Maria Elena Boschi e Luca Lotti durante la discussione sull'Italicum alla Camera (foto LaPresse)

Che cosa rischia il Pd alla prova di fiducia?

Claudio Cerasa
Lo strappo di Renzi e le vere mosse della minoranza (uscire dall’Aula, non votare contro). Appunti per capire che succede - di Claudio Cerasa

E’ stato un giorno cruciale oggi alla Camera: il segretario del Pd, Matteo Renzi, ha scelto di utilizzare le maniere toste per portare a termine il processo di approvazione della legge elettorale. E, nemmeno troppo a sorpresa, ha deciso di chiedere la fiducia nelle ultime votazioni previste tra questa settimana e la prossima sull’Italicum. La richiesta di fiducia arriva per una ragione che Renzi ha spiegato più volte in questi giorni: il presidente del Consiglio sa che cambiare anche una sola virgola dell’Italicum alla Camera significherebbe riportare il testo della legge elettorale al Senato, dove la maggioranza renziana è più fragile, e volendo a tutti i costi approvare la legge prima delle regionali (o quanto meno, gran parte di essa) ha scelto per questo di blindare, come si dice, il testo e chiedere la fiducia ai suoi parlamentari. Le reazioni sono state molto colorite e altrettanto toste.

 

E la minoranza del Pd, che già era uscita dall’Aula dei gruppi parlamentari a fine marzo quando il segretario del Pd chiese ai suoi deputati di votare il testo attuale sull’Italicum, ha detto esplicitamente che non voterà la fiducia al governo. Lo ha detto l’ex segretario Bersani. Lo ha detto il capogruppo dimissionario Speranza. Significa che il governo cadrà? Significa che una scissione è alle porte? Non proprio. Non votare la fiducia – come apprende il Foglio da fonte diretta del Pd e coinvolta in queste ore in primo piano nell’opposizione a Renzi – significa uscire dall’aula per non votare la fiducia e così faranno tutti i principali esponenti della minoranza Pd, che vogliono soltanto dare un segnale di dissenso ma non far cadere il governo. In caso contrario, infatti, non votare la fiducia significherebbe uscire quasi automaticamente dal Pd e provare a far cadere il governo.

 

[**Video_box_2**]I numeri comunque sono ancora solidi e su 400 voti totali di cui può disporre Renzi alla Camera alla fine la stima di Palazzo Chigi è che i voti che mancheranno non saranno più di 60-70. Maggioranza 316. La riforma passerà. E poi ci penseranno le regionali a far dimenticare lo strappo di questi giorni.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.