Passeggiate romane

Caccia alla Leopolda

Redazione
Perché, in Parlamento, i nemici di Renzi scommettono di arrivare al 2018 con un altro governo

L’accerchiamento. La situazione per Renzi è più che difficile: è accerchiato. Berlusconi era convinto che il premier potesse dargli quello che finora nessun presidente del Consiglio o capo di stato aveva potuto dargli. Ora spera che questo “qualcuno” sia Salvini. Perciò ha rinunciato a orgoglio, premiership di Forza Italia e quasi a ogni forma di contrattazione per mettersi dietro al leader leghista. Non è più disposto a fare aperture di credito al premier, a meno che Renzi non gli serva su un piatto d’argento la possibilità della vittoria del centrodestra.  Dandogli, in cambio del suo via libera a una riforma costituzionale molto modificata rispetto all’attuale, la revisione dell’Italicum, con la cancellazione  del premio di lista, acconsentendo invece alle coalizioni o agli apparentamenti.

 

Sponda e Quirinale. Su questa stessa linea ci sono anche i bersaniani. E una parte di Ncd che è disposta a mettere in minoranza Angelino Alfano pur di ricreare l’intesa con Berlusconi. Stiamo parlando di forze politiche, FI, un pezzo di Ncd e una parte del Pd che sarebbero pronte a far cadere il governo pur di ottenere i loro scopi. Tanto sono certe di avere la sponda di Mattarella. Dopo non ci saranno elezioni, ma un altro governo che dovrà mettere mano definitivamente alla riforma costituzionale, e a quella elettorale. E gli ideatori di questo ribaltone sono convinti che la maggior parte dei parlamentari, pur di non dover dire addio al loro seggio, sarebbe pronta a votare un governo di emergenza nazionale, con queste forze raccogliticce, in cui la Lega, per ovvi motivi non entrerebbe a far parte, preparandosi alle elezioni che a questo punto sarebbero ovviamente anticipate.

 

Come uscirne? Insomma è questo il trappolone che i nemici di Renzi gli stanno preparando. Il premier lo sa. E sa anche che per lui è difficile uscire dall’angolo. Eppure è convinto ancora di potercela fare, benché tra gli stessi renziani stia montando un certo scoramento. Per questa ragione sta spingendo per accelerare la riforma costituzionale. Perché sa che, sebbene i tempi siano strettissimi, occorre mandarla in porto e preparare una grande campagna mediatica per il referendum consultivo. Per questo motivo, sta temporeggiando sui decreti fiscali. E sta obbligando Tommaso Nannicini, prossimo all’addio a Palazzo Chigi perché ha trovato un posto di prestigio all’Università Bocconi, a spremersi le meningi sul cuneo fiscale.

 

Tasse, now. “Bisogna tagliare le spese e tagliare anche le tasse”, è il ritornello che il premier ripete a ogni piè sospinto, perché sa che solo dalla ripresa passerà la sua possibile rimonta. Altrimenti sarà costretto ad arrendersi alle forze che, dentro e fuori il Parlamento, lo stanno accerchiando, nella speranza di dargli presto il colpo di grazia.

 

Minacce centriste. L’idea di accelerare i tempi del varo della nuova legge sulla Rai rientrava in questo quadro. Occupare dei posti chiave significa prepararsi alla battaglia finale da posizioni di forza. Fino all’altro giorno, Berlusconi aveva dato il suo assenso, ma il leader di Forza Italia è preda di diverse spinte. Da una parte c’è Brunetta che fa il diavolo a quattro e il forza-leghista e che sta facendo di tutto perché nella sua Venezia il neo sindaco non metta in giunta un esponente sia pur vagamente riconducibile al premier. Dall’altra, c’è il presidente dei senatori Paolo Romani che non vorrebbe finire nelle fauci della Lega e frena certi ardori. E poi ci sono le donne che contano: la Pascale e la Rossi. Insomma, un ginepraio in cui Renzi si muove a fatica. Per questo deve fare i suoi calcoli non tenendo da conto Forza Italia. E dando per scontata l’opposizione di una parte della sua minoranza. Ma adesso, all’orizzonte, si profila la nuova grana del Ncd. C’è chi giura che saranno proprio gli alleati più fedeli del premier a staccare la spina al governo per dare vita a un esecutivo di emergenza. Ed è per questa ragione che in queste ore il presidente del Consiglio sta decidendo se giocarsi il tutto per tutto. Anche in politica economica, sforando i parametri, con buona pace di Padoan e dei suoi esperti.

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