Alexis Tsipras durante il suo comizio in Piazza Farnese a Roma nel luglio del 2014 (foto LaPresse)

Gli Tsipras italiani in Europa un anno dopo, tra Xylella e Swaziland

Marianna Rizzini
Sognare il compagno spagnolo (Pablo Iglesias di Podemos), visto che il compagno greco Tsipras, preso a modello, non ha portato i compagni italiani dritti dritti in Paradiso.

Roma. Sognare il compagno spagnolo (Pablo Iglesias di Podemos), visto che il compagno greco Tsipras, preso a modello, non ha portato i compagni italiani dritti dritti in Paradiso: questo lo stato d’animo nella sinistra in cerca di identità, quella che il 6 e il 7 giugno si raccoglierà attorno alla futuribile “Coalizione sociale” di Maurizio Landini, sindacalista minoritario nel sindacato e al momento pure fuori, e che poi, a fine mese, magari spererà anche nel “Possibile” di Pippo Civati. Vedersi tutti in un centro congressi a Roma: questo l’obiettivo minimo degli speranzosissimi fan di Landini (Paolo Flores d’Arcais in testa, che da MicroMega ora lancia un vademecum per sbaragliare Matteo Renzi “in tre mosse”) e degli orfani sparpagliati di qualsiasi cosa. Orfani dell’avventura bertinottiana, post-bertinottiana, vendoliana (lo “Human factor”, come diceva Vendola, per ora non è pervenuto) e ingroiana, post-grillina, verde e benecomunista (Rodotà-tà-tà). Ma raccapezzarsi nel mare magnum di sigle sommerse che a Landini (e a Podemos) guardano pare difficile, e infatti nessuno vuole farlo: si preferisce pensarsi di nuovo come “big bang”, scioglimento e ricomposizione.

 

Se lo augurava anche l’eurodeputato de “L’altra Europa con Tsipras” nonché firma emerita di Repubblica Curzio Maltese, sull’Huffington Post, qualche tempo fa (“sciogliere tutte le liste di sinistra per far nascere l’alternativa a Renzi”). E però son dolori, non foss’altro per il sostanziale flop, alle Europee 2014, degli “Tsipras” italiani medesimi, fermi al 4 per cento. Ma prima sì che si era vagheggiato lo sfracello altrui, prima cioè nel gennaio 2014, quando era circolato l’appello degli intellettuali (Flores, Marco Revelli, Luciano Gallino, Barbara Spinelli e Guido Viale) che – segno del destino per i landiniani in attesa? – auspicavano, per dirla con il nume tutelare Stefano Rodotà, l’avvento di una “coalizione sociale” per “rinnovare la sinistra”. A suggello di quell’iniziativa, sulla scia della Grecia stregata da Syriza e da quell’Alexis Tsipras che parlava in greco (non in inglese, lingua del capitale) tra i velluti del Teatro Valle occupato, erano arrivati anche i “beautiful” della gauche scontenta dell’andazzo (sempre scontenta, con qualsiasi andazzo), da Nicola Piovani a Sabina Guzzanti a Carlin Petrini. E tutto si tiene: oggi che gli sparuti Tsipras eletti al Parlamento europeo – Eleonora Forenza di Rifondazione comunista, Curzio Maltese e Barbara Spinelli (dimessasi però dalla lista e rimasta come indipendente) – lottano da lontano, contro l’Expo “delle multinazionali”, Petrini lotta all’interno dell’Expo contro “l’opulenza” (nel mondo si muore di fame, è il mantra).

 

[**Video_box_2**]Il buongiorno, comunque, si vedeva dal mattino. Si era passati infatti dalla lotta intestina (garanti inferociti e veti incrociati per dirimere la questione: “Luca Casarini in lista sì o no?”) al fuoco amico verso chi avrebbe dovuto rinunciare al seggio (sempre Spinelli) ma ci aveva ripensato. Quanto a Maltese, presto si era ritrovato alla mercé della rete livellatrice (doveva o no tenersi anche lo stipendio da firma di Repubblica?). E così si è capito che tra il dirsi “coalizione sociale” e il farsi politica vera c’è tutta una strada, anche accidentata, tanto che agli eletti in Europa quasi conviene occuparsi d’altro, per esempio dell’Italia: no a questa e quella presa di posizione renziana, no alla Tav, lotta dura per i precari della scuola. E i temi europei? Sì, ma per combattere i trattati di libero scambio (attenzione a legare “il nostro sistema politico cleptocratico” alle “domande dei mercati”, dicevano gli intellò pro-Tsipras). Dopodiché gli eletti (Maltese e Forenza, attruppati nel gruppo Gue/ngl con tutte le sinistre europee) paiono attirati irresistibilmente dall’interrogativo “il governo Renzi sta contravvenendo alle direttive Ue?” e dallo psicodramma della Xylella (“no all’eradicazione degli ulivi in Puglia”). Dovevano sconfiggere la plutocrazia burocratica, gli Tsipras d’Italia, e però per ora sono fermi, come Maltese, alla proposta di risoluzione comune sullo Swaziland – in difesa di due attivisti per i diritti umani, per carità, eppure le magnifiche sorti e progressive della sinistra da “big bang”, al momento, non paiono ancora così magnifiche (landiniani avvisati).

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.