Il senatore Mario Mauro (foto LaPresse)

Quelli del Santo Gal, la variabile determinante sul Senato

Mario Sechi
La riforma appesa al gruppo delle Grandi autonomie e libertà. Mappa culturale dei responsabili che sempre galleggiano e sempre decidono. E’ il gruppo costituito da undici senatori che in queste ore decidono se dare o no il loro disinteressato contributo al governo nel voto sulla riforma del Senato.

La politica è come un racconto medievale, i cavalieri si siedono alla tavola rotonda con Re Artù, discutono sui problemi del regno, ma un posto resta scoperto: è il seggio periglioso, riservato da Merlino a colui che scoprirà il Santo Graal. Bene, nella versione italica del ciclo arturiano, quel posto è occupato direttamente dal Santo Gal. E’ il gruppo delle Grandi Autonomie e Libertà, costituito da undici senatori che in queste ore decidono se dare o no il loro disinteressato contributo al governo nel voto sulla riforma del Senato. I “galisti” sono navigati parlamentari che sanno come fare e disfare i gruppi in Parlamento, quando e come si armano scialuppe di salvataggio – perché a volte il naufragio è meglio del salvagente – e soprattutto sanno come diventare rentier politici in un’assemblea balcanizzata. Non è certo colpa loro se i partiti si sfarinano, i “galisti” al massimo contribuiscono allo sfaldamento, ma in realtà preferiscono chiamarsi “responsabili”, “per la stabilità” e se non statisti, certamente sono buoni statistici. Calcolano certezze e le sommano alle probabilità. Quasi sempre fanno bingo.

 

Il gruppo ha dentro un po’ di tutto, c’è l’ex ministro della Difesa Mario Mauro, c’è l’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti, c’è l’esperto nocchiero Mario Ferrara, in carriera parlamentare da 16 anni e 134 giorni, ci sono gli ex grillini Bartolomeo Pepe e Paola de Pin, ma è soprattutto la presenza del lesto e simpatico Paolo Naccarato ad assicurare la competenza di manovra in fase di navigazione, quella dose di cossigheria necessaria per poggiare e strambare, orzare e virare. Nel conto della transumanza parlamentare il Gal ha guadagnato sedici senatori e ne ha persi quattordici, al pallottoliere fa più due e dunque si può essere soddisfatti perché al momento opportuno – arriva sempre, è arrivato – i senatori del Gal pesano più di quanto contano e contano più di quando pesano. Sono in undici, ma in queste ore sembrano la Grande Armée napoleonica. Il Parlamento italiano in questa legislatura ha già frantumato tutti i record: 108 deputati e 110 senatori hanno cambiato gruppo e siamo appena a metà del percorso. Il Gal ha un software di galleggiamento ultrasofisticato, ma non è altro che una sigla di un’ampia e variopinta compagnia di giro. Se levate la “g” iniziale ottenete Al, cioè l’Alleanza nazionalpopolare appena costituita da Denis Verdini (fase scialuppa) che conta dieci senatori: c’è il pirotecnico presidente Lucio Barani, in Parlamento da 9 anni e 142 giorni, c’è Giuseppe Compagnone, che fa il tesoriere del gruppo ed è un esperto di “voti ribelli” avendone collezionati 2.356 in dissenso dal gruppo di appartenenza.

 

[**Video_box_2**]Finisce qui? Siete degli inguaribili ottimisti. Eravate a conoscenza dei Conservatori riformisti italiani? Eppure esistono, sono altri dieci senatori con i quali bisogna pur fare i conti, vengono quasi tutti da Forza Italia, qualcuno ha fatto un pit-stop a Gal o in Scelta Civica e ora come una testuggine romana difendono la posizione in Senato. Blasonatissimo è il gruppo per le Autonomie, sono diciannove, e tra gli iscritti ci sono gli ex presidenti della Repubblica Giorgio Napolitano e Carlo Azeglio Ciampi, sono come i caschi blu dell’Onu, osservano le crisi e ogni tanto intervengono tra i belligeranti per ottenere una tregua. C’è poi il gruppo del Compagno Alfa (Alfano) che di nome fa Area Popolare e conta 35 senatori. Serve infine una visita al gruppone del Misto dove sono in trenta e molti so’ compagni di Nichi ma che stai a di’ (Vendola). Siamo in presenza di un fenomeno geologico potente, la frammentazione della crosta senatoriale che produce terremoti politici, rimpasti, cambi di maggioranza. Ecco, tutto questo con la riforma del Senato ci sarà una volta per tutte risparmiato. Ultima nota. Palazzo Chigi stamattina ha smentito questa frase attribuita a Renzi: “Chiudo il Senato e ne faccio un museo”. Peccato, era una grande idea.

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