Giorgia Meloni alla chiusura della campagna elettorale di Gianni Alemanno alle Comunali del 2006 (foto LaPresse)

An, i vecchi e la grande bambina

Alessandro Giuli
De minimis, d’accordo. Eppure qualcosa da notare c’è, nella vicenda degli ex finiani che si sono contesi le ricche spoglie patrimoniali della Fondazione An.

De minimis, d’accordo. Eppure qualcosa da notare c’è, nella vicenda degli ex finiani che si sono contesi le ricche spoglie patrimoniali della Fondazione An. Lo sconfitto è Gianni Alemanno, che ha tentato di convertire i beni di famiglia nel combustibile finanziario di una nuova avventura partitica. Alle sue spalle, è opinione comune, incombeva l’ombra di Gianfranco Fini e dunque l’ineluttabilità dell’insuccesso, malgrado le premesse della vigilia inclinassero in altra direzione (Alemanno è un politico amletico ma un bravo galvanizzatore, sia pure ammaccato dal tempo e dalle procure ostinate). I vincitori sono riconducibili a un fronte eterogeneo: Altero Matteoli e Maurizio Gasparri, ovvero gli ex colonnelli rimasti a guardia di una destra latente e tutta interna al giardino spelacchiato ma vivo del berlusconismo; e Giorgia Meloni (con Ignazio La Russa più defilato), ovvero l’ex front-girl di una destra che non è stata, immaginifica e sognante, oggi asserragliata nel recinto identitario e vagamente anti sistemico dei Fratelli d’Italia, il cui peso elettorale non è nullo ma dà ancora l’immagine di un fenomeno poco più che rionale.

 

In sintesi: berlusconiani e anti berlusconiani di destra hanno fatto blocco per mettere in minoranza un disegno scaltro e modesto, il tentativo di rimpannucciare un minimo di potere attrattivo grazie alla discreta riserva economica disponibile. Meglio così, forse. Ma tra vincitori e vinti resta un deserto in mezzo, uno spazio infecondo da irrigare d’idee e volti nuovi. Senza rinnegare la lapide sotto la quale è giustamente seppellito un mezzo secolo abbondante di post fascismo, magari scrivendoci sopra qualcosa di diverso dal “che fai mi cacci?” finiano. Senza ripetere gli errori patologici di un mondo che ha inoculato il virus catacombale del frazionismo nel malnato e presto deceduto Pdl. E senza illudersi di poter fare i vaghi, riverniciando in fretta e furia il proprio curriculum nella mal riposta illusione di riuscire a dimostrarsi estranei al ventennio spericolato e fin troppo sdoganante effigiato dal Cav. Insomma con i colonnelli, oltre i colonnelli; con il berlusconismo, oltre il berlusconismo; con Giorgia M., oltre Giorgia M., e via così. Sul Foglio abbiamo certificato da tempo la morte della destra, di quella destra, sconsigliando d’improvvisare sedute spiritiche. Nulla vieta di concepirne una migliore. Sempre se lo si voglia.