esempio il senatore Antonio Gentile, calabrese, capo carismatico di quella che tutti chiamano “cordata della soppressata”. Ebbene anche Gentile vorrebbe mollare, da mesi non fa che ripeterlo, se ne vorrebbe andare con i suoi conterranei, i senatori Aiello e Bilardi – quest’ultimo molto noto in Calabria per la faccenda di un certo televisore  Lcd acquistato con i soldi della regione, e chissà come finito a casa sua – ma alla fine ha deciso: “Quando mai? Non me ne vado per niente”. E d’altra parte è imminente la sua nomina a sottosegretario. E tra i senatori-sottosegretari c’è già Simona Vicari, siciliana, passata da Schifani direttamente in quota Renzi (nei confronti di Renzi e di Maria Elena Boschi ha fatto proprio il motto di Giovanni Paolo II: totus tuus), assieme a Federica Chiavaroli, un tempo in quota Quagliariello, senatrice da sempre molto impegnata a difesa dei diritti civili: a settembre dell’anno scorso presentò, assieme ai colleghi Esposito e Laura Bianconi, un ordine del giorno in cui si chiedeva di “estendere il vitalizio anche in caso di scioglimento anticipato della legislatura”. Non si sa mai.

 

[**Video_box_2**]E dunque, anche se sono in contrasto gli uni con gli altri per motivi che, nella loro labilità, non sono ben in grado di ricordare da un giorno all’altro nemmeno loro – epica la quasi scazzottata Lupi vs Quagliariello la sera di giovedì 24 luglio 2014 – e malgrado il partito abbia col tempo subìto una regressiva metamorfosi, avviandosi a diventare portineria, ombrellone, scompartimento di treno, panchina di giardino pubblico, se non caverna, malgrado tutto, insomma, tutto si tiene. Anche Roberto Formigoni da un paio di giorni ha riscoperto l’orgoglio: “Guardate che io sono un fondatore di Ncd”. D’altra parte è presidente della commissione Agricoltura. Incarico già scaduto, ma da rinnovare. E infatti non pochi respingono le avances di Verdini: lui non è in maggioranza (non ufficialmente), dunque niente commissioni, e niente sottosegretari. Così Alfano può legittimamente rivendicare, intervistato da Repubblica, che “Renzi fa quello che diciamo noi”. Ed è un po’ come la barzelletta del topolino e dell’elefante che corrono insieme nella foresta, tra alberi che volano e polvere che si solleva da terra. Dice il topolino all’elefante: “Minchia, hai visto che gran casino stiamo facendo?”.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi erasmiana a Nottingham. Un tirocinio in epoca universitaria al Corriere del Mezzogiorno (redazione di Bari), ho collaborato con Radiotre, Panorama e Raiuno. Lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.