Ambrogio Crespi (foto Ansa) 

piccola posta

Ambrogio Crespi fuori dal carcere. Per buone ragioni

Adriano Sofri

Il regista e militante radicale è stato rimesso in libertà, in attesa della decisione sulla domanda di grazia. L'ottimo motivo del tribunale: nella "valutazione del soggetto" si è tenuto conto della sua attività di diffusione di messaggi di legalità e lotta alla criminalità

Non sono solo contento, come qualunque persona appena normale, che Ambrogio Crespi, regista di “Spes contra spem” e militante radicale, sia uscito di galera. Sono confortato dalle ragioni di fondo che hanno persuaso il Tribunale di sorveglianza milanese a liberarlo, differendone la pena residua “fino a settembre”, in attesa della decisione sulla domanda di grazia. Il tribunale ha raccolto scrupolosamente tutti gli elementi a sostegno della decisione: il lungo tempo, otto anni, trascorso dai fatti che gli costarono la condanna, e riempito da un’attività fervida immune da qualunque trasgressione e anzi dedita all’impegno nonviolento contro le mafie, il giudizio favorevole della Procura e il parere dei responsabili della direzione antimafia nazionale e lombarda. Ha scritto, il tribunale, che Crespi “ha indirizzato le proprie capacità professionali verso produzioni pubblicamente riconosciute come di alto valore culturale, di denuncia sociale e impegno civile, ed efficaci strumenti di diffusione di messaggi di legalità e di lotta alla criminalità… Tale impegno, che lo ha portato ad essere identificato come esempio positivo dal pubblico e da chi gli ha conferito vari riconoscimenti, appare un elemento che può delinearsi come ‘eccezionale’ nella valutazione del soggetto e delle ripercussioni di una pena detentiva applicata, a distanza di molti anni, proprio per un reato riconducibile alla criminalità mafiosa”. Tutto ben detto: ora sta a Crespi, a Sergio D’Elia e alle persone di buona e sensata volontà far tesoro dell’eccezionalità per suscitare la ragionevolezza. Per far sperare chi vive in disgrazia.

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