Il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi (foto LaPresse)

Intercettazione fatale

Ecco perché l'addio di Lupi mostra le due grandi fragilità del governo Renzi

Salvatore Merlo
Fine del garantismo e patto spezzato con il centrodestra. “Ora si è esaurita una stagione”. Chiacchierata con Boccia, che randella e ci spiega cosa cambia nel governo dopo il caso del ministro delle Infrastrutture. I precedenti e il “perbenismo”.

Roma. Oggi dunque si dimette Maurizio Lupi. “Vede, Renzi è il contrario di un garantista, è un perbenista”. Come scusi? “Il garantismo è un principio solido, mentre il perbenismo è una furbata. Renzi fa sapere che vuole le dimissioni di Lupi, dunque accarezza per il verso giusto il pelo del senso comune, eppure le dimissioni di Lupi lui in realtà non le chiede ufficialmente perché con i voti di Lupi e di Alfano si tiene in piedi il governo”. E un garantista invece come si comporta? “Il garantista dà sempre all’accusato la possibilità di difendersi, presume sempre l’innocenza, aspetta che le vicende giudiziarie facciano il loro corso. Anche perché, se ogni volta che esce un’intercettazione telefonica entra in crisi un governo, o si deve dimettere un ministro, allora è finita”. E Francesco Boccia, che stato uno degli uomini più vicini a Enrico Letta, ai tempi in cui Letta era presidente del Consiglio, ha vissuto da vicino la storia delle dimissioni di Anna Maria Cancellieri, e poi quella di Nunzia De Girolamo, l’ex ministro dell’Agricoltura, che è anche sua moglie. “Non è opportuno che io parli della vicenda che ha riguardato Nunzia, ma ognuna di queste storie è stata affrontata in maniera diversa. Nel caso della Cancellieri si è scatenato un giustizialismo interessato, politico, teso ad abbattere il governo Letta”.

 

Renzi, allora, chiedeva le dimissioni della signora Cancellieri. Tono ironico: “E io infatti salutai la sua svolta garantista quando ha costituito il governo imbarcando anche dei sottosegretari inquisiti. L’atteggiamento di Renzi è, come dire… à la carte”. Si spieghi meglio. “Voglio dire che nel Pd ora s’impone il principio di discrezionalità del capo. E’ Renzi che decide quando una cosa è tollerabile o meno. Un po’ lo stesso meccanismo totalitario che negli ultimi vent’anni ha fatto marciare la destra italiana”. Quando uscì la storia della casa di Marco Carrai, Renzi non si dimise. “Dico di più. Io sono amico di Enzo De Luca, e ritengo sia una persona per bene, è stato un grande sindaco a Salerno”. Ma… “Ma penso che sia stato un salto nel buio consentire che un condannato facesse le primarie per la candidatura alla presidenza della Campania”. E Renzi lo ha consentito. “Certo. Perché c’è un po’ di schizofrenia, che deriva dal principio della discrezionalità del capo, come dicevo. Il Pd è il partito che candida De Luca alle primarie, ma è anche quello che fa dimettere la Cancellieri. E’ il partito che chiede ma non chiede le dimissioni di Lupi, ed è pure il partito che rifiutò di attendere il giudizio della Consulta e votò immediatamente, malgrado le richieste dell’imputato, l’espulsione di Silvio Berlusconi dal Senato”. Ma a quel tempo Renzi non era ancora a Palazzo Chigi. “Lui era per la decadenza. O si è garantisti sempre, o non si è garantisti mai. A corrente alternata, garantisti a metà, non funziona. Mesi fa Ercole Incalza non si poteva toccare. Adesso è il diavolo”.

 

E allora Boccia ricorda che alcuni ministri del governo Renzi, tempo fa, avevano reagito male alla sua richiesta d’introdurre il principio della rotazione negli incarichi di alta dirigenza, quelli ricoperti da figure come Ettore Incalza, il gran mandarino delle opere pubbliche italiane finito in carcere per corruzione. “Ora sento dire che il problema è Lupi. E sorrido, in maniera amara. In Parlamento ho proposto decine di volte di abolire il meccanismo del massimo ribasso, e tutta quella serie di ingranaggi burocratici in cui si annida la corruzione. Ma il governo taceva. Anzi, quando proposi la rotazione delle figure apicali, quando chiesi la sostituzione di Incalza, mi ricordo che dai banchi del governo qualcuno mi rispose anche male”. Chi? “Non mi va di fare nomi, guardi le agenzie. Tutta questa vicenda, fino ad arrivare al modo in cui viene gestita la permanenza di Lupi al governo, tutto questo chiedere le dimissioni per non chiederle, rivela che evidentemente per qualcuno conta più ciò che si percepisce di ciò che in realtà si fa. La sostituzione d’Incalza l’avevo chiesta io, non Renzi”.

 

[**Video_box_2**]E insomma Boccia chiedeva la sostituzione d’Incalza, ma adesso difende Lupi. Non è una contraddizione? “Sono due cose diverse. Incalza è indagato dalla procura di Firenze, una procura seria, e ci sarà un processo. Vedremo. Anche per lui vale la presunzione d’innocenza. Lupi non è indagato, e penso che chiedere la testa di un ministro, di una qualsiasi persona, quarantotto ore dopo l’uscita di una intercettazione telefonica a senso unico sia una cosa bizzarra. E ancora più bizzarro è chiedere le dimissioni attraverso i retroscenisti, restando però in silenzio di fronte al pubblico e al Parlamento”. Oggi Lupi si dimetterà. “Ed è tempo che si esaurisca la stagione in cui centrodestra e centrosinistra, nell’emergenza, governavano insieme. E’ giusto che ognuno torni al suo posto. Non c’è più nemmeno quel tipo di crisi economica e finanziaria che portò alla prima grande coalizione”. E insomma Boccia non dice “al voto! al voto!”, ma quasi.
Twitter @SalvatoreMerlo

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.