Foto LaPresse  

piccola posta

Giocare con il relativismo culturale non ci salva dal fare i conti con i talebani

Adriano Sofri

Già lo si diceva a settembre 2001: una natura tradizionalista ma non tradizionale, così come islamista e non islamica né “medievale”, ma perversamente moderna. La foto ricordo di Bin Laden a Stoccolma e la violenza imposta alle donne

Anche la considerazione della relatività culturale è relativa: non è un gioco di parole. Se non riconosco la misura, il limite, arrivo (ingenuamente, o ottusamente) a proporre che infibulazioni, clitoridectomie eccetera, pratiche preislamiche assai diffuse e anzi anch’esse riattizzate, vengano eseguite presso le nostre Asl, con vantaggio dell’accuratezza, dell’igiene e dell’anestesia. Chiamai “modello di sir Phileas Fogg” il criterio – duttile – da seguire. È nel Giro del mondo in ottanta giorni. 

C’è il rogo tradizionale del defunto maragià, il suttee, delizia degli studi etnologici, e la giovane vedova stordita per esservi bruciata viva. Ebbene: al diavolo il relativismo culturale; astuzie, corruzione e botte da orbi, tutto è benvenuto per rapire la bella Auda alla orrenda catasta, portarla in salvo a Londra (e, caso mai, sposarla). Un senso appena decente del confine del relativismo culturale avrebbe imposto al mondo di fare i conti con l’esperimento Taliban, ben prima dell’assalto alle Torri. Perché l’altra conferma della natura tradizionalista ma non tradizionale (così come islamista e non islamica), né “medievale”, ma perversamente moderna, di barbarie come lo stato non-stato afgano, sta nel grande mondo assaggiato da quegli scolari coranici e dai loro magnati arabi, foto ricordo di Bin Laden a Stoccolma, ma soprattutto nella violenza estrema imposta alle donne afgane.

Che non sono schiave assuefatte tradizionalmente alla clausura domiciliare, ma persone già istruite, libere, vive, frequentatrici di scuole e di luoghi di lavoro, con un viso e delle unghie curate, capaci di ridere e di cantare, catturate in un agguato improvviso e recluse nel burqa e nelle mura. La tradizione dei mullah di Kabul è solo questo: la cattura di donne che erano scappate dal recinto del bestiame, già da tanto tempo. 

(Settembre 2001).

Di più su questi argomenti: