“Sto seduto coi tre amici sulla panchina, loro parlano, a volte si accalorano o sembrano addirittura litigare, ma è solo apparenza” (Olycom) 

piccola posta

Tre uomini e una panchina a Odessa

Adriano Sofri

In Ucraina con due ingegneri e un campione di tuffi dell’epoca sovietica, ad ascoltare idee sul domani e stralci di passato di una città grande quanto il mondo intero. Soprattutto negli occhi di Misha, cittadino onorario

Odessa, dal nostro inviato. Misha, Michail Poizner, è un uomo estremamente serio, e come succede ha il gusto dell’aneddoto e del witz. Quando, fresco laureato in ingegneria marittima, fece per lavoro il giro dei porti dell’Estremo oriente sovietico, si trovò spesso in situazioni singolari. Dopo l’Istituto del Trasporto marittimo non aveva mai vissuto solo: badava a ogni cosa sua madre. In quei dormitori remoti doveva fare tutto da solo. C’era gente di età fra i 22 e i 40 anni. “Bevevano tutti, io no. Quando non lavoravo, studiavo. Finii la scuola di immersione subacquea – anche ora guido un gruppo di immersione. Improvvisavano spesso feste, non partecipavo, non avevo tempo.

Io ero l’unico di Odessa, e l’unico ebreo. Una sera ero al ristorante con un collega a Chukotka, sopra la Kamchatka, di giorno era osteria, di sera ristorante. La città era quasi solo di carcerati. Proprio quella sera c’era un’orchestra ucraina, di Chernovits, in quelle trasferte erano pagati bene. Avevano bevuto, si capisce. Ed ecco che arriva una banda di delinquenti, e cominciano a fare i bulli. Il mio amico si alza e va a scambiare qualche parola col capo dell’orchestra, poi torna. Il musicante annuncia: ora, per festeggiare i nostri evasi dalla galera, eseguiremo la celebre canzone ‘A Odessa, perla del mare...’”. Appena i malintenzionati sentono si accorgono di aver rischiato di provocare dei colleghi, e chissà di che rango, si affrettano a congratularsi, offrono la vodka. Misha annuncia di aver altro da fare, gente importante da vedere, e se ne va indisturbato. “E’ utile essere nati a Moldavanka”, dice.

“Ci sono stato più di sei anni, in quell’Estremo oriente. Ho ancora tanti amici là – avevo. Ci sentivamo spesso. Ora, dopo il 24 febbraio, non mi ha telefonato nessuno”.

Nadia, la migliore del quartiere

“A Moldavanka, dove sono nato e abito ancora, nella stessa casa, quando ero ragazzino succedeva di tutto. Grandi scandali, grandi risse fra vicini – forse in Italia c’è qualcosa di simile, forse a Napoli, ci sono andato. I bambini non crescevano in famiglia ma nei cortili, c’erano battaglie continue, dai 5 anni in su si sapevano tutte le parolacce. Puttana, non solo la parola, c’era proprio lei. Nadia, la migliore persona del cortile, mandava baci a tutti i bambini, beveva, si sentiva in colpa, si vergognava. Era la madre del mio compagno di scuola. Avrà avuto sui 35-40 anni, era gentile coi vicini, praticava in casa, i clienti erano come lei, bevevano. Mio padre era rigido, litigava sempre con lei, le gridava quella parola. Nadia aveva il marito marittimo, quando lui tornava si comportava bene. Suo marito mi regalò la prima gomma da masticare della vita, avevo 11 anni.

Un altro nostro vicino aveva di nascosto una moglie e un’amante. Questo succedeva quando ero già adulto. Lui andava in Polonia a comprare vestiti da vendere al mercato, e li divideva, metà all’una, metà all’altra. Un giorno le due si ritrovarono al mercato con indosso il vestito uguale. La moglie lavorava al buffet della stazione ferroviaria, era una donna colossale, prese un grosso martello e si mise a fracassare la fiancata dell’auto del marito. Io ero uscito a portare fuori la monnezza, vidi tutto, le gridai: ‘La macchina no, picchia lui’ – si fermò. Passa un po’ di tempo, l’amante viene proprio a casa loro, e si mette a tavola, c’erano l’uomo, la moglie, i figli, e il vecchio padre di lui, sordo. L’amante diceva che l’avrebbe preso lei, che l’altra non era nemmeno capace di scopare come si deve. ‘Come posso scopare come si deve se devo dormire con lui e con questo vecchio idiota?’. Il vecchio padre chiedeva: ‘Che cosa dice?’ E lei: ‘Chiudi la bocca, vecchio idiota!’ La sorella del marito andò a chiamare la polizia e poi disse: ‘Meno male che tua madre è morta e non ha dovuto vedere gli sbirri / in russo: Menti / in questa casa!’ ”

Questa l’infanzia e la prima gioventù di Misha.

Jura

Vorrei scrivere un racconto, qualcosa come Tre uomini in barca (ci sarà anche il cane). I protagonisti sono tre uomini, infatti, benché intorno a loro giri un buon numero di altre e altri comprimari. I tre si incontrano ogni giorno su una panchina, nel primo pomeriggio. E’ là che li ho conosciuti l’estate scorsa, grazie alla loro e mia amica Anna Golubovskaya, famosa fotografa, e siamo diventati amici in una mezzoretta. Pensavo di non ritrovarli più là adesso che è inverno, anche perché non sono vecchi quanto me, ma hanno superato la settantina. Invece ci sono. Uno l’abbiamo visto, si chiama Misha, uno Lionya, uno Jura. Misha e Jura sono ingegneri marittimi, specialisti di porti. Lionya è stato un discreto campione di tuffi dell’Urss, poi è passato a istruire i giovani tuffatori. Come succede a chi abbia praticato accanitamente lo sport agonistico, è fisicamente più provato: ha un ginocchio dolorante e la vista indebolita. Ha sempre con sé una scorta di caramelle alla frutta, e subito dopo aver salutato ne offre una per uno. Hanno facce da veterani di Hollywood che si reincontrano a Miami per mettere a segno l’ultima rapina. Jura ha le orecchie più memorabili, mi ha fatto ricordare di una storiella cecena di 25 anni fa. Ci sono Dudayev e il suo vice, Maskhadov, un tipo di Cyrano delle orecchie. Dudayev gli dice: “Se vogliamo svignarcela dai russi, io mi taglio i baffetti. Tu che fai, con le orecchie?”.  Jura in cambio è il più dotato per la musica. E’ nato nel 1949, a gennaio, suo padre era operaio, con un talento di pittore, sua madre ha lavorato per più di 40 anni in una libreria, il giorno dopo è partita per Israele. Ha fatto le elementari e le medie, nella famosa scuola 118, vicino a Privoz, il mercato centrale, ci studiava anche Mikhail Zhvanetskij (1934-2020, scrittore, attore, satirico, ebreo, nato anche lui a Moldavanka, anche lui diplomato ingegnere marittimo - il prorompente protagonista della vita teatrale di Odessa). Su Privoz, c’è a Odessa quel detto famoso: “Ho comprato la carne al Privoz: così fresca, così fresca, che posso abbaiare”. (Anna fa notare che anche lei era portata per la musica, ma il suo nonno ebreo decretò: “Anna non può mettersi a suonare, perché è una regina!”) Non c’erano abbastanza soldi, e Jura si dovette accontentare della fisarmonica. Gliela comprarono, e per loro fu come comprare un’automobile. Venne a fargli lezione a casa, per un anno, nella Malaya Arnautskaya, la moglie di un famoso direttore d’orchestra. Decisero che era bravo e lo iscrissero alla scuola di musica N.1, ma aveva 10 anni, era già vecchio, gli altri ne avevano 5 o 6, riuscì a cavarsela. Entrò nella banda del Conservatorio, la sola orchestra di bambini in Ucraina. Continuò così, gli studi ordinari e poi la facoltà di costruzioni, e la musica. Con un po’ di amici, tutti ebrei immigrati da San Diego, dall’Australia, da Israele..., c’era il famoso pianista Leonid Levitin, misero insieme una band che si fece presto una reputazione cittadina, ai matrimoni e alle feste. Sono ancora amici e ogni tanto suonano ancora insieme. Nel 1968 fu arruolato, e anche lì lo assunsero nella banda militare della regione di Odessa. Fu così che prese il primo aereo della vita, per Sinferopoli. La morte del promotore della banda li lasciò disoccupati, cantanti e musicanti. Finiti il collegio e la leva, nel 1970 tornò a Odessa. Gli piaceva l’architettura, le costruzioni, l’esercito gli diede buone referenze, entrò all’Università marittima. Da ingegnere, partecipò a imprese importanti, come il Progetto Mar Nero, la costruzione del nuovo terminal dell’aeroporto, e fece l’intera carriera nell’Istituto delle Costruzioni. Nel 1979 smise di suonare in pubblico – ma a casa abbiamo un piano, avverte sua figlia Julia, e mia sorella Mila lo studia. Sua moglie Nadjezda la conobbe all’Istituto. E perché si innamorò di te? “Io l’ho chiesto alla mamma – dice Julia – le piaceva la voce. Anche adesso quando legge un libro i bambini si incantano”. Suo padre e i suoi nonni parlavano yiddish fra loro, non in russo, Jura capisce lo yiddish, anche se non lo parla. Non è credente, non è stato comunista. “Il partito non voleva saperne di tipi come lui”, ride Misha. Nella Seconda guerra la sua famiglia fu decimata. Della guerra di ora dice che nessuno poteva aspettarsela: bisognava essere pazzi. Spera solo che i russi la perdano, e che finisca il prima possibile. L’hanno invitato ad andare all’estero: non ne è stato tentato nemmeno un momento. “Succederà a me quello che succederà a Odessa”.

Lionya

Ciascuna delle figlie di Jura è madre di una bambina. Lo abbiamo circondato, dicono. Non però sulla panchina del pomeriggio. 45 anni fa Jura ha incontrato Misha. Misha è il capofila su cui ciascun gruppo di uomini, dai tre anni in su, conta, senza bisogno di nominarlo. Ma aspettiamo ancora un momento, il tempo di ascoltare Misha che introduce Lionya. L’ho ereditato da un amico, dice. Del resto, è nato a Odessa, e questo basta. Diceva Peter Pilsky che Schopenhauer era pessimista e misogino, ma solo perché non era mai stato a Odessa. Lionya beve soltanto, ma più che può, dal 25 maggio al 25 agosto, nel trimestre delle vacanze scolastiche, perché quando insegna l’educazione fisica dev’essere perfettamente sobrio. Ha avuto due cani, ora un collie, Jessy, e prima uno da acquisto, molto rimpianto: allenato a fermarsi a tutte le cantine, durante la stagione. Il padre di Lionya era caldaista, sua madre spazzina. Aveva cinque sorelle, e lo vollero proprio, perché è il sesto. Solo una è viva, ha 93 anni, sposò un ebreo di Odessa ed emigrarono negli Stati Uniti. Lui gareggiò dal 1961, poi allenò, aveva inventato un suo metodo per saltare nell’acqua – controverso, dicono gli altri. Per essere nominato maestro, in Urss bisognava che vincesse delle gare, e le vinse. Ha un figlio di 47 anni, che fa la stagione in Polonia, da operaio. Anche sua moglie, Ljudmila, insegna educazione fisica. Lei era di Zaporizhia, passarono due anni a scriversi prima di sposarsi. La peculiarità sta qui: che hanno divorziato nel 1991, e da allora vivono insieme, da vicini di casa – vicinissimi.

Il grande Misha 

Misha, dunque. E’ un personaggio illustre, l’anno scorso dichiarato cittadino onorario di Odessa. Dalla sua biografia ufficiale: “Nel 2000 è stato insignito del titolo di ‘Lavoratore Onorato dei Trasporti dell’Ucraina’. Mikhail Borisovich Poizner è autore di 32 invenzioni, più di 200 ricerche, di libri sulla storia della flotta, studi locali, tra cui ‘Odessa. 1941-1944. Pagine sconosciute’, ‘Le navi della mia memoria’, ‘Canzoni di Odessa con biografie’, ‘Ciao da Odessa’...”. A lui e ai suoi amici si deve la cura di memorie cittadine, come il monumento all’unica donna capitano del Mar Nero, Berta Rappoport. “M. Poizner divide la sua collezione in tre parti: Odessa, Judaica, e tutto ciò che riguarda Leonid Pasternak” – il pittore padre di Boris. “Un giorno sono andato alla nostra Società di Collezionisti. Qualcuno di Gomel o Kaunas ha portato delle cartoline. Guardo, su una: la fotografia di un uomo in una cornice ovale con ornamenti floreali. E il testo è in yiddish. L’ho capito subito: era Leonid Pasternak. Una cartolina molto rara, l’ho riconosciuta perché ero affezionato a Pasternak. Mi hanno chiesto 20 dollari, l’ho pagata senza contrattare. Di Boris sapevo a memoria le poesie, ma non sapevo delle sue radici odessite. E’ stato concepito qua”. Misha è diventato intimo dei discendenti dei Pasternak a Oxford, li ha ricevuti spesso a Odessa. 

“Sono nato a Moldavanka, e vivo ancora nella casa dove nacqui”. Moldavanka, se avete letto I racconti di Odessa di Isaak Babel’, sapete. All’inizio del ‘900 era il quartiere ebraico di Odessa, povero, malavitoso, magnanimo. La coda di quella fama è ancora là, e vi avvertono di badare alle tasche quando nel fine settimana andate a visitare il gran mercato delle pulci, Starokonnyi, perché ci vendevano i cavalli. “Casa mia è al bordo del quartiere, nella zona del Giardino Dyukovsky, ed eravamo l’unica famiglia di ebrei, poi c’era di tutto, operai, prostitute, bottegai, erano tutti amici. Finita la scuola primaria si andava o in galera o nell’esercito: pochissimi studiavano. Io ho avuto tanti parenti morti al tempo della guerra, e due fratelli. Uno è stato per 40 anni e 6 mesi, un record, capo del dipartimento investigativo della Procura generale per i reati di maggior gravità a Odessa – l’unico ebreo accettato nella Procura, e oggi vive a Tel Aviv, l’altro è un ingegnere economista, ha navigato, vive ad Amburgo. Nostro padre era di Odessa, era un famoso costruttore. La madre era di un paese al confine con l’oblast di Vinnitsa, ha vissuto 14 anni nel ghetto, due suoi fratelli sono morti in guerra, sua sorella e i suoi bambini sono morti nel ghetto nel ‘44. Un fratello di lei riuscì a scappare dal ghetto, morì combattendo nell’offensiva Iasi- Kišinëv, nel 1944, ha un monumento”. I suoi vicini di casa erano per lo più sarti, ma aveva anche amici marinai: l’Università marittima era poco distante. Voleva andarci anche lui, ma non lo prendevano: ebreo, era il tempo della Guerra del Kippur. Finalmente riuscì a entrare e a laurearsi, ingegnere portuale, ma non insegnavano a navigare. Dopo l’università e la specializzazione a Mosca, Misha, abbiamo visto, va a lavorare nell’Estremo oriente, e ci resta 6 anni: penisola di Kamchatka, isola di Sachalin, Manciuria, e di porto in porto, Vladivostok, Petropavlovsk, Magadan, Nakhódka... Tornato a Odessa, diventa professore a quell’Istituto marittimo. E’ in pensione, ma lavora ancora grazie alle sue insostituibili competenze portuali, e la guerra le ha rese più preziose. Ha da sempre una passione per la letteratura odessita, che ha arricchito di suoi testi, i più belli sono racconti della città. Ha studiato Odessa per tutta la vita, e ne ha raccolto, collezionato e donato una quantità di oggetti, foto, libri, cartoline, memorie... Il piccolo ma prezioso museo ebraico nella via Nizhyns’ka contiene molte sue donazioni. A Novosibirsk, nel 2019, ha scoperto la tomba, di cui si erano perdute le tracce, di Aleksandr Kozachinsky, 1903-43, scrittore e giornalista, autore di un famoso racconto poliziesco, “Il furgone verde”, che all’inizio degli anni Venti era stato il capo di una banda di rapinatori-giustizieri, dopo esser stato ispettore del Dipartimento di Investigazione Criminale di Odessa, provetto calciatore – in porta, e amico stretto di Evgenij Kataev, il Petrov del duo Petrov e Ilf... Misha gli ha dedicato un libro fondamentale.

L’ultimo libro di Misha Poizner si intitola “Sull’onda di Odessa”. Evgenij Golubovskij, il patriarca delle lettere, del giornalismo e delle arti di Odessa, osserva: “Ci sono scrittori che studiano all’Istituto di Letteratura. Misha ha studiato per le strade di Odessa. I suoi personaggi parlano nella vivace lingua di Odessa dell’inizio del XXI secolo”. Il libro è dedicato al grande amico di Misha, Oleg Gubar. Gubar era nato a Odessa nel 1953 ed è morto a Odessa nel 2021: ha dedicato la vita allo studio di Pushkin, e ne ha fatto la guida a una appassionata topografia della città, che Anna e Misha hanno pubblicato, postumo, in un bellissimo volume.  

Misha, che è tutt’altro che nostalgico dell’Unione sovietica, si tiene un ricordo grato della lingua unica di un vasto mondo, il russo che gli ha consentito di parlare e ascoltare “dal Mar Bianco al Mar Nero”, dalla Manciuria alla Moldavia. Diffida di chi vuole combattere la storia, soprattutto la storia di Odessa, e ripudiare tutta una cultura per rivendicarne un’altra. In Ucraina c’era forse un 30 per cento di persone di nazionalità russa e un 70 di lingua russa. Tutti educano i figli come cittadini ucraini, non puoi tirarli su oggi come russi. Putin è un criminale. Il resto è una questione interna ucraina.

Panchine

Sto seduto coi tre amici sulla panchina, loro parlano, a volte si accalorano o sembrano addirittura litigare, ma è solo apparenza: anche questo è nella tradizione. Capisco poco o niente di quello che discutono, ma star là in compagnia mi piace. Quando si alzano mi alzo anch’io e gli vado dietro. Qualche volta vanno a una trattoria georgiana nel viale. Altre volte si alzano, fanno tutto il viale, attraversano la via Bunina (già Rosa Luxemburg) e la piazza Hrets’ka-Grecheskaya (già Karl Marx), poi la strada regina, la Derybasivska, e sono nel Giardino comunale. Era là che volevano arrivare: sapeste che panchine larghe e comode ci sono al Giardino comunale.

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