La foto di Babel' scattata dal NKVD dopo il suo arresto (Wikipedia)

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Isaak Babel' pianse davanti all'arte fiorentina. Un racconto

Adriano Sofri

Evgenij Golubovskij, storico giornalista e critico d'arte ucraino, attraverso il suo profilo facebook racconta di quando lo scrittore russo fece tappa in Italia nel 1933. Venne ucciso nella prigione di Butyrka il 27 gennaio del 1940

Evgenij Golubovskij è nato nel 1936, come mio fratello Gianni, e come lui è delicato e acuto. E’ nato a Odessa, dove è stato giornalista e critico d’arte, conduttore di un programma culturale televisivo, fondatore del quotidiano “International Odessa news”, direttore di un laboratorio letterario e del Museo d’arte moderna. I volumi di sue memorie, la sua memoria viva e la sua casa, sono patrimoni preziosi della città. E’ anche un bibliofilo, specialmente di edizioni di poeti e scrittori del primo Novecento, e domenica, quando finalmente l’ho incontrato, ho vantato il possesso (provvisorio) di una prima edizione dei Dodici di Blok. Ha commentato: “Alexander Blok è morto in questo giorno, il 7 agosto 1921, 101 anni fa”. 

Golubovskij scrive ogni giorno sul suo facebook un testo che è insieme un saggio e un ricordo personale. Mi ci sono immerso con venerazione. Lo scorso 12 luglio, “Compleanno di Babel’”, Golubovskij rievocava un incontro con Isaak Babel’ raccontato da Philippe Hosiasson, nipote di Pasternak, pittore e critico (Odessa 1898-1978). “Babel’ l’ho incontrato nel 1934 (1933, in realtà) a Firenze, fuori dagli Uffizi. Ero seccato. Un famoso scrittore sovietico, che magari farnetica sul popolo russo, sull’arte dal punto di vista marxista. Aveva visitato Gorky, tornava a Parigi con una tappa a Firenze, e vide una pubblicità sulla mia mostra. Ci siamo dati appuntamento in Piazza della signoria, in un caffè di fronte al David. Quando l’ho trovato al caffé, piangeva. Gli ho chiesto: ‘Che cos’hai?’ 
‘Come si fa a sopportare una tale bellezza?’. 
Era qualcosa che non mi aspettavo. ‘Va bene, allora! Resterò con te questa notte’.
Continuammo a girovagare per Firenze, parlammo solo di quello che vedevamo. Gli dicevo tutto quello che sapevo sugli architetti di Firenze, Brunelleschi, Michelangelo, faceva domande su che cosa si potesse vedere a Roma. Il suo entusiasmo divenne sempre più esuberante. Era estremamente grato e gentile per le informazioni, e ripeteva: ‘Che bellezza! Non si può nemmeno immaginare. E’ meraviglioso che tutto questo esista nel mondo’. 

Siamo tornati a piedi da Palazzo Pitti a santa Maria Novella. Siamo arrivati alla stazione un’ora prima dell’arrivo del treno. E proprio in quel momento abbiamo visto... l’arrivo di giovani fascisti, in uniforme con camicie nere, allineati lungo la banchina. Siamo rimasti in silenzio, Babel’ e io, si tiene la bocca chiusa in quei momenti.
Quando il treno si fermò, Babel’ mi guardò e disse: ‘E’ la stessa cosa ovunque’. Questo mi scosse profondamente. ‘Che cosa intendi dire?’ ‘Quello che ho detto. Voglio dire che in Russia, da dove veniamo, in Germania e qui, vedo la stessa cosa’.

Ho chiesto: ‘Non sei un membro del... partito, vero?’. ‘Io? Non vedo la differenza tra ciò che abbiamo appena visto e ciò che si vede a casa. Sì, non posso fare altrimenti. Non posso vivere fuori dalla Russia. Ma non ci vedremo mai più. Dopo Parigi, andrò a Mosca. E certo non lascerò mai più il paese’. E’ chiaro che aveva previsto la sua fine e non l’ho più rivisto”.

Osserva Golubovskij: molte cose mi hanno commosso in questo racconto di Philippe Hosiasson. Ma soprattutto, le lacrime di Babel’ per il contatto con la grande arte. In realtà Babel’ fu di nuovo “rilasciato” all’estero. Nel giugno 1935, a Parigi c’era il Congresso internazionale per la protezione della cultura. La delegazione sovietica comprendeva Tikhonov, Karavaeva, Lahuti... I francesi si ribellarono, pretesero Pasternak e Babel’. Li mandarono quando le riunioni erano già in corso. Parlarono al Congresso. Per Babel’ fu, in effetti, l’ultimo viaggio. Anche se la sua prima moglie e la loro figlia Natasha vivevano in Francia, gli fu rifiutato”. Babel’ fu fucilato in segreto nella prigione di Butyrka il 27 gennaio 1940. 
 

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