Il presidente del Consiglio Matteo Renzi con Ignazio Marino (foto LaPresse)

Perché Roma diventa decisiva per spazzare via i tic della sinistra cialtrona

Claudio Cerasa
Gli scatti che abbiamo visto negli ultimi giorni sono solo il sintomo di un problema più grande, che non riguarda soltanto la Capitale e la sua giunta sgangherata ma tutto quello che c’è dietro quelle foto: quel sistema di inefficienza che da anni contribuisce ad alimentare un apparato clientelare, tipico delle amministrazioni benecomuniste.

Lo vogliono raccontare come uno scandalo muto in cui l’immagine del “degrado” coincide esclusivamente con gli scatti della monnezza buttata per strada, gli autobus sgangherati, le metro che viaggiano con le porte aperte, i bambini inghiottiti dalle trombe dell’ascensore e i consiglieri comunali beccati qua e là a rubare piccoli polli.

 

La storia di Roma e del suo collasso politico la si può raccontare anche così, se si vuole, e si può far finta che il problema degli Ignazio Marinakis siano le didascalie alle foto mandate in circolo come veleno dai giornali di tutto il mondo. Gli scatti che abbiamo visto tutti negli ultimi giorni sono però solo il sintomo di un problema più grande, di una malattia più radicata, che non riguarda soltanto Roma e la sua giunta sgangherata ma riguarda tutto quello che c’è dietro quelle foto: quel sistema di inefficienza che da anni contribuisce ad alimentare un apparato clientelare, tipico delle amministrazioni benecomuniste, che può essere sconfitto solo a condizione che chi governa accetti di essere anche un politico di passaggio, disponibile cioè a prendere decisioni dure, toste e impopolari che potrebbero persino far crollare i sondaggi ma che alla lunga potrebbero salvare una città. Il romanzo di Roma ci interessa per questo e ci interessa perché da ieri la capitale d’Italia non sarà solo il palcoscenico su cui si andrà a distendere il tappeto del Giubileo ma sarà anche lo scenario sul quale il nuovo console di Roma, Renzi, dovrà dimostrare quello che in questi mesi, con il suo partito, non è ancora riuscito a fare come sarebbe stato lecito aspettarsi. La nuova giunta “presentata” ieri da Marino (Marco Causi vicesindaco e assessore Bilancio, gradito da Renzi, Stefano Esposito assessore ai Trasporti, e altre piccole mosse, giro Orfini) è una giunta che segna un passaggio importante in cui l’immagine proiettata sul Campidoglio non è più quella del sindaco in carica ma è quella dei due politici che hanno deciso di commissariare politicamente la città anche a costo di metterci la faccia: Renzi e Orfini, segretario e presidente del Pd.

 

[**Video_box_2**]Il romanzo di Roma è dunque importante perché da qui alle prossime amministrative il Pd potrà dimostrare se è in grado di mettere in campo un modello di governo alternativo all’Italia comunale delle non liberalizzazioni, degli sprechi utilizzati come strumento di controllo sociale, della mano pubblica utilizzata come uno strumento di ricatto politico, dell’inefficienza utilizzata come braccio armato del consenso. Roma è anche questo, non è la monnezza, non è la buca che ti compare in mezzo alla strada, è il simbolo di una gestione politica dissennata che in nome del quieto vivere ha scelto di alimentare un sistema autodegenerativo che ha portato l’attività di produzione dei servizi in mano a società che in mancanza di controlli hanno potuto permettersi di non essere efficienti. Marino si è accorto con appena due anni di ritardo che una società fallita (Atac, 1,6 miliardi di euro di esposizione nel 2014) era effettivamente fallita. E se la nuova giunta a trazione renziana vuole mostrare di essere un esempio virtuoso di lotta al benecomunismo cialtrone può farlo in un modo semplice: portando per esempio al fallimento questa famosa Atac, affidando la Newco a un gestore professionale e aprendo nuove gare per il trasporto pubblico, anche a costo di dover mettere i lavoratori in mobilità. In questi anni, dai tempi della prodigiosa candidatura alla segreteria del Pd (con bacioni da Pittsburgh), Marino è stato un termometro utile per misurare i tic della sinistra luogocomunista: giacobinismo, laicismo, statalismo, ulivismo senza riformismo. Ora che Marino esiste solo per le photo opportunity, Roma diventerà il termometro di un altro fenomeno: la capacità di Renzi di governare il Pd e combattere le inefficienze non solo mettendo su eBay un paio di auto blu. La partita è questa. Che poi Renzi ci riesca è tutto un altro conto.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.