Matteo Renzi incontra il Primo Ministro giapponese Shinzo Abe a Tokyo (foto LaPresse)

SamuRai

Mario Sechi
Dal Giappone un solo messaggio, si va avanti finché si chiude. Ma la riforma è questione di bilancini. Chi ha esperienza di questi riti iniziatici, fa notare che quando il nuovo cda si insedierà, non essendo approvata la nuova legge, dovrà valutare il mantenimento di quella delibera oppure dovrà optare per il “richiamo” di tutte le deleghe al consiglio.

"Ancora tu? Sechi, come te lo devo di’: qui non succede gnente”. Clic. E’ vero, sta succedendo tutto, o quasi, in Giappone. Da una parte Shinzo Abe e Matteo Renzi e dall’altra i membri della commissione di Vigilanza Rai. “Er fuso non aiuta” dice un consigliere democratico. L’asse Roma-Tokyo, sempre problemi con il Sol Levante. Telefonate, ordini, contrordini, dietrofront e avanti march! In queste ore va in onda SamuRai. Con una sola certezza: “Si va avanti a oltranza, finché non si chiude”. E’ in corso lo studio della “scienza dei resti” e il Pd cerca il “doppio forno”, un accordo sulla presidenza Rai con i pentastellati e non l’opzione secca con Forza Italia. Operazione complicata, visto che sul partito di Grillo è arrivata la mannaia del riequilibrio in commissione: perderà un consigliere e scenderà da 6 a 5 componenti, sufficienti per eleggere un proprio candidato al cda, ma con qualche mal di pancia. La nomina dei consiglieri Rai è arte di ricamo e uncinetto, esercizio di lentezza e rapidità simultanea. Ti distrai un attimo? Hai perso la poltrona. Cosa serve alla Rai ora passa in secondo piano. D’altronde, come dice un navigato commodoro di Viale Mazzini “non è che c’è un master per diventare consiglieri della Rai”. Vero, ma serve un cda che abbia un mix di competenze editoriali, finanziarie e strategiche. I neo consiglieri dovranno subito sciogliere un nodo: le deleghe al direttore generale e al presidente. Quello uscente ne attribuì parecchie a entrambe le figure. Chi ha esperienza di questi riti iniziatici, fa notare che quando il nuovo cda si insedierà, non essendo approvata la nuova legge, dovrà valutare il mantenimento di quella delibera oppure dovrà optare per il “richiamo” di tutte le deleghe al consiglio.

 

Le ragioni? Non è detto che la nuova legge venga approvata con il teletrasporto di Star Trek. E la ripartizione chiara dei poteri tra il dg, il presidente e il cda è essenziale per far funzionare la Rai. Sarà questo il primo atto politico rilevante del nuovo consiglio.

 

Il cda uscente ha lavorato sulla finanza e sul controllo di gestione, il bilancio è in utile, ha ridotto dieci anni di ritardo tecnologico con la concorrenza (leggere Mediaset e Sky), ma i palinsesti restano il passaggio critico. L’età media dei telespettatori Rai è troppo alta, 57/60 anni, il pubblico giovane è missing in no action, deve essere sviluppata una piattaforma di offerta internet e i dati sul traffico del sito web della Rai sono un memento: basta navigare in Alexa per scoprire che Rai.it viaggia al 103esimo posto in Italia, mentre il sito della Bbc (modello a cui dice di ispirarsi Renzi) è al settimo posto nel Regno Unito (preceduto solo dai titani di internet) e all’83esimo nel mondo. E l’arrivo dell’offerta di Netflix in ottobre, gli assetti di Telecom, l’attivismo di Sky, stanno cambiando lo scenario.

 

La vendita delle quote Rai Way e il collocamento del bond (il primo della sua storia) hanno messo l’azienda nel mare della tranquillità per un bel po’. Merito di Luigi Gubitosi (è il suo campo da gioco) e di un dirigente poco citato ma molto efficace, il capo della finanza e pianificazione di Viale Mazzini, Camillo Rossotto. Chi conosce bene l’azienda assicura: “Sarebbe il perfetto direttore generale di domani, conosce la Rai, non deve perdere un anno a orientarsi qui dentro”. E’ il pragmatico nel magmatico mondo Rai. Il generatore automatico di dirigenti Rai sembra aver scartato le linee interne. E questo poi non è un articolo di toto-nomine e corse clandestine, si finisce per sbagliare.

 

[**Video_box_2**]E’ più interessante annotare sul taccuino le domande che si fanno quelli che la televisione la fanno con quello che c’è a disposizione: un’azienda con molti dipendenti e pochi autori, gente che sa scrivere e fare tv. Perché alla fine, non si mandano in onda le delibere del cda, ma i programmi. La Rai ha razionalizzato i canali tematici, dato un senso a Rai5 specializzandolo sullo spettacolo dal vivo, messo un po’ di ordine nella parte culturale, aperto spazi alla scienza. Ma deve arricchire la programmazione. E in questo rally c’è anche chi sostiene l’idea di ridurre i canali e l’offerta, Rai Light. “Se vuoi dare un senso al canone, deve avere un’offerta larga per agganciare tutti i gusti e le preferenze” commenta un dirigente attento alle ragioni istituzionali del sistema. D’altronde, il canone è sempre cash: pago, compro, vedo. E’ pay anche quello. Ridurre i canali? “Così si tira la volata a Sky, dove sono già bravi da soli” avverte un parlamentare che sa di cosa parla. Vabbe’ che Renzi è in Giappone, ma fare harakiri non è il programma migliore da mandare in onda. Oggi si vota, non fate zapping.

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