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Come andranno le elezioni in Liguria? Una guida demografica per capirlo

Roberto Volpi
Una regione diventata ormai un guscio vuoto, dove il livello delle nascite è sceso di un terzo rispetto alla media Ue e gli ultra 85enni sono più dei bambini di un anno di età.
Vecchia conoscenza, la Liguria. Vecchia in tutti i sensi. Praticamente non c’è regione al mondo più malmessa sul piano demografico, praticamente compromessa, destinata all’estinzione. Ma lo sanno, i volenterosi partecipanti alla sfida per le regionali che si approssimano? Dubito. Più cerco una voce della politica capace di fuggire dal “sen” di quella regione, e meno ne trovo. Che la Liguria  abbia già un destino segnato di sterilità, deriva demografica, vitalità biologico-esistenziale allo stremo sembra non interessare nessuno. Peccato, perché saranno costretti a raccontare ai liguri che hanno un futuro, mentre non è vero, non ne hanno nessuno, non a lunga scadenza, dovranno puntare sulla stretta contingenza dei tempi prossimi a venire, in attesa del game over.

 

Esagerato? Pregasi di gettare uno sguardo alle cifre. Un milione e 565 mila abitanti per – nel 2013 – 10,992 nascite e 21,681 morti, due volte le nascite. Ovvero nascite a livelli decisamente sotto la  soglia della sopravvivenza (7 all’anno ogni mille abitanti, un terzo in meno rispetto  all’Unione europea, l’area del mondo con la più bassa natalità) e morti invece ai massimi: 14 all’anno ogni mille abitanti, un dato “monstre” (sono 10 all’anno, in Italia) che non significa che si muore molto in questa regione ma che la sua è una popolazione di vecchi: 240 anziani di 65 e più anni ogni 100 bambini e ragazzi di tra i 0 e i 14 anni, un indice di vecchiaia che è il doppio (il doppio!) di quello europeo. Non è tutto.  Ci sono molti più abitanti nell’85esimo anno d’età che nel primo e addirittura 98 abitanti di 80-89 anni ogni 100 tra i 0 e i 9 anni: gli ultravecchi che avanzano verso il secolo di vita sono numerosi come fantolini e ragazzetti che scalciano dietro un pallone. Per ogni bambino entro i primi 5 anni di vita ci sono 7-8 ultrasessantacinquenni, sette-otto tra nonni  e simil nonni vivi e vegeti (in bocca al lupo, povero bambino, ti meriti un caldo augurio anche soltanto per questa autentica calamità che ti capita tra capo e collo senza che ancora tu abbia fatto alcunché).

 

Basta o no tutto questo per significare che la Liguria non sta andando alla deriva, ma che alla deriva c’è già? La Liguria non è una regione è un reusorio, un’immensa casa per anziani in attesa di un dolce e si spera sereno fine vita. Che sia già da anni in fase catatonica, che l’encefalogramma sia piatto è paradossalmente dimostrato dal fatto che le nascite continuano a diminuire e il divario con le morti a crescere pur quando, come nel 2013, la fecondità femminile sembra mostrare qualche flebile segno di ripresa. Per intenderci, le donne residenti in Liguria hanno mediamente messo al mondo nel 2013 più figli:  1,35 figli per donna, di poco sotto la media nazionale, anche se pur sempre ad anni luce di distanza dalla soglia di sostituzione di 2,1 figli. Il fatto è che in Liguria, (a) il tasso di fecondità è ai minimi livelli da quattro decenni ininterrottamente, cosicché (b) essendosi accumulati da allora numeri assolutamente insufficienti di nascite, ecco che ci sono oggi troppo poche donne in età feconda di 14-49 anni. Ed ecco anche che, se pure tra queste donne si registra qualche (modestissima) ripresa della propensione a fare figli, il numero totale delle nascite continua comunque a diminuire. Una spirale perversa, destinata a durare, dal momento che le donne in età feconda saranno ancora meno in futuro.

 

La Liguria è la controprova che quando le poche nascite restano un fenomeno durevole nel tempo cambiano letteralmente la popolazione, la trasformano in un carapace, un guscio vuoto che attende solo di disseccarsi al sole. Le poche nascite, quando sono davvero poche, e in Liguria lo sono da troppo, non rappresentano soltanto un indicatore della sterilità presente, quella in essere, ma i “preservatori” più scrupolosi, ed efficaci, della sterilità futura, quella che seguirà – a meno che il quadro non venga cambiato radicalmente, ma un cambiamento radicale non è, comunque vadano le cose, un’ipotesi alle viste.

 

[**Video_box_2**]Ho parlato di sterilità, ben sapendo che poche nascite potrebbero non significare niente del genere, giacché si può rinunciare volutamente a fare figli. Ma parliamoci chiaro, in regioni come la Liguria dove il numero medio di figli per donna italiana residente staziona da quattro decenni attorno all’unità, proprio questo è il problema: il sopravvenire di un’area sempre più estesa di rinuncia al figlio o,  in alternativa, di scelta del figlio unico. Un’area, vale a  dire, di sterilità sociale e culturale capace di oscurare quella biologica e di trascinare al fondo, con la sua progressione, qualsiasi comunità.

 

Ed ecco perché la domanda delle domande è allora questa: come si parla a un corpo elettorale che ha un’età media di 53 anni, formato per un terzo di ultra sessantacinquenni e dove una persona su nove è vedova? Dove non ci si sposa e non si fanno figli? Dove i pochi ragazzotti rimangono in famiglia fino a età impensate mantenuti da coppie pensionate?

 

C’è una regione demograficamente spenta e sul viale del tramonto, la Liguria, quanti si propongono alla sua guida sanno almeno che razza di naviglio andranno a comandare?  E verso quali terre dovranno fare rotta?