Matteo Salvini in visita a Casa Milan (foto LaPresse)

Come ha potuto scegliere il Matteo sbagliato e il suo gioco delle tre felpe?

Giuliano Ferrara
Per anni aveva detto: ha la metà dei miei anni, è bravo, lo sento simile a me in tante cose, mi piacerebbe averlo dalla mia parte nel mio movimento (come sempre il Cav. sa esagerare come nessuno). Un giorno dice di sentirsi tradito.

Come ha potuto farlo? Il mio cruccio è semplice, trasparente, solare, dichiarato, scritto in largo anticipo. Come ha potuto farlo? Era alleato di un quarantenne serio, preparato, abile, simpatico, che gli assomiglia in tutto e per tutto, che ha conquistato il maggior partito della sinistra senza mai dargli addosso, senza mai compiacere il tic linciatorio che ha accompagnato questi sciagurati per vent’anni, che ha preso il potere da self made man e politician, che ha abolito l’articolo 18 e la Camusso, e spedito Landini nella terra dei Podemos con Libera ed Emergency, di lui nemici giurati, moralistici, della peggior specie. Per anni aveva detto: ha la metà dei miei anni, è bravo, lo sento simile a me in tante cose, mi piacerebbe averlo dalla mia parte nel mio movimento (come sempre il Cav. sa esagerare come nessuno).

 

Un giorno dice di sentirsi tradito, per una questione di metodologia nella scelta di un presidente della Repubblica che ovviamente spettava al più forte, e allora che fa? Si allea con un trafelato quarantenne che è esperto soltanto nel gioco delle tre felpe, che è un poco nordista e un poco nazionalista, che ha una faccina un poco losca, un’oratoria da trivio, che non si sa se sia degno dei suoi nuovi arcaici amichetti di Casapound, che insegue la Le Pen mentre lei insegue l’Economist e sputazza sul Partito popolare europeista, che ne infila una dopo l’altra e vive in tv e prende miserabile consenso nei sondaggi, il cancro della politica italiana quando sono letti male, che posa nudastro e ascellare per i settimanali, con cravatta verde, che ha una vanità da attacchino e comiziante, che ha dirazzato rispetto ai Bossi, ai Maroni e agli Zaia e presto da questi verrà fatto fuori per impresentabilità sociale e politica.

 

[**Video_box_2**]C’è poi un punto decisivo. Un Matteo, quello del 40 per cento alle europee, il castigatore della banda Casaleggio, lo stato islamico che viene da Albaro e da Bibbona, gli diceva: tu sei il leader, me ne fotto dei miei che mi spingono a fare di te la testa di turco delle nevrosi della sinistra, me ne impipo se mi danno del corrotto, del manovriero spregevole, sei l’interlocutore privilegiato delle riforme, punto. L’altro Matteo, quello che affannosamente specula cercando di portargli via i voti e l’onore, dice di lui che non è leader di alcunché, è il passato, un nonnetto inoffensivo, un ex leader senza speranza. La sua guardia pretoriana è una schiatta un po’ demenziale, ora anche il sindaco di Verona lo manda a cagare, e lui dice che vuole vincere in Toscana, poveretto, e mandare a casa Renzi, poveretto due volte. Guida una coorte di bari e baristi che puntano alla liretta mentre la moneta unica europea va alla parità con il dollaro e fa felici produttori ed esportatori, una vacca di qua e una vacca di là, mentre si sente la ripresa economica e si capisce che fine faranno tutti i “no euro”, che nemmeno i greculi vogliono sentirne parlare, nonostante le staffilate di Schäuble a Varoufakis.

 

Come ha potuto farlo? Come ha potuto il Cav., il mio amico eterno tutto istinto e intelligenza pronta delle cose, l’uomo di stato e di società e di bordello che ha superato indenne la sequela di errori da lui stesso bene impostati, eroe popolare e pop, come ha potuto scegliere il Matteo sbagliato? E per un piccio. Per un capriccio. Per un risentimento che non ha fondamento alcuno nella realtà. Come ha potuto?
 

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.