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Le unioni civili sono un errore culturale che non difende i diritti dei gay

Paolo Cirino Pomicino
Quando si parla del mondo della omosessualità si finisce sempre per dare fiato a una confusione culturale sulla quale, poi, si innesta la polemica politica. La confusione più grande la partorisce proprio il mondo gay predicando una “uguaglianza” sotto tutti i punti di vista con il mondo eterosessuale

Quando si parla del mondo della omosessualità si finisce sempre per dare fiato a una confusione culturale sulla quale, poi, si innesta la polemica politica. La confusione più grande la partorisce proprio il mondo gay predicando una “uguaglianza” sotto tutti i punti di vista con il mondo eterosessuale. Per dirla in breve quel mondo gay criminalizza la propria diversità rinnegandola sotto l’alibi dell’uguaglianza dei diritti, salvo, poi, esibirla in maniera lussureggiante nei tradizionali cortei dei gay pride. Una confusione, dunque, tra diversità e uguaglianza dei diritti che nasce da un rovinoso retaggio del Novecento. In quel secolo “breve” pieno di progressi e di follie, la diversità veniva messa all’indice e criminalizzata sino alla emarginazione e alla persecuzione. Gli zingari, i negri, i disabili, gli ebrei, per non parlare delle diversità religiose, finivano per essere discriminati e privati dei diritti più elementari anche nelle democrazie più evolute come quelle degli Stati Uniti, dove Martin Luther King dovette fare una battaglia senza quartiere contro la discriminazione razziale pagando con la propria vita, l’inizio della fine di quell’orrore. Questo retaggio novecentesco per il quale la diversità era sinonimo di emarginazione è l’elemento di fondo che spinge il mondo gay a predicare una uguaglianza che non c’è in una èra in cui i diritti sembrano aver intrapreso la strada della definitiva vittoria.

 

Quasi tutti difendono la biodiversità del pianeta e la esigenza di tutelarla così come, sul terreno della politica, la diversità è il cuore della democrazia a fronte di una grigia omologazione che precede quasi sempre uno sbocco autoritario. Oggi in tutti i campi la diversità è ritenuta una ricchezza, dal mondo della scienza a quello della politica, da quello dell’istruzione e formazione a quello religioso sul quale ultimo resistono sacche di intolleranza, in particolar modo nel medio oriente. La difesa della diversità non deve presupporre diversità di diritti, salvo, naturalmente, quei diritti-doveri impraticabili per la stessa diversità che si difende. E ci spieghiamo. Tutti i diritti naturali della persona devono essere rispettati e anche i diritti civili costruiti da una società democratica. Ci riferiamo ai diritti sanitari, di successione, pensionistici, patrimoniali e via di questo passo. Per essere ancora più chiari: a una coppia omosessuale questi diritti vanno garantiti. Non possono essere garantiti il diritto alla procreazione fino a quando l’evoluzione della specie non lo consentirà. Questo mancato diritto è strettamente legato a quella diversità che deve essere difesa alla stessa maniera della eterosessualità che rischia, al contrario, di diventare essa la diversità da emarginare. E’ una esagerazione, naturalmente, la nostra ma serve solo a sottolineare l’errore culturale di chi pensa di difendere il diritto degli omosessuali omologandoli agli eterosessuali anche nel rito della unione e della convivenza. Scimmiottare la liturgia del matrimonio tradizionale nelle unioni civili è l’emersione di quel sentimento profondo che alligna spesso nell’inconscio del mondo gay terrorizzato da un lungo passato di sofferenza dei “diversi”.

 

[**Video_box_2**]La stessa cosa vale per l’adozione dei figli. E’ fuor d’opera che un figlio naturale di un convivente con un omosessuale possa beneficiare di qualcosa dato dal compagno del padre o dalla compagna della madre, ma altra cosa è l’adozione così come è descritta nel codice civile per i figli di una coppia eterosessuale. L’omologazione alla tradizionale adozione non rispecchia la diversità della coppia che va, invece, riconosciuta e tutelata ma con altre norme nel codice civile, rispettose esse stesse di quelle diversità che arricchiscono l’umanità dolente senza violentarla con una forzosa omologazione. Sarà difficile che un Parlamento in cui larga parte dei membri, non essendo stati eletti, non sanno cosa significa il rapporto stretto con i bisogni, le speranze e le sofferenze di una comunità civile possa ragionare serenamente tutelando a un tempo le diversità e i diritti connaturali alla diversità stessa ma, come si suol dire, la speranza è l’ultima a morire.

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