Il presidente del Consiglio Matteo Renzi (foto LaPresse)

Passeggiate romane

La strategia di Renzi per contenere gli sgambetti sul modello della scuola

Redazione
A Roma impazzano le voci (senza fondamento) di dimissioni di Nicola Zingaretti mentre il premier sta pensando a un rimpastino a largo raggio.

A Roma impazzano le voci (senza fondamento) di dimissioni di Nicola Zingaretti, dopo l’ultimo filone di indagini di mafia capitale che ha costretto il capogruppo Pd in consiglio regionale del Lazio a rinunciare alla sua carica, ma Matteo Renzi sembra fare finta di niente. Non paiono turbarlo nemmeno le ultime notizie del Senato: quel dieci a dieci in Commissione sulla costituzionalità della legge sulla buona scuola. Lui lo dava per ampiamente scontato. E’ di altro, adesso, che il presidente del Consiglio si sta occupando. Delle cose serie, come le nomine dei vertici della Cassa depositi e prestiti ma anche della bassa cucina che serve ad acquietare i problemi interni al Pd.

 

E’ una sorta di rimpastino a largo raggio quello quello a cui sta lavorando l’inquilino di palazzo Chigi. Dopo aver pensato di mandare Lorenzo Guerini alla guida del gruppo pd della Camera dei deputati, ora il premier ha cambiato idea. Ha capito che quella mossa sarebbe stata interpretata come una punizione per il vicesegretario che tanto si è speso per il partito in questo periodo. Non solo, si è reso conto che un gesto del genere non sarebbe stato preso bene dai sostenitori di Graziano Delrio, che già non hanno preso bene l’allontanamento del loro leader da Palazzo Chigi. Certo, a Delrio è stato dato un ministero di tutto rispetto, come quello dei Trasporti e delle Infrastrutture, ma nessuno può togliere dalla testa dei “suoi” che quello è stato anche il modo per lasciare mano libera a palazzo Chigi agli uomini del “Giglio magico” che ormai governano incontrastati da quelle parti. Perciò meglio lasciare Guerini al partito e mandare alla presidenza del gruppo Ettore Rosato che, peraltro, non è alla prima legislatura, ed è esperto dei meccanismi parlamentari. Inoltre ha un ottimo rapporto con la ministra Maria Elena Boschi, il che per una ministra che si occupa di Riforme istituzionali e di Rapporti con il Parlamento non guasta. Questo non significa che nel Pd non arriveranno nuovi innesti, ma per compiere questa operazione Renzi ha deciso di prendere più tempo e di aspettare il prossimo autunno.

 

[**Video_box_2**]Ad affiancare Rosato, come vice, andrà Matteo Mauri, uno degli esponenti della minoranza che più di ogni altro ha lavorato perché quell’area non si consegnasse mani e piedi a Bersani, ma instaurasse un proficuo rapporto con il presidente del Consiglio, lasciando ai d’Attorre e ai Fassina il ruolo di guastatori. Promozione in vista anche per un altro esponente della minoranza, ex dalemiano di ferro (ma un dalemiano particolare, perché il suo cuore ha sempre battuto per Napolitano) cioè Enzo Amendola. Attualmente il deputato del Pd ricopre l’incarico di responsabile dell’atletica estera del partito in segreteria, tra breve avrà un ruolo di governo alla Farnesina. Un altro modo per dimostrare che la minoranza che dialoga vene premiata e che non è vero, come dice qualcuno, che Renzi vuole annientare gli ex Ds: sia Mauri sia Amendola, infatti, vengono proprio da quel partito. Restano libere le poltrone della Lanzetta, quella del viceministro De Vincenti, che ha preso il posto di Delrio come sottosegretario. Quei posti Renzi conta di giocarseli in una partita più ampia. Da una parte per soddisfare le richieste di Scelta civica che, dopo la decisione della ministra Giannini di entrare nel Pd, non ha più un ruolo importante nel governo, dall’altra per acquietare gli appetiti del Nuovo centrodestra e dividerlo. Del resto Renzi sa che metà di quel partito vorrebbe lasciare il governo prima della legislatura per evitare di essere costretto a fare le elezioni nei panni del cespuglio del Pd. Per questa ragione dividere il fronte del Ncd gli è assai utile. Quanto alle presidenze delle commissioni, invece, la partita potrebbe essere rinviata a settembre, in attesta di capire quanto sia forte l’implosione, che a questo punto il premier non esclude più, di Forza Italia. Dopodiché, avanti marsch, perché secondo il premier il “dialogo va bene”, “prendersi qualche giorno in più sulla scuola anche”, ma “sulle riforme bisogna velocizzare i tempi”.

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