Il gruppo del G20 alla Fontana di Trevi (LaPresse) 

piccola posta

Un pomeriggio di zapping, tra il G20, quel mattacchione di Tiafoe e la “fatal Novara”

Adriano Sofri

Il pensiero maligno che si insinua: un manuale di storia di dopodomani, se ci sarà un dopodomani, in apertura del capitolo sull’innalzamento dei mari, o di quello sulla guerra nucleare per Taiwan, metterà la fotografia di gruppo del G20 a Fontana di Trevi

È bene non dire mai quello che si pensa, e soprattutto quello che si sente prima ancora di pensare. Domenica ho guardato la televisione. Il tennis a Vienna, con intervalli per il G20. Nella finale viennese, Zverev incontrava Tiafoe, che il giorno prima aveva battuto Sinner (i nomi possono ingannare gli estranei: Zverev è tedesco, Tiafoe americano, Sinner italiano). Tiafoe aveva istrioneggiato più del solito con Sinner, quando sembrava ormai battuto e se ne consolava invocando applausi e risate del pubblico. È un tipo molto simpatico, infatti. Aveva esagerato tanto che Sinner, ventenne e serio e altoatesino, fortissimo, non ha saputo più a che gioco si giocasse e ha finito per perdere la testa e la partita. Tiafoe ci ha riprovato con Zverev, che ha vacillato anche lui ma aveva capito l’antifona e l’ha castigato. Tiafoe è davvero simpatico ma i suoi numeri da circo, lui un gran nero possente, sugli spalti euforici bianchi viennesi, mettevano un po’ a disagio.

  

Quelli del G20 intanto gettavano il soldino oltre le spalle nella fontana di Trevi. Erano amici, mi piace che i potenti si mostrino così cordialmente compagni di scampagnata, quando sono in ballo, come si dice, le sorti del pianeta. Avevano anche loro l’istrione – non uso il nome di buffone, benché abbia un significato affatto stimabile: Boris Johnson. Bianchissimo. Il diavolo metteva la coda nelle assenze delle fotografie, quella di gruppo del primo giorno, quella della fontana (chi avrà raccolto i soldini? Del resto: Mentre l’inglesina s’allontana / Un regazzinetto s’avvicina / Va nella fontana, pesca er soldo e se ne va!: Rascel, Garinei e Giovannini, “Arrivederci Roma”, 1954). Il pensiero maligno che si insinuava qua era: un manuale di storia di dopodomani, se ci sarà un dopodomani, in apertura del capitolo sull’innalzamento dei mari o di quello sulla guerra nucleare per Taiwan metterà la fotografia di gruppo del G20 iniziale o quella del soldino a Fontana di Trevi – sapete, come l’immagine del Can-can a introdurre il capitolo sul 1914. 

  

Zverev ha vinto 7-5, 6-4. Tiafoe si è disperato, si è rotolato per terra, si è finto svenuto sul pubblico. Era ormai l’idolo di Vienna. Era l’ora del telegiornale. C’era Novara e il corteo con le pettorine dei deportati allo sterminio. C’è qualcosa che si pensa, che si desidera con tutto se stessi prima ancora di pensare, e che non si può dire. Ma dopo, fra quegli impulsi e i pensieri più governati, c’era il dispiacere per Novara, la fatal Novara, che non meritava questo. Nessun posto meriterebbe questo. E c’è, fortissimo, il rimpianto per il tempo che è passato. Non è successo che dai lati del grottesco corteo sbucasse un vecchio uomo o una donna vecchia con la vera divisa del campo, appoggiandosi a un bastone. Quello che è mancato: una vecchia, un vecchio, e il bastone.

Di più su questi argomenti: