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La galera a telecamere spente

Adriano Sofri

Ci sono due modi per guardare i filmati di Santa Maria Capua Vetere. Uno è pensare a che cosa orribile sia successa. L'altro è pensare a tutti quei casi dei quali il filmato non esiste. La sorveglianza video è un'invenzione recente

“D’altronde, basta leggere sia le cronache di un anno fa, sia quelle di questi giorni (Bologna, Melfi), per comprendere che una sola cosa ha fatto la differenza con Santa Maria Capua Vetere: le telecamere di servizio dimenticate accese nel carcere campano durante la mattanza”. Così l’avvocato Gian Domenico Caiazza. Infatti, ci sono due modi di guardare il filmato di Santa Maria C.V. Uno lo guarda e pensa, orripilato: Che cosa orribile, impensabile, è successa a Santa Maria C.V. Un altro lo guarda e immagina: Che cose orribili devono essere successe in tutte le altre galere, dove le telecamere erano spente. (Questo secondo tipo di spettatore poi continua a immaginare, che cose orribili devono essere successe nei secoli che hanno preceduto l’invenzione delle telecamere, 1942, e la diffusione del loro uso a scopi di videosorveglianza, secolo XXI). 

I detenuti e gli agenti penitenziari lo sapevano, prima di Santa Maria. Anche i neri d’America e i loro poliziotti lo sapevano, prima di Darnella Frazier.