Il Campidoglio (foto LaPresse)

In che senso Roma, dopo Marino, può diventare la Capitale del Nazareno

Claudio Cerasa
Non sappiamo come andrà a finire ma sappiamo che in primavera si voterà a Roma. C’è un tema cruciale e che ci sembra interessante, che riguarda il bivio di fronte al quale si troveranno presto centrodestra e centrosinistra. Da che parte guardare?

Un patto del Nazareno a Roma? Perché no. Non è ancora il momento delle scelte, di strada da fare ce n’è molta, di margherite da sfogliare ce ne sono a bizzeffe, le elezioni sono ancora lontane, e poi chissà Marino cosa vuole fare, bisogna vedere se le dimissioni sono protocollate, se il passo indietro è solo un modo per nascondere un passo in avanti e chissà quante ne vedremo ancora nello spassoso e melmoso marasma della nostra capitale. Non sappiamo dunque come andrà a finire ma sappiamo che in primavera si voterà a Roma e anche a costo di portarci avanti con il lavoro c’è un tema cruciale e che ci sembra interessante, che va messo a tema e che riguarda il bivio di fronte al quale si troveranno presto centrodestra e centrosinistra. Da che parte guardare? Premessa e svolgimento.

 

La tentazione di tutti i leader che dovranno fare i conti con la ricomposizione del mosaico romano sarà quella di costruire una candidatura finalizzata a raggiungere un obiettivo che suona più o meno così: non tanto vincere Roma quanto evitare di perdere con Grillo. La storia la conoscete tutti e, anche se somiglia molto a una leggenda metropolitana, avrà un suo peso sicuro nella selezione della classe dirigente che verrà schierata in campo per trovare un sostituto di Marino: occhio, eh, che se qui non si fanno le cose per bene vince un grillino, a Roma. I grillini, si sa, sono sempre imbattibili fino a quando le sezioni non vengono scrutinate e per pietà non diremo che anche alle ultime elezioni in cui avrebbero dovuto conquistare l’Italia (primavera 2015) alla fine su ventuno capoluoghi di provincia al voto il numero di grillini arrivati al ballottaggio ha coinciso con il numero zero. Roma è una città diversa, certo, in cui la retorica sulla mafia che mo ce magna tutti rischia di creare agli occhi degli elettori un contesto non diverso da quello che si sperimentò qualche anno fa a Parma dopo il crac delle amministrazioni precedenti ma se c’è un errore che potrebbe essere commesso nei prossimi mesi da centrodestra e centrosinistra per affrontare questo percorso a ostacoli quell’errore sarebbe mettere in campo una candidatura capace di conquistare i voti grillini. In pratica, un altro Ignazio Marino. Se ci fosse invece in circolo un po’ di acume politico non sarebbe difficile capire che lo scenario che si presenta di fronte agli elettori è uno scenario in cui l’unico profilo che potrebbe risultare vincente è un candidato che in un ipotetico ballottaggio possa essere votato tanto dal centrodestra quanto dal centrosinistra – a meno di non voler fare una bella campagna elettorale a colpi di vaffanculo facendosi dettare l’agenda dai Di Battista e dalle Taverna.

 

[**Video_box_2**]La scelta è semplice, lineare e la potremmo sintetizzare così: al centrodestra serve un candidato che sia votabile dal centrosinistra e al centrosinistra serve un candidato che sia votabile dal centrodestra. Intendiamoci: non si tratterebbe di presentare un candidato unico per Pd e Forza Italia, non esageriamo. Si tratterebbe di rendersi conto che, in un contesto politico martoriato in cui forse solo una Troika guidata da Wolfgang Schäuble e Rudolph Giuliani potrebbe rimettere le cose a posto, inseguire il grillismo sarebbe quello sì un modo per consegnare la Capitale d’Italia a un clone di Ignazio Marino. L’era dei sindaci moralisti, girotondini, giacobini, benecomunisti, l’era della politica, soprattutto di sinistra, nostalgica dei governi di cambiamento, degli spiragli con Grillo, delle limonate con Casaleggio, la si può archiviare anche così. E Roma ha tutte le caratteristiche per dimostrare ancora una volta che il grillismo è un fenomeno effimero che si combatte non presentando replicanti del populismo ma provando a guardare un pochino più avanti. Rendendosi conto che il modo migliore per conquistare voti di protesta non è quello di inseguire la protesta ma è quello di offrire una prospettiva di governo. E chissà che sia Renzi sia Berlusconi non si rendano presto conto che Roma ha tutte le caratteristiche per diventare la Capitale del Nazareno.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.