Silvio Berlusconi (foto LaPresse)

Dopo Silvio? Silvio!

Quanto gode il Cav. a sfogliare la margherita dei suoi successori

Salvatore Merlo
Poiché oltre a essere imprevedibile è anche un po’ sadico, il Cavaliere riceve i suoi cortigiani, e con un sorriso innocente chiede al malcapitato di turno: “Ma tu che ne pensi di Mara Carfagna? E di Tajani? E di Del Debbio, di Del Debbio che mi dici? E di Toti, invece?”.

Roma. Poiché oltre a essere imprevedibile è anche un po’ sadico, il Cavaliere riceve i suoi cortigiani, e con un sorriso innocente chiede al malcapitato di turno: “Ma tu che ne pensi di Mara Carfagna? E di Tajani? E di Del Debbio, di Del Debbio che mi dici? E di Toti, invece?”. Ovviamente il povero ospite, che può essere un capogruppo di Forza Italia, un ex ministro, un deputato di rango, poi esce da Palazzo Grazioli, cellulare in mano, e mette in circolazione i nomi degli improbabili eredi del Sovrano: “Ma lo sai cosa mi ha detto?”. E parte così una catena di ansiose propalazioni, un affannoso gioco del telefono senza fili tra onorevoli e senatori. E come in un film di Fantozzi, cominciano pure a circolare le leggende più assurde, i dettagli più inverosimili, tutto s’ingigantisce, assume forme spaventose: “Nel momento in cui dovesse fare un nome sul serio”, preconizza Gasparri, “qua scoppia la guerra dei Roses. Non vedo Cesari che tornano vittoriosi dalle Gallie”. E ogni nome che vola nell’aria è infatti un trauma e un dolore per la corte impegnata a raccogliere tutti questi indizi di dubbia natura che il Sovrano sparge con ludico cinismo, come le molliche di Pollicino: Marina, Pier Silvio, Barbara, e poi ancora la Carfagna, Toti, Del Debbio, Tajani… E poiché ovviamente lì dentro, in Forza Italia, nessuno sopporta più nessuno, non c’è ipotetico erede che non lasci intravvedere concatenazioni agghiaccianti, miseria, disoccupazione, emarginazione. “A me ha detto che gli piacerebbe avere Maria Elena Boschi”, racconta Vittorio Feltri, ridendo. E ancora nessuno sa cosa dirà il grande capo domani da Fabio Fazio. “Per ora siamo a ‘due o tre eredi’. Ma domenica chissà…”, sorride Deborah Bergamini. “Le vie di Silvio sono infinite”, sussurra Anna Maria Bernini.

 

E c’è pure chi fa il nome di Salvini, anche se Vittorio Feltri, che il mondo della destra lo conosce, scuote il capo e dice che non è possibile, “perché non si può moderare un estremista. Salvini non ha il linguaggio né il lignaggio per fare il capo dei conservatori. E se ci provasse, perderebbe tutti i voti che ha preso finora, che sono i voti degli immoderati. La verità è che Berlusconi non ne ha di eredi. E non ne vuole. Quelli che ci si sono provati, a fare l’erede, lui li ha ammazzati tutti. Dopo aver fatto Alfano segretario, cinque minuti dopo averlo nominato, disse che non aveva il ‘quid’. La verità è che i leader non si scelgono, ma si autopromuovono e si impongono da soli. Altrimenti che leader sarebbero?”. E Marina? “Piuttosto che consegnarle la soma della politica, Berlusconi preferirebbe chiuderla in cantina”. E Toti? “Il centrodestra ha bisogno di un leader, non di un bravo funzionario”. E Tajani? “Non voglio dire cose sgradevoli, anche se dopo aver visto Alfano leader tutto è possibile…”.

 


E infatti in quell’ipogeo brulicante di Forza Italia fermentano manovre, germogliano ambizioni, sogni e incubi d’una corte di nani che s’agita intorno al Gulliver, a Silvio Berlusconi, che ha gettato la bombetta nel mucchio, creando scompiglio: “due o tre eredi”… Con il terrore negli occhi, gli uomini di Forza Italia evitano istintivamente di pensare alle azioni del Capo, come ci si allontana dai bordi di uno stagno dalle acque tenebrose e profonde. Ognuno cerca l’eredità o teme l’eredità, ma tutti scontano un doppio equivoco: l’erede metaforico c’è già. Ed è Renzi, per ribalderia e carisma, per prossemica e ambiguità logica. E poi il Cavaliere un partito non l’ha mai creato, mai voluto. Quattordici anni fa, nel frastuono del Forum di Assago, primo strano congresso di Forza Italia, qualcuno gli chiese: “Chi è il numero due di Forza Italia?”. E lui: “E’ Gianni Letta!”. “Ah, bene. Ma dov’è adesso Letta?”. “Non c’è”. “Anzi, non è nemmeno iscritto”. Il suo epitaffio è “dopo di me il diluvio”. E così: “Ma si sa, si sa chi sono i due o tre eredi che il Cavaliere ha in mente”, dice Gasparri. E chi sono? “Il primo è Silvio, il secondo è Berlusconi, il terzo è Silvio Berlusconi”. 

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.