Fabrizio Cicchitto (foto LaPresse)

Cicchitto I Love You

Alessandro Giuli
Fabrizio Cicchitto è un compagno che sbaglia, d’accordo tutti, ma guai a chi ce lo tocca. Il suo ritratto davvero sgraziato letto ieri sul Giornale è soltanto l’ultima goccia di fiele gratuito che cola su di lui.

Fabrizio Cicchitto è un compagno che sbaglia, d’accordo tutti, ma guai a chi ce lo tocca. Il suo ritratto davvero sgraziato letto ieri sul Giornale è soltanto l’ultima goccia di fiele gratuito che cola su di lui, “superstizioso”, “grigio” e “timido catastrofista”, uno che ha sbagliato tempi e modi d’ogni sua affiliazione (massoneria compresa) e che nelle sue “mille vite di perdente di lusso”, da Craxi a Renzi passando per Berlusconi, in definitiva “si porta jella da solo”. Ammesso che sia vero, e non lo è, bisognerebbe averlo in simpatia anche soltanto per questo. E invece lui oggi cade vittima di tanta immeritata brutalità per via d’una sbandata giovanilistica che a un quasi settantacinquenne come lui si può e si deve perdonare.

 

Travaglieggiare su Cicchitto, cioè insultarlo da destra, dirne male così all’ingrosso, in questa maniera retrospettiva e grevemente liquidatoria, e sul giornale berlusconiano per giunta, significa convalidare l’idea che i conservatori italiani sono un esperimento fallito, annegato nell’inconcludenza, nella baruffa fra i cassonetti del rancore, con una coda ridicola di zdanovismo rionale. Sappiamo benissimo che l’ex lombardian-berlusconiano Cicchitto non è D’Annunzio che vira a sinistra e dice “vado verso la vita”. Ma con lui il processo sommario per tradimento, la reductio ad Finim, proprio non funziona. Anzi l’ex capogruppo di Forza Italia ha compreso per primo che l’ibridazione con Alleanza nazionale avrebbe inoculato nel nascente Pdl, e in forma non reversibile, il virus catacombale del frazionismo neofascista. Ed è stata la sua intelligenza critica, mal placée ma colta e inascoltata, e non certo la prospettiva di un futuro migliore, a suggerirgli d’intrupparsi nel mondo senza quid di Angelino Alfano. Abbiamo scritto righe sanguinarie, qui, sul Nuovo centrodestra, e altre ne seguiranno fino all’imminente scadenza del partito ministeriale arrangiato dall’ex fotocopista di Berlusconi, eppure qualche grammo di discernimento proviamo a conservarlo.

 

[**Video_box_2**]Anni fa, firmato da Stefano Di Michele, il Foglio pubblicò un magnifico ritratto parallelo di Fabrizio Cicchitto e Sandro Bondi (“Bonditto e Ciccondi” li chiamava lui) ovvero i due amministratori principali di un patrimonio politico e parlamentare che nel tempo è stato dissipato dal Cav. e dai suoi pessimi, vanitosi e improvvisati consiglieri. A chi, insieme con Bondi e Cicchitto, ha amato e sostenuto il berlusconismo delle origini come fenomeno di rottura incomparabilmente superiore alla sua più recente degenerazione, e alla tirannide ideologica dei suoi avversari catto-azionisti (semplifico), bisogna concedere senza retropensieri il diritto di prendere congedo dall’uomo per non rinnegarne l’opera incompiuta. L’approdo di mezzo è stato senz’altro cieco (Alfano), quello terminale (Renzi) chissà. Ma non c’è nulla che possa giustificare l’esecuzione derisoria di Cicchitto, compagno che sbaglia.

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