piccola posta

Caro Zelensky, ci sono errori che costano più di una battaglia persa

Un video su Telegram: una pattuglia di militari ucraini malmena un giovane che resiste all'arruolamento. Non bisogna sottovalutare la renitenza alla leva, che non è disfattismo. E attenzione ai sondaggi dirompenti

Adriano Sofri

Odessa, dal nostro inviato. Scriverei una letterina a Volodymyr Zelensky, per ricambiare. I fatti. L’altroieri ho letto un sondaggio passato inosservato, benché avesse un titolo dirompente: “Il 90 per cento degli ucraini pronto a continuare a resistere anche quando la Russia ricorresse all’atomica”. Ieri invece ho guardato su Telegram il video di 20 secondi sul quale si è scatenato un putiferio: una pattuglia di militari afferra, trascina, malmena un giovane uomo che resiste alla citazione per l’arruolamento. E’ ripreso a Odessa, di mattina, nei pressi del famoso mercato centrale di Privoz.

Mentre i militari si accaniscono sul giovane, i passanti gridano e protestano: “Lasciatelo stare!”; “Non lo toccate!”; “Non offendetelo!”. Il video diventa in poco tempo una valanga. Dopo un po’ qualcuno corre ai ripari escogitando zelanti testimoni secondo i quali il giovane non è un renitente alla leva e a quel modo di arruolamento stradale, ma un clochard che ha provocato i militari: il ridicolo li seppellisce. Scene analoghe, benché non con questa furia, sono quotidiane a Privoz e in altre zone più frequentate della città, come avevo scritto nei giorni scorsi. Nei commenti sui social e nelle esortazioni ai reclutandi a starsene a casa ed evitare i luoghi arrischiati si parla di “caccia all’uomo”. Ieri la cosa monta al punto che a metà giornata le autorità decidono di farsi sentire. E’ Natalya Humeniuk a firmare il comunicato del Centro stampa delle Forze di difesa dell’Ucraina meridionale. “Il Centro ha commentato il video di un arresto violento a Privoz: ‘Ogni giorno istruiamo le unità che escono per i raid a svolgere questo tipo di attività. Ma purtroppo il fattore umano è il fattore umano. Ora stiamo cercando di capire di cosa si tratta, chi è presente nel video e se i fatti stanno davvero così. Perché è in effetti probabile che ci sia un comportamento inappropriato da parte del personale. Tuttavia il modo in cui viene accompagnato dai commenti non corrisponde alla realtà’”. La realtà è purtroppo tale da rendere superflui i commenti, se non per le informazioni ulteriori e le rivelazioni sullo stato d’animo pubblico. Una specie di sondaggio informale. 

Veniamo al sondaggio ufficiale. E’ il rapporto del Munich Security Index 2023, è stato presentato lunedì. (La Conferenza di Monaco sulla Sicurezza si terrà dal 17 al 19 febbraio). Lo cito per esteso, com’è riportato da Ukrinform. Col titolo: “Quasi il 90 per cento degli Ucraini è pronto a proseguire la lotta contro l’aggressione russa anche nel caso dello scenario peggiore”. “In particolare, il 95 per cento degli intervistati ha dichiarato che l’Ucraina deve continuare a combattere nel caso di bombardamenti continuati da parte della Russia; il 91 per cento  che deve continuare a combattere nel caso in cui la Russia utilizzi armi nucleari tattiche sul Mar Nero; l’89 per cento  nel caso in cui la Russia utilizzi armi nucleari tattiche sul terreno di battaglia; e la stessa percentuale, 89 per cento, nel caso in cui la Russia sganci una bomba nucleare su una città pacifica”. Continua: “Solo il 6 per cento  degli ucraini si sente impreparato ad affrontare l’invasione della Russia. Anche durante un inverno segnato da blackout e privazioni, la gente ucraina si sente preparata ad affrontare il rischio di interruzione delle forniture energetiche più di qualsiasi altra popolazione del G7.

Per una maggioranza del 93 per cento  degli ucraini un cessate il fuoco è accettabile solo a condizione che la Russia si ritiri completamente dal territorio ucraino, compresa la Crimea. Anche il ritiro della Federazione russa dai territori precedentemente occupati sarebbe inaccettabile per la maggioranza degli ucraini se non includesse anche la Crimea: solo l’11 per cento sarebbe d’accordo e solo il 7 accetterebbe il ritiro delle truppe russe ai confini a partire dal 24 febbraio 2022. Solo un ucraino su cento sarebbe pronto ad accettare un cessate il fuoco con la situazione attuale dei territori occupati. Negoziati di pace prematuri, i cui appelli sono particolarmente sentiti in alcune capitali occidentali, incontrerebbero probabilmente una forte resistenza tra la popolazione ucraina”, concludono gli autori. Essi notano che, a differenza di alcuni politici occidentali, le cui preoccupazioni di un’ulteriore escalation militare sembrano impedire un sostegno più forte, gli ucraini non sono intimiditi dalle minacce russe. Per devastante come sarebbe il ricorso a un’arma nucleare tattica contro una città o sul campo di battaglia, la stragrande maggioranza degli ucraini afferma che rifiuterebbe comunque di arrendersi.

Anche l’orientamento occidentale dell’Ucraina è inequivocabile. La stragrande maggioranza degli ucraini vuole vivere in un mondo plasmato dalle regole europee e, in misura minore, statunitensi.

La stragrande maggioranza, il 65 per cento, teme anche che l’Ucraina non sarà mai al sicuro senza la Nato, il che è confermato dal fatto che gli ucraini hanno molto meno fiducia nella protezione garantita dalla Ue che dalla Nato. Circa l’83 per cento degli intervistati ritiene che non ci saranno sicurezza e pace finché Putin sarà al potere al Cremlino. Le visioni russe e cinesi dell’ordine “non hanno praticamente alcun riscontro in Ucraina”. Inoltre, i cittadini ucraini sono profondamente consapevoli della minaccia a lungo termine rappresentata dalla Russia di Putin e ritengono di aver bisogno di garanzie di sicurezza da parte dell’occidente. Che forma prendano non è ancora chiaro, ma la maggior parte degli ucraini ritiene di aver bisogno di forniture costanti di armi da parte dell’occidente. Il rapporto cita anche la percentuale di apprezzamento nei confronti dei vari paesi del mondo per l’atteggiamento sull’Ucraina: in testa il Regno Unito, poi Stati Uniti e Canada, poi, a 30 punti percentuali di distanza, i paesi della Ue. In fondo Cina e India, e l’insieme del “Sud globale”. 
Sul modo in cui è stato redatto il rapporto, il Munich Security Index e la società partner chiariscono: “Tra l’8 e il 28 novembre, Kekst CNC e MSC hanno condotto un sondaggio tra gli ucraini per conoscere la loro percezione del rischio e le loro opinioni sulla guerra di aggressione russa. Il sondaggio è stato condotto da un partner locale affidabile e rispettabile, in conformità con il codice della Società europea per le ricerche di opinione e di mercato (Esomar). L’indagine si basa su un campione rappresentativo di 1.000 persone. Gli intervistati sono stati selezionati in base a quote stratificate per sesso, età, residenza (attuale e precedente alla guerra), istruzione formale e reddito. Il campione non comprende intervistati provenienti dalla Crimea e solo un piccolo numero di persone del Donbas, ma un numero significativo di ex residenti del Donbas sfollati a causa della guerra. I dati finali sono stati poi ponderati in modo da corrispondere esattamente alle quote. Date le circostanze avverse sul territorio, tra cui i blackout energetici, i sondaggi telefonici hanno integrato quelli dei panel online”.

Il dato che il Rapporto offre, quello destinato a colpire e sbigottire l’immaginazione, riguarda la risposta sull’atomica. Ho dei forti dubbi sulla sua affidabilità, e ancor prima sulla sensatezza della domanda. Si può chiedere agli ucraini se l’eventualità di un ricorso russo all’atomica paia loro una ragione di rinuncia o di moderazione nella resistenza all’invasione. Non ha senso chieder loro che cosa farebbero all’indomani del colpo nucleare, se si abbia un’idea anche la più pallida della condizione in cui si troverebbero. E’ uno scherzo di pessimo gusto. In generale, temo che il rapporto si fondi su un campione troppo limitato e in una situazione troppo segnata dalle differenze e dai drammi correnti. Più precisamente, vorrei mettere a confronto l’ambizione statistica del Rapporto con l’immagine singolare, la “testimonianza di uno”, del video di Odessa. Farebbero male i governanti ucraini a sottovalutare un fenomeno come la renitenza alla leva, che non va affatto assieme al disfattismo, o allo scarso amor di patria, e ancor meno a una propensione indulgente verso la Russia. Quella Russia, diceva ieri l’Institute of the Study of War, “il cui impiego di soldati malamente addestrati per rimpiazzare le unità danneggiate sul fronte, non la aiuterà alle sue offensive su larga scala o ai suoi tentativi di avanzata rapida”. Soldati mal addestrati e ancor meno renitenti alle armi, non sono una buona risorsa per nessuno. Più esattamente possono mutarsi nel contrario, e rischiare di cancellare la differenza di valori umani, che è quello che la guerra pretende di fare: di far somigliare giusti e ingiusti. E di schiacciare sotto la gloria vera degli eroi la presunta viltà dei renitenti. Ecco la mia lettera a Zelensky, nemmeno un minuto, a qualunque ora della notte: Presidente, forse lei conosce la storia di quel nostro mite e perfino untuoso patriota che si chiamava Silvio Pellico e che descrisse la sua prigionia allo Spielberg in un libro celebre. Di cui si disse – lo disse Cesare Balbo, ma lo si attribuì allo stesso Metternich – che quel libro era costato all’Austria “più di una battaglia perduta”. Il video di Privoz di ieri, molte centinaia di migliaia, un milione, di visualizzazioni, è di quegli accidenti stradali che possono costare più di una battaglia perduta. Sinceri saluti e auguri. 

(Quando finisco di scrivere, un breve comunicato del Centro militare dell’Ucraina meridionale dice: “Gli ufficiali dell’arruolamento militare che hanno brutalmente trattenuto un uomo durante la notifica di una citazione a Privoz sono stati sottoposti a procedimento disciplinare”).

Di più su questi argomenti: