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Papa Francesco a Kyiv, un desiderio che domenica è parso un po' meno impossibile

Adriano Sofri

"La Santa Sede è disposta a fare di tutto, a mettersi al servizio per questa pace". Come interpretare quel "fare di tutto"? Si vorrebbe prenderlo sul serio. Intanto le sue parole suonano anche come una protesta contro la pretesa putiniana di parlare di "operazione militare speciale". Francesco la chiama guerra

Il papa Francesco potrebbe andare in Ucraina? E noi con lui? E’ la domanda che si fanno coloro, sono tanti, che si chiedono se non si possa portare in Ucraina, coi propri corpi, la protesta contro l’aggressione di Putin, la solidarietà con la gente ucraina e la volontà di far cessare la violenza e procurare la pace. “Portiamo Woodstock in Ucraina”, mi aveva scritto un mio amico. E’ un desiderio normale, il più normale, tanto più per chi si guarda dal raccomandare la resa all’aggredito, e al tempo stesso il desiderio più esposto ai disastri specialmente terribili che producono le buone intenzioni. (Cercate, per esempio, se non la conoscete già, la voce Crociata dei fanciulli su qualche Wikipedia). Si fantasticava che un appiglio, il meno irrealistico, potesse venire da un viaggio del papa Francesco a Kiev, che ottenesse una tregua e consentisse a molta parte delle grandiose piazze piene di giovani di Berlino, di Praga, di Tbilisi, di Bruxelles, di Milano e Roma, e anche degli intrepidi marciapiedi di San Pietroburgo e di Mosca, di affiancarlo e incontrarsi e incontrare. 

 

Questo desiderio impossibile domenica è parso un po’ meno impossibile quando il Papa ha pronunciato la frase: “La Santa Sede è disposta a fare di tutto, a mettersi al servizio per questa pace”. Che cosa significa “fare di tutto”, quando a dirlo è il Papa, questo Papa? Fare di tutto: si vorrebbe prenderlo sul serio. Quando Putin dice il suo “fare di tutto” vuole che ognuno sappia con certezza che cosa vuol dire, senza bisogno di nominarlo, perché faccia ancora più paura: la guerra totale, l’arma atomica. L’atomica del Papa è un pellegrinaggio a Kiev? Che cosa, se no? 

 

Dirlo esplicitamente sarebbe insieme un’imprudenza e un’illusione. C’è un precedente minore: questo Papa volle andare in visita in un Iraq turbolento e in piena pandemia nonostante tutti lo ammonissero dei rischi per lui e per altri e usassero ogni argomento, fino all’ultimo momento, per dissuaderlo. Dopo aver pronunciato quella frase, Francesco domenica ha aggiunto che “in questi giorni, sono andati in Ucraina due cardinali, per servire il popolo, per aiutare. Il cardinale Krajewski, elemosiniere, per portare gli aiuti ai bisognosi, e il cardinale Czerny, prefetto ad interim del dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale. Questa presenza dei due cardinali lì è la presenza non solo del Papa, ma di tutto il popolo cristiano che vuole avvicinarsi e dire: ‘La guerra è una pazzia! Fermatevi, per favore! Guardate questa crudeltà!’”. Ognuno può dare l’interpretazione che gli sembra appropriata, e autorizzarsi anche l’immaginazione che gli sembri incoraggiante.

 

Osservo infine che il Papa ha detto anche parole che suonano come una protesta contro la pretesa putiniana di chiamare la sua guerra d’invasione “operazione speciale militare” e di punire duramente chi la chiami col suo nome, guerra: “In Ucraina scorrono fiumi di sangue e di lacrime. Non si tratta solo di un’operazione militare, ma di guerra, che semina morte, distruzione e miseria. Soprattutto imploro che cessino gli attacchi armati e prevalga il negoziato e prevalga il buon senso, pure. E si torni a rispettare il diritto internazionale!” E ha aggiunto: “Preghiamo insieme per l’Ucraina: qui davanti abbiamo le sue bandiere. Preghiamo insieme, come fratelli, la Madonna Regina dell’Ucraina”. La sua Madonna, le sue bandiere.

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