Matteo Renzi (foto LaPresse)

Vi spiego perché l'approvazione dell'Italicum segna la fine del Pd e la fine della legislatura

Renato Brunetta
Le cronache di questi tristi giorni parlamentari ci hanno raccontato una realtà che solo parzialmente è emersa sui giornali e sui media: Matteo Renzi è solo. Come non lo era mai stato sin d’ora.
Le cronache di questi tristi giorni parlamentari ci hanno raccontato una realtà che solo parzialmente è emersa sui giornali e sui media: Matteo Renzi è solo. Come non lo era mai stato sin d’ora. Il presidente del Consiglio ha scelto la strada dello scontro frontale contro l’opposizione, seppur responsabile come Forza Italia, e contro la sua minoranza interna.

 

Renzi, pur di rottamare i capi storici del Pd, ha deciso di far fuori il Partito democratico stesso, e con il medesimo disegno egemonico sta ammazzando il Parlamento, la legislatura, la buona fede degli italiani. Sta ammazzando persino la funzione super partes della presidenza della Repubblica, che appare piegata, spiace davvero dirlo, alle esigenze di Palazzo Chigi più che a quelle del Paese.

 

Al Quirinale c’è decisamente un inquilino più che un padrone di casa. Il padrone è visibilmente chi l’ha scelto in solitudine. Ora si capisce perché era così decisiva la scelta condivisa del Capo dello Stato? E non c’è affatto contraddizione tra l’originaria adesione di Forza Italia persino a questo orrendo Italicum avendo per garanzia un arbitro scelto insieme? Altro che patto indicibile, come ha sbadatamente detto qualcuno.

 

Il problema è che quanto Renzi ha messo in atto in questa assurda settimana somiglia terribilmente al fascismo. Non è per forza un insulto. E’ una costatazione storica. La legge Acerbo fu votata con il medesimo clima. Anche allora fu appoggiata da una parte dei centristi. Persino a quel tempo figure nobili come Benedetto Croce ritennero benvenuta una ventata di decisionismo, confidando fosse qualcosa di transitorio. Transitorio è stato il ventennio, in fin dei conti. Ma vorremmo francamente evitarlo.

 

Per fortuna, ora in molti, per un soprassalto di coscienza, concordano sul nostro giudizio di pericolo altissimo, di un punto di non ritorno. E un moto di sana ribellione attraversa oggi, sembra, l’opinione pubblica. Anche chi aveva assecondato gli atteggiamenti peronistici di Renzi, considerandoli dati caratteriali minori, ora si accorge che quest’“uomo solo al comando” lo è al costo inaccettabile di demolire la democrazia parlamentare, intesa da lui come una seccaggine che rallenta i suoi disegni di modernizzatore.

 

Modernizzazione per altro rimasta a slogan, l’unica sua attività, per passare a una fase pre-moderna, quella dell’assolutismo da Duca Valentino. Ricordiamo a Renzi che però, abilissimo nel conquistare l’Italia applicando l’unica morale del proprio dominio, finì sconfitto, per ragioni impensabili: un problema gastrointestinale, quella che Machiavelli chiamava “fortuna”.

 

Ora ce l’ha. Ma è una fortuna pallida. Il vento gira. Soprattutto i popoli si ribellano. Non a caso anche i sondaggi registrano un suo calo di popolarità. Il problema è che – siccome il rignanese non è certo sciocco – lo capisce anche lui. E tutto fa credere che con un colpo di decreto annullerà la clausola che sposta l’applicazione della nuova legge elettorale al 2016 per andare subito al voto con l’Italicum/Dittatorellum.

 

Sarà forse per questo che la solitudine del segretario del Pd e presidente del Consiglio è percepita da chiunque abbia un minimo di vivacità che lo distingua dal conformismo medio. Con Renzi stanno i numeri, ma sono numeri amorfi, numeri esito di una resa, di una rinuncia alle proprie ragioni. La solitudine del capo di una massa innaturale, rallegrata dall’illusione di un successo duraturo.

 

[**Video_box_2**]Se a qualcuno non piace il paragone con il fascismo, a causa dell’indubbia superiorità intellettuale del romagnolo Mussolini sul fiorentino Renzi, possiamo spostarci anche in Asia. La decimazione voluta con tutte le forze dal segretario del Pd, che ha costretto a un atto di dignità i fondatori della Ditta imponendo una fiducia che aveva il sapore della sfiducia verso di loro. Renzi sapeva che aveva la forza del ricatto del voto, e tutti tengono famiglia.

 

C’è qualcosa da trattamento cinese contro la Banda dei Quattro. Al posto di Jiang Qing, vedova di Mao, Zhang Chunqiao, Yao Wenyuan e Wang Hongwen, ecco Bersani, Letta, Epifani e Speranza. Chi pensa diverso è umiliato persino da battute infami. Così va il mondo. E rendiamo onore ai coraggiosi dinosauri e ai giovani cuccioli, abbandonati dai loro stessi compagni di minoranza.

 

Nello stesso tempo riteniamo che quella di Renzi sia una non vittoria, una vittoria di Pirro. La violenza imposta al Parlamento impedisce con ogni evidenza che si possa tornare a una normale dialettica. Non esiste dialogo possibile tra il violentatore recidivo niente affatto pentito, anzi sempre più tracotante, e la Camera stuprata. Non c’è margine di recupero.

 

Renzi ha deciso in un sol colpo di far fuori i suoi vecchi amici, di uccidere il Partito democratico, di porre fine alla legislatura. Nulla sarà più come prima. Il premier ha scelto di dar sfogo alla sua insaziabile bulimia di potere andando contro l’Italia e contro i cittadini. Siamo certi, lo speriamo vivamente, che il conto non tarderà a farsi attendere. Ne va della democrazia nel nostro Paese, ne va della libertà, ne va della vita delle nostre istituzioni.

 

Forza Italia è pronta a guidare un referendum abrogativo per cancellare l’avventura di Renzi con il suo abominio di legge elettorale: la lotta continua!

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