Matteo Renzi (foto LaPresse)

Nanetti, elezioni e briciole

Claudio Cerasa
Comincia dalla Liguria la campagna elettorale di Renzi. Le regionali come terreno sul quale misurare l’irrilevanza delle opposizioni.

Quando il gioco non si fa duro i duri cominciano a giocare. E la scelta, furba e astuta, del Pd di trasformare le elezioni in Liguria in un test per misurare la vitalità del governo (e anche del Pd) è una mossa che ha senso perché quella è l’unica regione in cui c’è una storia da raccontare, per la sinistra. La storia è quella di una candidata del Pd, Raffaella Paita, vecchia scuola riformista e migliorista, coordinatrice nel 2001 in Liguria della mozione Morando, che ha vinto le primarie del centrosinistra e che si ritrova oggi ad affrontare non solo l’unico candidato di Forza Italia non sconfitto in partenza, Toti, ma anche l’unico candidato del Pd uscito dal Pd, almeno qui in Liguria, per affrontare il candidato del Pd. Il candidato ribelle è Luca Pastorino, civatiano, e appoggiato dal candidato che alle primarie è stato sconfitto dalla Paita, un certo Sergio Cofferati. In Liguria la partita del fronte anti renziano del Pd è chiara ed è significativo che questo fronte sia guidato da ciò che resta del cofferatismo. Il caso ligure ci pare però degno di nota per raccontare un fenomeno più interessante che riguarda le varie minoranze che provano a dare un senso al loro percorso attraverso le regionali.

 

Se Pastorino dovesse fare il miracolo sarebbe una notizia clamorosa, ma con ogni probabilità tutti coloro che, da Civati a Fitto passando per Tosi, hanno scelto, per costrizione o volontà propria, di seguire un percorso distante dal contenitore più grande vivranno le regionali in modo sballato. E confonderanno una piccola percentuale significativa presa su questo o quel territorio con un grande e innovativo progetto politico. Grandi progetti, invece, da Civati fino a Fitto, passando per Tosi e tutti gli altri, non si vedono e non ci sono. Le opposizioni, da tutte le parti – che siano opposizioni a Renzi o a Berlusconi – vengono costruite sempre nell’ottica dell’“anti”, e dunque per lo più senza identità. E oltre a qualche zero virgola che potranno ottenere alle regionali, di più, se questa è la strada, non riusciranno a ottenere. Da questo punto di vista, se è possibile, le elezioni regionali serviranno a misurare più l’inconsistenza delle opposizioni che non le difficoltà delle maggioranze. E il fatto che per la minoranza del centrosinistra sia la sfida tra Paita e Pastorino quella che potrebbe condizionare il futuro del Pd dà la dimensione esatta della consistenza della minoranza del Partito democratico. In due parole: semplicemente irrilevante.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.