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Piccola Posta
L'eccezione israeliana
Le ripugnanti torture nelle prigioni somigliano alla regola, se non altro a una notevole frequenza statistica. Il coraggio di Yifat Tomer-Yerushalmi, invece, no
Un prigioniero palestinese, militante di Hamas, viene torturato e umiliato da alcuni carcerieri israeliani, militari riservisti, mentre loro colleghi coprono parzialmente la vista con gli scudi anti-sommossa. L’accusa ricostruisce così il fatto: l’uomo è stato picchiato, trascinato sul pavimento, colpito dal taser. Uno dei custodi lo accoltella ai glutei e gli provoca una lesione al retto. Il prigioniero riporta la frattura di alcune costole, la perforazione di un polmone e del colon. Viene ricoverato in gravi condizioni in un ospedale. L’episodio è stato ripreso da un astante. Bisogna essere molto, molto ingenui per pensare che questo ripugnante avvenimento sia un’eccezione. Somiglia piuttosto alla regola, e se non altro a una notevole frequenza statistica. Nemmeno la sua ripresa filmata può essere più ritenuta un’eccezione. Era sembrato così ad Abu Ghraib, dove però era già stato chiaro che della voluttà di umiliare e torturare facesse parte la premura di filmare e fotografare e assicurarsene un souvenir da mostrare in famiglia al rientro. Ad Abu Ghraib il fondo sessuale di ogni tortura era stato esaltato dal ruolo entusiasticamente attivo di alcune donne militari, come la sciagurata Lynndie England che festeggiò così il suo ventunesimo compleanno.
L’eccezione israeliana sta nel comportamento di un’altra donna, dall’altra parte della barricata, per dire così, Yifat Tomer-Yerushalmi, 51 anni, tre figli, maggiore generale, la seconda con questo grado nella storia d’Israele, e dal 2021 avvocata generale militare dell’Idf. A lei spettava il perseguimento di ipotesi di crimini di guerra commessi dall’esercito israeliano, a Gaza o altrove, ma non aveva mai fatto ricorso alle prerogative del suo ufficio, facendo pensare di subire la pressione di superiori e dell’ambiente generale del paese in guerra. Finché, in occasione dell’episodio della base militare di Sde Teiman, decide di passare alla tv Channel 12 il video, che va in onda nell’agosto dell’anno scorso. Cinque sospetti responsabili vengono arrestati, e un manipolo di riservisti, squadristi e parlamentari dell’estrema destra israeliana fanno irruzione nella base arrivando a scontrarsi con la polizia e i militari. Lo scorso 13 ottobre il prigioniero palestinese, innominato, vittima delle presunte e accertate torture è stato rilasciato a Gaza senza che alcun inquirente lo abbia interrogato, e subito dopo è stata aperta un’inchiesta sui responsabili della consegna del video.
Yerushalmi è stata sospesa dal servizio, e venerdì il ministro della Difesa, Katz, ha annunciato che non sarebbe stata reintegrata. Lei si è allora dimessa, e si è assunta l’intera responsabilità di aver trasmesso il video. “Ho approvato la diffusione di materiale ai media nel tentativo di contrastare la falsa propaganda contro le forze giudiziarie dell’esercito. E’ nostro dovere, anche in una guerra, indagare ogni volta che vi sia un ragionevole sospetto di atti di violenza contro un detenuto”. Dopo ha fatto perdere le sue tracce, sulla spiaggia di Tel Aviv, lasciando un messaggio che faceva temere un proposito suicida. E’ stata ritrovata salva e sana, arrestata e messa in isolamento; con lei, il colonnello procuratore militare Matan Solomesh. E’ accusata di abuso d’ufficio, ostruzione alla giustizia e simili porcherie. Si è insinuato, da parte dei bengviristi, che avesse voluto liberarsi in mare del telefono e delle prove che potesse contenere, capaci di compromettere la procuratrice generale israeliana, Gali Baharav Miara, la principale nemica di Netanyahu.
Netanyahu ha dichiarato che l’azione di Yerushalmi è stata “forse il più grave attacco alla reputazione che lo stato di Israele abbia mai subito dalla sua fondazione”. Qualcuno ha obiettato che l’attacco al buon nome di Israele sta nel crimine contro un detenuto, e non nel darne notizia. Non ce n’era bisogno.
meglio giovani e fortunati