Raffaele Fitto (foto LaPresse)

Fitto si traveste da Tosi e sfida il Cav.

Alessandro Giuli
Non è Pompei, ma poco ci manca. Che i prossimi saranno “gli ultimi giorni di Forza Italia” poteva sembrare fino a ieri mattina soltanto il mormorio fangoso distillato dai seguaci di Raffaele Fitto, in attesa che il capo dichiarasse la scissione dal partito berlusconiano.

Roma. Non è Pompei, ma poco ci manca. Che i prossimi saranno “gli ultimi giorni di Forza Italia” poteva sembrare fino a ieri mattina soltanto il mormorio fangoso distillato dai seguaci di Raffaele Fitto, in attesa che il capo dichiarasse la scissione dal partito berlusconiano. Adesso la detonazione si fa più realistica, e a quanto pare c’è dietro un disegno politico o qualcosa che gli somiglia molto. La cronaca dice questo: sul tavolo della mediazione con il Cav. (affidata all’estenuato Altero Matteoli), Fitto sfodera un progetto più che spregiudicato. Non soltanto tre liste da presentare in Puglia, dove l’ex governatore è pronto a ricandidarsi, ma anche altre da trapiantare (almeno) in Veneto e Campania. Liste disponibili a federarsi al nord con Flavio Tosi, scissionista parallelo in chiave anti Lega, e altrove non si sa, ma chissà. In Campania, per esempio, si rincorrono voci di contatti non episodici con il gruppo di Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia) e c’è chi favoleggia di un tentativo d’abboccamento azzardato dalla lista Noi con Salvini (proiezione meridionalista della Lega delle destre), poco compatibile, però, con l’eventuale intesa veneta tra Fitto e Tosi.

 

A monte c’è da registrare un ulteriore capitolo della notte fratricida forzista, con il fittiano Gianfranco Chiarelli rimosso dalla presidenza della delegazione forzista in commissione Giustizia di Montecitorio dopo che si era concesso una “divagazione” sullo stato di salute del partito (parole sue) in occasione del voto sui termini della prescrizione per i reati corruttivi. Più che una divagazione rivolta alla titolare della Comunicazione Deborah Bergamini, quella di Chiarelli, ex coordinatore del partito a Taranto finito sotto la tutela del neo commissario Luigi Vitali, è apparsa come una messa in stato d’accusa dei due pilastri del così detto cerchio magico berlusconiano: la responsabile amministrativa Maria Rosaria Rossi, il consigliere politico Giovanni Toti: entrambi “impegnati a distruggere ciò che il presidente Berlusconi ha realizzato”. Risultato: il capogruppo alla Camera, Renato Brunetta, ha freddato sul posto il ribelle sostituendolo “con effetto immediato”. Di qui la reazione di Fitto: “Cosa siamo diventati? Il partito delle censure, dei commissariamenti, delle sostituzioni, delle epurazioni”.

 

[**Video_box_2**]Pericolosa lo è, ma quanto è credibile la manovra fittiana? I mediatori berlusconiani riducono la questione a meschini calcoli di bottega: Fitto pretende che i suoi consiglieri uscenti vengano tutti ricandidati, ma il commissario pugliese Vitali ha ricevuto un mandato ristretto e punitivo. Si starebbe negoziando sui ripescabili. Non proprio un vaste programme politico, dunque, se poi Fitto s’accontenterà. E lui ieri sera ha riconvocato i suoi fedeli, in attesa del ritorno di Berlusconi a Roma previsto per oggi. Il Cav. intanto tace e delega, fa e disfa, ascolta chiunque e tratta con Salvini per sostenere Zaia in Veneto e ricevere in cambio un dietrofront leghista in Liguria, con relativo appoggio al candidato forzista (Toti?). Insomma lavori di cesello nelle retrovie delle regionali. Ma l’incognita meno banale rimane ancora incollata sullo scontento di Fitto: salvare il salvabile o rompere inseguendo il modello Tosi, magari con Tosi a fianco e in società con altre monadi e ambiziosi outsider al seguito.