Gianluigi Paragone

L'allegra brigata complottista e no-Merkel di Gianluigi Paragone & Co.

Marianna Rizzini
Germania tiè, il caso Volkswagen secondo “La Gabbia”

Roma. Uno spettro anti-Merkel s’aggira per i teleschermi, e ha assunto le sembianze di Gianluigi Paragone, conduttore psichedelico (basta guardare le sue scarpe) della “Gabbia”, talk-show in onda il mercoledì sera su La7. Si dà il caso, infatti, che da quindici giorni, complice il caso VolksWagen, nell’arena della trasmissione dove gli ospiti stanno in piedi per tutto il tempo, ci si rallegri a dismisura per quella che è stata chiamata, nella puntata del 23 settembre, “la caduta degli dei” (titolo “Germania kaputt”) e nella puntata del 30 settembre “l’avvertimento” (Giulietto Chiesa dixit) o anche “il pizzino” americano all’indirizzo dei tedeschi, la cui “malafede in partenza” nessuno si aspettava, dice Paragone e dicono in sostanza quasi tutti gli ospiti, eccezion fatta, ovviamente, per il tedesco in Italia Tobias Piller, il corrispondente della Frankfurter Allgemeine Zeitung che dal 1992 a oggi ha seguito l’eclissi della Prima e della Seconda Repubblica e la nascita della Terza, ma che ancora veste come un personaggio dei “Tenenbaum” di Wes Anderson e ancora (per vezzo?) dice “kvando” invece di “quando” e “kvesto” invece di “questo”.

 

Se ai tempi del governo Monti il ruolo di Piller era quello dell’esegeta della Germania-giudice, chez Paragone Piller diventa il co-accusato: ma come, non hai detto che questa per la Germania è anche “un’opportunità”? “Caro Tobias, tu stai facendo quadrato”. Perché la soddisfazione, a “La Gabbia”, in questi giorni, è quella di vedere nella polvere “la maestrina”, come chiama la Merkel il signor “Nessuno”, misterioso editorialista in quota “castigatore di poteri forti”: ora vi spiego io, dice Nessuno, e vi dico che dietro al caso Volkswagen c’è l’America che ha voluto “punire” Merkel “l’arrogante”: finiscono nello stesso calderone dell’editoriale i trattati commerciali con l’Asia, Vladimir Putin, gli Ogm, le bistecche gonfiate e Barack Obama, e per chi non avesse capito arriva Giulietto Chiesa a dire che sì, lo scandalo VW è una “punizione politica” per la Germania e per l’Europa che osano avere rapporti con Putin anche dopo il “golpe” americano in Ucraina. Certo che vedo un complotto, dice Chiesa, altresì convinto che “se non sei complottista” non sei un giornalista ma “un passacarte” (il povero Piller prova a contestare, con sguardo sempre più fisso dietro agli enormi occhiali anni Settanta, ma non c’è modo di fermare Giulietto). Complotto!

 

[**Video_box_2**]“Germania volevi insegnarci a vivere con lezioni di correttezza e rigore? Tiè!”, è il concetto ribadito attraverso innumerevoli declinazioni del medesimo “kaputt” (da una puntata all’altra). C’è l’ex europarlamentare di Forza Italia Lucia Ronzulli che chiama la Merkel “regina dei tarocchi” (auto taroccate), e c’è Beppe Grillo intervistato come profeta (l’aveva detto, lui, nei suoi spettacoli del 1995 e del 2007, che la soluzione era “il vapore acqueo”, e dunque può ben sfoderare l’immagine dell’automobile come una “vecchia” di centododici anni e “una ventina di lifting”, che però resta pur sempre “una vecchia”). Paragone d’altronde l’ha detto nell’editoriale di apertura: la macchina è una prigione. Maddai?, pensano i telespettatori romani alle prese con la minaccia dell’ennesimo sciopero Atac, ma non si fa in tempo a trasecolare che arriva Dado, l’attore comico che quando intona strofe goliardiche sulla Merkel fa smorfie da creatura crepuscolare de “Il racconto dei racconti” di Matteo Garrone. Anche annunciato al raduno a Cinque stelle di Imola (17 e 18 ottobre), Dado alla “Gabbia” rifà in chiave anti-tedesca “Bibidibobidibù”, la canzone della fatina di Cenerentola: “Magicabula che paracula / l’auto con la doppia w/ fa la magia tutto quel che vuoi tu / e il gas non inquina più… / undici milioni le auto truccate dalla Germania al Perù / quando la Merkel è apparsa in tv / era immersa nella pupù…”. Ma il peggio arriva quando Dado butta lì la battuta sulla Germania che “prende sempre tre gol dall’Italia” e fa “cazzate con i gas”. Il pubblico ride come mai aveva riso, in uno studio tv, ai tempi di Berlusconi e della mitica battuta all’Europarlamento su Martin Schultz: “Kapò”. E quando Piller riappare in video, a malapena ha la forza di dire “io mica devo difendere per forza la Volkswagen”. Kaputt.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.