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Cosa c'entra il caso, "pseudonimo di Dio", con il risultato del midterm

Adriano Sofri

Il voto ha clamorosamente contraddetto le previsioni ma Enrico Deaglio, l’amico americano, mi aveva avvertito che stampa e autorità varie stavano equivocando e che le cose sarebbero andate esattamente come sono andate. Una lezione per le professioni che si misurano col futuro prossimo

Rifinito il risultato delle elezioni di mezzo termine Usa, in un modo che ha clamorosamente contraddetto le previsioni universali e, nel mio piccolo, mie, ho il piacere di notare che Enrico Deaglio, l’amico americano, mi aveva giorno dietro giorno avvertito che stampa e autorità varie stavano equivocando fortemente e che le cose sarebbero andate esattamente come sono andate, Senato e Camera. Puro caso, direte. Certo, dico. Però proprio ieri ho letto nel quotidiano testo odessita di Evgenij Golubovskij la seguente frase il cui solo suono mi ha emozionato: “Recentemente mi è stato spiegato che il caso è lo pseudonimo di Dio”. Mentre la vado rimuginando, mi è venuto fatto di pensare che ai nostri giorni le varie professioni che si misurano col futuro prossimo, e specialmente la geopolitica – di lei gran parte – sembrano aver inglobato nel proprio statuto un’assoluta indifferenza al divario fra previsioni e avvenimenti. Per sovrappiù, previsioni formulate in uno stile apodittico teso a mettere in soggezione l’udienza. L’Ucraina è finora, dalla vigilia dell’invasione fino alla piazza di Kherson, una puntigliosa, disastrosa dimostrazione di questo assunto. Va be’, ’o mellone è uscito bianco, e mo’ cu chi t’a vuo’ pigliá?

A proposito della piazza di Kherson, vorrei osservare che fra i luoghi già comuni sgominati dal senso comune corrente c’è, se non l’ammirazione, una certa considerazione del coraggio personale. Lo dico a proposito di quel Zelensky, molto antipatico ai più, che domenica si è aggirato per una mezzoretta fra la folla di cittadini di Kherson. “Zelensky visita a sorpresa la città di Kherson”, intitolavano i servizi televisivi. Figurarsi. Zelensky è comparso in pubblico all’indomani di ogni liberazione di località e delle più gravi ferite subite da città e villaggi ucraini. Per gli addetti missilistici russi sarebbe stato fin troppo facile prevedere la presenza di quel loro prelibato boccone.

Questa questione del coraggio disertato, non in nome del ripudio del tristo virilismo ma con una sentita vicinanza alla viltà, mi porta a concludere con le ong e i loro bastimenti. Infatti ieri l’Europa costituita ha ammonito che fra navi delle ong che salvano vite e navi della Guardia costiera che salvano vite non c’è alcuna differenza. Non sembrava che la precisazione fosse necessaria. Però, dirà qualcuno, le ong sono in combutta con i trafficanti di carne umana. Già, solo che non è vero. NON E’ VERO. Sarebbe esattamente equivalente sostenere che le imbarcazioni della Guardia costiera sono in combutta con quei trafficanti. Come mai non viene in mente a nessuno? Una campagna militante contro la Guardia costiera, comprensiva della occupazione dei pontili e dell’affondamento? Italiani, ancora uno sforzo.

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