Ezio Mauro (foto LaPresse)

Ezio Mauro e Renzi in versione ciambella

Claudio Cerasa
Sabato scorso, al Festival della televisione di Dogliani, il direttore Ezio Mauro, intervistato da Lilli Gruber, ha offerto agli spettatori uno spunto significativo che dice molto non solo della linea editoriale di Repubblica ma anche di un preciso modo di sostenere Matteo Renzi.

Sabato scorso, al Festival della televisione di Dogliani, il direttore Ezio Mauro, intervistato da Lilli Gruber, ha offerto agli spettatori uno spunto significativo che dice molto non solo della linea editoriale di Repubblica ma anche di un preciso modo di sostenere Matteo Renzi: non pensarla come lui, come Renzi, ma nonostante questo appoggiarlo lo stesso. Dice Mauro: “Io ho un’idea di sinistra molto diversa da quella di Renzi, ma sospetto che con la mia idea la sinistra non vincerebbe mai mentre con quella di Renzi sì”. Al contrario del fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari – che pur partendo da una premessa simile a quella di Mauro, “ho un’idea diversa di sinistra”, arriva a una conclusione diversa, come si deduce dai suoi editoriali domenicali, che è di non sostegno chiaro e netto del presidente del Consiglio – il direttore di Repubblica fa un ragionamento che ci spiega perché le basi sulle quali si poggia il consenso renziano sono, a osservarle bene, fragili come l’argilla.

 

E il ragionamento di Mauro, da un certo punto di vista, è lo stesso che viene fatto probabilmente dalla maggior parte della classe dirigente del centrosinistra: Renzi non ci somiglia pe niente, come direbbe il saggio, ma fino a che le cose vanno bene lo sopportiamo e lo sosteniamo. Come una ciambella di salvataggio che, quando il mare è in tempesta, pur andandoci stretta siamo costretti a indossare. In una fase di emergenza il ragionamento ci può stare, e ci sta anche che Renzi consideri del tutto irrilevanti le uscite dal Pd dei Civati e (forse) dei Fassina. Ma se è vero che Renzi si considera un grande estimatore di Tony Blair ogni tanto dovrebbe ricordare una lezione importante dell’ex leader del New Labour. Blair diceva che non si cambia un paese senza cambiare il proprio partito. E che non si cambia un paese senza cambiare, in un certo modo, la testa dei propri elettori (e persino dei sindacati). Questo passaggio, invece, manca ancora a Renzi. E fino a che Renzi verrà percepito come una ciambella di salvataggio persino dal direttore del più importante giornale di centrosinistra, per il presidente del Consiglio cambiare il paese sarà possibile solo se tutto andrà per il verso giusto. Se le cose andranno bene, ok. Ma se anche una sola cosa non dovesse andare per il verso giusto, i comunisti si sa quanto siano bravi a mangiare i bambini.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.