Il premier Matteo Renzi (foto LaPresse)

La legittimazione che si morde la coda

Redazione
Per decenni la sinistra l’ha negata al Cav. Ora il Pd la nega a Renzi

"La legittimazione politica di Berlusconi dipende dal suo consenso". Così, più o meno un anno fa, nel pieno del suo vigore, diceva Matteo Renzi, a muso duro, al suo partito che gli rinfacciava di stare ri-legittimando o addirittura resuscitando, col patto del Nazareno, l’Arcinemico. Il Cavaliere, l’alieno politico che mai, in vent’anni, il Pds-Ds-Pd aveva accettato di legittimare come avversario, né tantomeno come interlocutore, e di cui sembrava finalmente aver ottenuto la pelle per via giudiziaria. Del resto, che la legittimazione politica di Berlusconi dipendesse dal suo consenso lo aveva già detto Massimo D’Alema quasi un decennio prima, e lo avevano fatto a pezzi, a sinistra (“inciucio”). La questione base di qualsiasi democrazia dell’alternanza, la questione irrisolta della Seconda Repubblica che ne ha minato alle fondamenta il funzionamento è stata proprio la questione della legittimazione: accettare che due parti politiche, e sociali, in competizione abbiano entrambe la stessa dignità di esistere, competere, governare. Partiti parimenti democratici, senza dover aspettare il benestare di nessuno. Avversari, non nemici. Non uno moralmente valido e l’altro moralmente riprovevole.

 

La questione irrisolta della legittima esistenza politica del berlusconismo è stata per una parte consistente della sinistra una sorta di tana identitaria, una caserma dove stare asserragliata a difesa di se stessa e della propria presunta purezza democratica. Poiché Matteo Renzi tutto questo lo sa molto bene, ha avuto il coraggio di sfidare il Pd sul punto. Perché è anche il suo punto di legittimazione. Ora è paradossale – ma nemmeno troppo – che sia una parte del suo stesso partito a mettere il proprio segretario sotto accusa  per mancata legittimazione (non ha vinto le elezioni, ha vinto “solo” le primarie…), come ha fatto Alfredo D’Attorre, come fanno tutti coloro, a partire da Pier Luigi Bersani, che ora minacciano il Vietnam contro la riforma costituzionale. Motivo sottinteso: Renzi non ha un mandato legittimo, se si azzarda a chiedere soccorso fuori dalla maggioranza, allora decade pure la sua legittimità di leader di sinistra. In ballo, come sempre, c’è la possibilità di funzionare della politica, del Parlamento. Ma la minoranza del Pd dovrebbe sapere che qui c’è in ballo qualcosa di più grave: la sopravvivenza del partito stesso, la sua legittimazione come partito democratico, cioè legittimamente contendibile.

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