Caravaggio, "Giuditta e Oloferne", 1597 (Wikimedia Commons) 

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Le minacce a Sala: decapitare è un verbo che accresce la credibilità

Adriano Sofri

Nell'antica Roma era un privilegio, rispetto alle infamanti crocifissioni o impiccagioni. Delle teste decollate si possono fare gli usi più raccapriccianti e pittoreschi. Un orrore che continua con l'Isis e, in versione legale, in Arabia saudita - una media di 150 decapitazioni all'anno

Dei farabutti di gregge hanno proferito minacce di morte all’indirizzo del sindaco Sala, dettagliandone anche le forme, per esempio: “Decapitiamolo”. Decapitare è diventato un verbo che accresce la credibilità. La decapitazione ha una storia lunga e suggestiva. In certe tradizioni, come a Roma, era un privilegio, rispetto alle infamanti crocifissioni o impiccagioni. Delle teste decollate si possono fare gli usi più raccapriccianti e pittoreschi, come nel caso della Salomè sudata che riceve il vassoio con la testa del Battista, superato solo dalla Giuditta che mozza il capo di Oloferne, specialmente nel Caravaggio Barberini in cui lei sta attenta a non schizzare di rosso la camicetta candida. Sono trofei, fin dal più illustre, la testa di Medusa. La rivoluzione francese mise insieme l’ingrosso con la premura medicale del dottor Guillotin (il primo ideatore, Antoine Louis, avrebbe voluto chiamare il congegno più affettuosamente Louisette), e continuò fino ai giorni nostri: ultima esecuzione francese: 1977. Pochi giorni fa ha fatto orrore la notizia sulla decapitazione di Mahjubin Hakimi, la giovane afghana giocatrice di volley, di etnia hazara. (Poi smentita da qualche fonte, non la morte ma la decapitazione). 

Oggi la continuazione legale è soprattutto arabo saudita – una media di 150 decapitazioni all’anno – quella privata è soprattutto islamista, ed è culminata con l’Isis, che ha reso di nuovo familiare gli spettacoli delle teste mozzate, più precisamente recise lentamente con un coltello, e ostentate. Un tempo quella familiarità dovette essere stretta. In una discussione teologica sul rapporto fra causa ed effetto, con avversari quali al-Farabi e Ibn Sina, il grande Abu Hamid Muhammad al-Ghazali (1058-1111) sosteneva che Dio nel suo operato non sia soggetto ad alcun ordine terreno, e possa ordinare una sequenza di avvenimenti in modo causale, ma possa anche agire in modo del tutto diverso, com’è mostrato nei miracoli. Per esempio, può far sì che una persona viva anche dopo esser stata decapitata.  

Oltretutto, lo studio delle decapitazioni fu un banco di prova delle speculazioni sul luogo del corpo in cui risiede l’anima. Si dibatté anche molto sull’eventualità che il cervello restasse ancora attivo dopo che la testa è stata separata dal tronco – succede infatti, per un certo numero di secondi almeno – e che quell’attività producesse una qualche coscienza. Il reciproco, cioè la sopravvivenza del corpo privato della testa, avvenne per 18 mesi nel 1946-47 al pollo Mike, nativo del Colorado. Il suo titolare, Lloyd Olsen, aveva fallito malamente il colpo d’accetta. Ne ricavò, in esibizioni attraverso gli Stati Uniti, l’equivalente di 50 mila dollari dei nostri giorni.