Matteo Renzi (foto LaPresse)

Che cosa si gioca Renzi in Liguria (e che partita fanno i dissidenti)

Redazione
Alle regionali il premier teme la concorrenza dei grillini e dei civatiani. Sulla riforma della scuola, invece, resta aperta l'ipotesi di dialogo con i sindacati.

La base sociale. Matteo Renzi sulla scuola è pronto a tutto, fiducia al Senato inclusa, ma fino a un certo punto… Già, perché se da una parte il presidente del Consiglio si prepara a dialogare via Twitter con il "suo popolo" per spiegare che la riforma varata dal governo è una buona cosa, dall'altra non lascia intentata la possibilità di un dialogo con i sindacati. Non a caso, mercoledì, su mandato del premier, il vice segretario del Partito democratico, Lorenzo Guerini, ha incontrato la leader della Cisl Annamaria Furlan e ha parlato anche con Susanna Camusso. Il problema di Renzi, infatti, è quello di capire se il nuovo elettorato da lui conquistato alle scorse europee è sufficiente a coprire le eventuali defezioni nelle urne del blocco sociale tradizionale del Pd, rappresentato in larga parte dai docenti. La Cisl ha fatto chiaramente intendere al governo che è sufficiente un gesto dimostrativo per non seguire la Cgil nello scontro – ormai tutto politico – con Renzi, ed è su questo che si è esercitato mercoledì Guerini, nella speranza di riuscire, ancora una volta, a dividere la Cisl dal sindacato della Camusso. Operazione, questa, quanto mai importante alla vigilia delle elezioni regionali, nelle quali, per il presidente del Consiglio, è obbligatorio vincere 6 a 1. Altrimenti, è il ragionamento che viene fatto a palazzo Chigi e a Largo del Nazareno, la sinistra interna rialzerà la testa e chiederà l'anticipo del congresso, fissato per il 2017.

 

Il sogno di una sconfitta. Per questa ragione la Liguria è diventata terra di battaglia fondamentale nella partita giocata dal premier. La preoccupazione di Matteo Renzi non è tanto quella di una vittoria di Forza Italia con Giovanni Toti, che rischia di non prendere nemmeno tutti i voti della Lega e che verrà inevitabilmente penalizzato dal crollo del suo partito, quanto quella di una vittoria della candidata del Movimento 5 stelle o di un exploit a sorpresa di Luca Pastorino, il civatiano uscito dal Pd.  Partiti in sordina, i grillini stanno salendo nei sondaggi, approfittando anche delle divisioni della sinistra (Sel, infatti, appoggia il candidato di Civati alla presidenza della regione). E, comunque, i renziani nel territorio stanno monitorando l'intensificarsi dei rapporti tra i dissidenti del Pd e i 5 stelle. Sì, perché l'offerta di Pastorino ai grillini è quella di governare insieme la Liguria in caso di sua vittoria. Una sconfitta in Liguria rappresenterebbe per Renzi una battuta d'arresto, rispetto al trend positivo del “suo” Pd, ma se questo insuccesso dovesse coincidere con una vittoria dell'altra sinistra per il presidente del Consiglio sarebbe un pericoloso campanello d'allarme. Si dimostrerebbe che la sinistra da lui definita “perdente e masochista” è ancora in buona salute e che trae linfa vitale proprio dal suo governo.

 

Rinvio sul capogruppo. Del resto, Renzi, nonostante le dichiarazioni pubbliche, non sottovaluta i movimenti della sinistra interna al Pd, che strizza l'occhio a Sel e al movimento 5 stelle. Lo prova anche il fatto che il premier abbia deciso di rinviare a dopo le regionali l'elezione del capogruppo del Partito democratico a Montecitorio. Votare in questa situazione a scrutinio segreto potrebbe infatti rappresentare un rischio per il segretario del Pd. I voti contrari potrebbero essere molto, anche nel caso in cui il suo candidato riuscisse a vincere questa partita, e, soprattutto, verrebbero tutti addebitati a lui. Per questa ragione ha preferito sospendere l'elezione e ha deciso di aspettare tempi migliori. Magari, provando la carta di Lorenzo Guerini, il vice segretario che riesce a raccogliere anche le simpatie della minoranza interna e a drenare, così, i dissensi nel gruppo, che ormai sono sempre più evidenti.

 

[**Video_box_2**]L’ultima occasione. Da parte sua, la cosiddetta sinistra del Pd appare più che mai agguerrita e si gioca tutto alle elezioni regionali. Lì dove fanno ancora presa le indicazioni del partito o dei big locali, la minoranza sta lavorando alacremente per evitare che questo voto si trasformi nell'ennesimo suffragio a favore di  Renzi. “Questa è l'ultima occasione, perché se Matteo vince anche le regionali, poi pure i nostri spazi di manovra sul Senato si assottigliano, e di molto”: è la frase che si sente ripetere più spesso dalle parti della sinistra Pd. Infatti, il timore è che dopo le regionali, in caso di una vittoria 6 a 1 del Pd versione Renzi, anche una parte di Forza Italia smotti, magari confluendo dentro il Nuovo centrodestra di Alfano, andando a ingrossare le file della maggioranza che sostiene il governo.